di Marisa Pessione.
Osservare il mondo con gli occhi di un bambino e poi raccontarlo con la spontaneità e l'innocenza che è insita in quello sguardo. Forse è proprio con quello sguardo che dovremmo iniziare ad osservare ciò che ci sta accadendo attorno, fermarci e domandarci: “è questa la porzione di mondo che vogliamo ?”
Ma se la vista è un po' offuscata, facciamoci prendere per mano, anche per un solo istante, da un bambino e percorriamo con lui un piccolo sentiero in un bosco d'autunno, cosparso di foglie dai colori caldi ...
Con i piedi camminiamo sopra e dentro questo tappeto naturale e con maggior forza e intensità muoviamoci nervosamente, facendone uscire un dolce fruscio.
E poi imbattiamoci casualmente in una conca erosa dall'acqua, dove senza ordine si sono adagiate e si tengono compagnia migliaia di foglie a formare un letto accogliente.
Il bambino non esiterà: ci si getterà dentro e le farà volare a manciate. E questo morbido giaciglio lo accoglierà in un caldo abbraccio.
Ma anche l'adulto non starà a guardare e non saranno un ostacolo i segni del tempo sulla sua ormai debole struttura.
Pian piano si adagerà nella calda conca come se avesse risvegliato da un sonno profondo il bambino che è in lui e si lascerà trasportare in un instancabile gioco dove il bambino sarà colui che detterà le regole.
Per me un dolce ricordo con cui mi cullo quando calpesto un prato, quando mi infilo nel buio naturale di un bosco, quando tocco la nuda terra; ma per tutti un monito, un grido di speranza affinché anche un solo piccolo pezzo di suolo non venga spazzato via o martoriato dal freddo cemento, cancellandone sentimenti e dolci sensazioni ...