di Mao Valpiana, Presidente del Movimento Nonviolento.
Abbiamo offerto al Governo e al Parlamento una possibilità, forse l'ultima, per mettersi finalmente in sintonia con il “sentire comune” della stragrande maggioranza del popolo italiano: se la sono lasciata sfuggire. Ora il solco tra il “palazzo” e la “gente” è ancora più profondo. La maggioranza dei cittadini vorrebbe più risorse per le spese sociali (sanità, pensioni, scuola, servizi sociali, ecc.) ed invece la maggioranza dei parlamentari ha votato per l'aumento delle spese militari (compresi i famigerati cacciabombardieri F35) ...
Il Movimento Nonviolento ha partecipato (Roma, 11 dicembre 2012), con molte altre associazioni della società civile, alla manifestazione contro l'approvazione della legge-delega che affida al Governo la revisione e la riforma dello strumento militare. Il “buon senso” avrebbe suggerito di rinviare la decisione alla prossima legislatura, affidandola al nuovo parlamento. Invece la logica politica del governo tecnico (e dei partiti che l'hanno sostenuto) ha preferito garantirsi subito il risultato, fortemente voluto dal ministro “tecnico” (cioè militare) della Difesa.
I gruppi parlamentari che hanno votato astensione o a favore della legge-delega militare, si sono assunti una grande responsabilità. Alcuni di loro avevano partecipato alla Marcia per la pace Perugia-Assisi, assumendo l'impegno conclusivo per il disarmo, come hanno fatto tutti i partecipanti. Sono dunque dei traditori, nel senso che hanno tradito se stessi. Falsi e bugiardi.
Questo non sminuisce minimamente il valore dell'impegno assunto, o la validità della Marcia, ma fa chiarezza tra chi la nonviolenza la prende sul serio e chi la strumentalizza per secondi fini (ma alla fine la verità emerge sempre).
Non ci possono essere giustificazioni di alcun tipo per chi nei dibattiti fa certe affermazioni (sostegno alle politiche di pace) e poi in Aula vota in modo del tutto opposto (a favore delle spese militari). Non c'è politica realista che tenga, non ci possono essere ragioni di stato, non si può invocare la disciplina di partito, non valgono le strategie politiche per evitare il peggio... arriva un punto in cui, come dice il Vangelo, le parole devono essere “sì, sì” oppure “no, no”.
Questo era il momento, ed in troppi l'hanno perso.
Ora ci sarà la nuova campagna elettorale, ed i partiti dovranno rendere conto della scelta fatta.
Molti elettori saranno tentati dalla diserzione (non-voto), oppure dallo sberleffo (voto di protesta).
Noi pensiamo che la politica, pur nella desolazione attuale, debba comunque avere il primato. Non crediamo alle scorciatoie o al tanto peggio tanto meglio. E non vogliamo nemmeno rassegnarci al male minore. Sappiamo che lamentazioni, critiche, accuse non portano da nessuna parte. Vogliamo una buona politica. Se non la vediamo all'orizzonte, la nonviolenza ci indica la strada maestra: assumere su di sé la responsabilità, sentirsi chiamati in causa e non sottrarsi, mettersi in gioco.
Nel documento delle realtà promotrici della campagna “Taglia le ali alle armi” (Rete Italiana Disarmo, Sbilanciamoci!, Tavola della pace) c'è scritto che ora vigileranno “il percorso dei decreti delegati nell’ambito della prossima legislatura per attutire i problemi previsti da questo provvedimento”.
Ma a chi sarà affidato questo percorso? Ai traditori falsi e bugiardi? Agli improvvisatori della politica spettacolo o della democrazia virtuale?
Forse è giunto il momento dell'impegno politico diretto da parte degli amici della nonviolenza?
Sono domande complesse, che richiedono risposte ben meditate, risultato di un confronto collettivo.
Abbiamo riflettuto molto su “nonviolenza e politica” e sulla “politica della nonviolenza”.
Ora abbiamo l'occasione di una verifica con la realtà di questi nostri difficili giorni.