di Mario Malandrone.
La nascita della Repubblica, dopo il ventennio fascista e la resistenza antifascista, ha nella Costituzione Repubblicana quei principi ispiratori che ne dovevavano indicare la rotta del nostro paese verso un'Italia solidale e di pace. A distanza di piu' di 60 anni, non solo quei valori contenuti nella prima parte della Costituzione spesso sono stati accantonati, ma la stessa commemorazione ha assunto i connotati della parata militare ...
La nave Italia, non solo venne costruita dalle mani, dalle fatiche e dal sacrificio degli eroici partigiani ma anche dai padri costituenti, che assunsero un insieme di principi di solidarietà - tra cui la contrarietà alla guerra - che derivavavano proprio dall'esperienza dell'aver sofferto per vent'anni una dittatura e una guerra.
Eppure spesso molti di quei principi sono stati disattesi; una zavorra spesso scaricata qua e là in alto mare, per permettere ai mercati e agli affari di guidare la nave. Oggi, con la crisi in atto, si potrebbe dire "fuori rotta" !
Troppo spesso si è sacrificato uno degli articoli principali: l'Articolo 11 e il suo contenuto di ripudio alla guerra.
Lo si è violato nei fatti, per molti anni, per poter scaricare in innumerevoli porti armi, munizioni, mine antiuomo che avrebbero poi colpito soprattutto donne e bambini.
Si è sacrificato sull'altare del profitto anche il suo valore principale, la non partecipazione a conflitti, cambiando il nome alla guerra e attraccando con la nostra nave Italia in molti paesi, scaricando soldati e armi e smantellando il significato della parola pace.
La festa di commemorazione del 2 di giugno ha trasformato il ricordo di quella nave chiamata Italia, costruita dalla fatica di partigiani e cittadini che ripudiavano la guerra e sognavano la pace e i diritti, nella festa e nella celebrazione della forza, nel varo (più che di una nave di pace e cooperazione) di una portaerei, di caccia bombardieri con cui fare guerre "chirurgiche".
Il 2 giugno non è il 4 novembre, perchè utilizzare una festa che dovrebbe ricordare una Repubblica basata sul ripudio della guerra in una parata militare? Non sarebbe piu' importante ricordare il valore autentico di chi serve l'Italia, lavorando per i diritti e per la pace?
Oggi quella parata stride di piu' e da più parti si richiama il valore della solidarietà e della sobrietà (dopo il terremoto dell'Emilia), valori veri e importanti, e si chiede che non siano spesi i soldi per la parata militare. A farlo sono molte forze politiche.
Ormai da anni i movimenti della società civile chiedono a gran voce che il 2 giugno sia una vera festa della Repubblica, un modo per rifondare la riflessione sui valori di pace e solidarietà a cui la Costituzione si ispira e ricostruire la politica da quelle speranze e memorie di 60 anni fa, ancora vive nell'impegno di molti cittadini.
Tutti sappiamo che questa conversione culturale di quella festa da Parata Militare a festa della vita, non puo' essere solo la festa di un giorno ma deve diventare seme per una politica di sobrietà e di scelte autentiche nel fare una finanziaria, nel decidere o no se partecipare a un conflitto.
Ogni anno economisti e associazioni costruiscono una Finanziaria alternativa, "SBILANCIAMOCI", che agli strumenti di morte come gli F35, agli armamenti, preferisce investimenti sul territorio, politiche sociali, piu' trasferimenti agli enti locali.
Occorre quindi tornare a 60 anni fa riattualizzando quei valori anche all'interno di questa crisi globale che colpisce anche il nostro paese. Occorre riascoltare i cittadini, quel 99,9% della popolazione mondiale che la crisi non solo non l'ha generata ma la subisce e su questo sguardo alla modernità ristabilire dove quella nave vuole veleggiare: se nei mercati speculativi e tra gli armamenti o tra valori come quelli espressi dalla prima parte della Costituzione.
Gli Enti Locali hanno un grande ruolo e la cittadinanza deve essere il perno di una nuova politica, come scriveva Padre Ernesto Balducci: "Le città devono insorgere. Esse devono sorpassare la corazza delle sovranità statali, che ancora sono segnate dall'arcaico antagonismo tra Stato e Stato, per restaurare la solidarietà dell'ethos cosmopolitico a dimensione planetaria. Le città sono chiamate a questa grande, pacifica, rivoluzione. Per questo io plaudo all'idea di dichiarare le nostre città: Città della pace".
Ad Asti e alla sua nuova Amministrazione auguro di ripercorrere questa suggestione insieme ai propri cittadini: non solo riappendere la bandiera della pace, non solo aderire alle Città di Pace, ma fare politiche virtuose sociali, di rispetto dell'ambiente e fondate sul valore della pace e della cooperazione.
Esempi di porti in cui attraccare per visitare comunità locali e scambiarsi ricette di pace e contaminarsi ce ne sono.
Che vinca la vita !