di Mario Malandrone.
Sabato mattina all'alba, famiglie sottosfratto e volontari delle associazioni per il diritto alla casa sono entrati ad Asti in un palazzo di proprietà del Demanio, costruito dunque con soldi della collettività, per farlo tornare al suo uso, cioè quello di luogo abitabile.
Uno stabile con 6 appartamenti, lasciato ormai vuoto, "pagato" coi soldi dello Stato (di tutti i cittadini, quindi ...). Vuoto e in previsione di essere alienato (venduto) grazie alle ormai famose "cartolarizzazioni" ...
All'alba hanno issato striscioni inneggianti al diritto alla casa, una bandiera del Che, una bandiera con la scritta "Siamo tutti clandestini" a significare che migranti e italiani si trovano nelle stesse condizioni di assenza di diritti e, infine, una bandiera della pace.
Sembra un gesto "clandestino" e "illegale", ma immorale crediamo sia invece la scelta di abbandono e vendita di alloggi che rivestono una chiara utilità per i cittadini.
Ad Asti come in altre città d'Italia e del mondo, l'emergenza abitativa e la precarietà del reddito sono problemi che affliggono sempre piu' persone.
Le Istituzioni paiono non avere risposte e non tentano di percorrere vie di buon senso per offrire un patrimonio di case popolari da destinare a chi ne ha bisogno, anzi spesso alienano - come hanno già fatto in passato - beni immobili che potrebbero servire a questo scopo.
Ad Asti fino al 2012 non vi saranno alloggi popolari disponibili e anche le scelte delle aree su cui ora si vogliono costruire hanno ricevuto critiche dal mondo ambientalista.
Il paradosso, che spesso movimenti come Stop al Consumo di Territorio e le associazioni ambientaliste hanno denunciato, è da un lato la presenza in città di circa 1700 alloggi sfitti, dall'altro un piano regolatore dimensionato su 125.000 abitanti, ben 50.000 in piu' di quelli attuali.
Altro paradosso spesso oggetto di denuncia da parte della società civile, è il patrimonio edilizio di proprietà di Enti (ASL, Demanio, Ferrovie, INPDAP ...) lasciato vuoto e che spesso diventa occasione di vendita, per poi essere oggetto di offerta per ricchi o ad appannaggio di nuovi alloggi privati, che andranno ad ingrossare il numero degli alloggi sfitti.
Insomma ad Asti occorre costruire ? Molti si pongono questa domanda perchè questa espansione penalizza la vivibilità, il paesaggio e sottrae terreno all'agricoltura e al verde; la loro risposta è la richiesta di uno Stop al consumo di suolo, chiedono che si cerchi di riutilizzare cio' che già c'è.
Come dare però una risposta alle emergenze abitative, a chi (ormai un gran numero di cittadini) ha problemi di reddito (precario, cassa integrazione, disoccupazione) ?
Ieri le famiglie di Via Allende, all'alba, hanno aperto un'occasione di confronto tra associazioni, un'occasione di battaglia sociale e ambientale aprendo (paradosso: le porte della casa erano già aperte ...) simbolicamente la porta di ingresso del n 13.
Ci hanno già insomma offerto una risposta e gettato un seme, sta ora a noi cittadini, ambientalisti, sindacati, associazioni lasciare che questo seme non muoia, sta a noi dire che siamo solidali con loro, sostenerli.
Sosterremmo in questo modo, lo stop alla cementificazione, la difesa dei diritti di bambini e di adulti.
Gli occupanti di Via Allende appena arrivati hanno da subito aperto le porte al quartiere, spiegando il perchè di quella scelta, del loro desiderio di incontrare gli abitanti e hanno da subito organizzato pulizie dello stabile e una cena per i "vicini".
Verso le 17 un corteo di 200 persone entrava dai cancelli spalancati e restituiti alla città: una scena che ricorda la riappropriazione delle terre incolte in Brasile o del secolo scorso in Italia, una scena simbolica e concreta che dovrebbe richiamarci tutti a usare un po' di buon senso nel non sprecare ciò che di collettivo abbiamo costruito.
Via Allende 13 è anche un laboratorio di dialogo innanzitutto tra le famiglie, ha molto da insegnare alla politica, alle associazioni a come nelle diversità si possa convivere per un bene comune ...