di Angiola Brumana.
Cosa vi dice il nome di Tiberio Bentivoglio?
Fino a quindici giorni fa, a me poco o nulla. Ne avevo forse sentito parlare alla radio o letto qualcosa da qualche parte, ma tutto si era come dissolto. Ora ha un volto, una voce, una storia che credo non mi sarà facile dimenticare. E sto continuando a raccontare i pezzi che più mi hanno colpito agli amici ...
Non voglio fare passo passo la sua storia, penso che possiate trovarla facilemente su internet e, sicuramente, qualcuno più attento di me la conosce già.
Ma, l'altro giorno, un amico calabrese mi ha comunicato che Tiberio Bentivoglio ha deciso di incatenarsi, assieme alla moglie, a Roma, forse davanti a Montecitorio. Chiedendomi, se possibile, di darne notizia a giornali e giornalisti.
Non sono una giornalista e nemmeno una cronista, ma vorrei provare a trasmettervi un poco dell'intensità dell'incontro con questa nobile persona.
Quindici giorni fa, in Calabria, durante l'assemblea annuale di un'associazione di cui faccio parte, ho potuto ascoltare il suo racconto.
Tiberio Bentivoglio è un imprenditore di Reggio Calabria che tempo fa ha deciso, insieme alla moglie, di aprire una ditta per la vendita di prodotti sanitari per l'infanzia e gli anziani. Il pensiero che aveva e che tanti ritenevano perdente era che, se qualcuno viene a comprare cose per i figli poi si ricorderà che da noi si trovano anche cose per gli anziani. E questa è stata davvero una carta vincente.
La sua impresa, iniziata in 50 mq, pian piano si è ingrandita fino ad aver bisogno di personale e di un ambiente più grande, molto più grande.
Così, assieme alla moglie, decide di fare il passo: trovare un locale più ampio, in posizione più centrale. Ma ecco che entra, in modo apparentemente silenzioso e poco esoso, la richiesta del pizzo.
“Domani dopo l'inaugurazione verrà qualcuno per metterci d'accordo”, un accordo che sarebbe stato “minimo” forse 20 € al mese, tutti i mesi, senza fine. Per avere il negozio pieno di gente, senza incidenti, con tanto lavoro.
E Tiberio Bentivoglio ne parla con la moglie: che fare? E questa donna, che non ho visto, ma che ammiro tantissimo, dice: “No, non possiamo permettere che rovinino tutto il lavoro della nostra vita. Non paghiamo”.
E qui comincia la loro lotta, che dura tuttora.
Non si sono mai arresi, hanno ricominciato ogni volta, dopo le bombe che hanno distrutto le vetrine del negozio e hanno svegliato l'intero quartiere e nessuno si è affacciato alle finestre, nessuno è sceso in strada.
Hanno fatto questa scelta nonostante avessero due figli piccoli, anzi proprio per questo. “Non avrei potuto più guardarli in faccia se avessi accettato di pagare” ha raccontato Tiberio Bentivoglio quella sera.
Hanno denunciato e chiesto protezione, hanno cercato di convincere altri a non cedere, Tiberio si costituisce parte civile nei processi che lo riguardano, va nelle scuole, incontra i giovani per e con LIBERA, ha scritto un libro (“Colpito”, insieme a D. Pellicanò) che racconta le sue vicende.
Il punto culminante è quando, scaricando il furgone (“la mattina andavo con giacca e cravatta a far conoscere i miei prodotti e raccogliere le ordinazioni, il pomeriggio in tuta da lavoro facevo le consegne”), gli hanno sparato alle spalle 6 colpi: tuffatosi nel furgone ha passato 35 minuti aspettando che arrivassero a finirlo.
Non è successo.
E' riuscito ad avvisare la polizia; operato in ospedale ad una gamba, gli è stato poi comunicato che il marsupio che aveva sulle spalle gli ha salvato la vita: il proiettile si era fermato nel suo portafoglio. C'erano gli estremi per una denuncia di tentato omicidio.
Bentivoglio e la moglie hanno ricominciato ogni volta chiedendo prestiti e aiuti, con debiti e con fatica, alla fine costretti a lasciare a casa i dipendenti che negli anni avevano assunto perché non ce la facevano e non ce la fanno più.
Ma Bentivoglio, dichiarando il fallimento della ditta, per correttezza si è autodenunciato all'Agenzia delle Entrate, perché non era riuscito a pagare i contributi ai suoi dipendenti.
Ed ora i soldi che lo Stato gli chiede (il doppio dei danni subiti dalla 'ndrangheta) si sommano a quelli che gli chiedono le banche e i creditori.
Per questo motivo, per il fatto che la giustizia ha degli strani percorsi davvero, ha deciso di incatenarsi a Roma. Ma nelle ultime ore le Istituzioni paiono avere assunto qualche nuova decisione - finalmente - e forse Tiberio potrà evitarsi questa ennesima "forte" dimostrazione civica ...
Ho parlato troppo di fatti e anche in modo impreciso (ho citato molto a memoria e mi scuso degli eventuali errori).
Quello che è difficile da trasmettere, se non lo si ascolta, è la forza comunicativa di Bentivoglio.
E' una persona composta, dal linguaggio preciso, estremamente corretto, mai gridato, capace di commuoversi, senza enfasi.
“Gli eroi son tutti giovani e belli ...” diceva il cantautore; Tiberio Bentivoglio è una persona apparentemente come tante altre ed è vero, non rientra nella definizione epica dell'eroe.
Ma è un testimone, come avrebbero detto i greci: “un martire”. Che vive la sua vita coraggiosa giorno per giorno, che ad ascoltarlo ti fa chiedere: ma io sarei riuscita a tener duro come lui? Io avrei questo coraggio?
Se mai vi capitasse, andate a sentirlo, leggete il suo libro.
Vi verranno tanti interrogativi, rimarrete a lungo in silenzio per assimilare le sue parole, ma non ve ne dimenticherete facilmente.