La maggior parte dei politici e giornalisti che hanno commentato la recente aggressione subita dal premier Berlusconi sembrano essere diventati d’un tratto esperti psichiatri: l’attentatore è una persona malata di mente, un folle, uno psicolabile. Il ragionamento che sta alla base di tali affermazioni è degno dei migliori manuali di psichiatria: la prova della pazzia consiste nel fatto che il soggetto è stato per diversi anni in cura psichiatrica (e dal 2003 è seguito da una psicologa) ...
Una persona è folle perché è (o è stata) in trattamento psichiatrico, e una persona è (o è stato) in trattamento psichiatrico perché è folle. Nella sua perfetta circolarità, il ragionamento non fa una piega. Come se l’importante fosse scacciare ogni dubbio.
Secondo i commentatori non ci sarebbe infatti nessun’altra possibile spiegazione allo sconsiderato gesto del Tartaglia. Da una parte, questi risulta essere un perfetto sconosciuto (al momento dell’arresto avrebbe detto “Io non sono nessuno”), estraneo alla DIGOS come a qualsiasi frangia estremista. Pertanto, tolto di mezzo l’ipotesi terroristica ed estremistica, rimane quella dell’insania mentale.
Da sempre la psichiatria confeziona le proprie diagnosi non sulla base di malattie organiche oggettivamente dimostrabili, ma sulla base di pensieri e di comportamenti giudicati strani, problematici, incomprensibili e pericolosi per il soggetto e/o per la comunità. Ora, l’esistenza di disagi psicologici non costituisce nessuna prova scientifica dell’esistenza della malattia mentale. Anzi, credere in quest’ultima impedisce spesso di entrare nel mondo dei pazienti per capire i veri motivi psicologici ed esistenziali dei loro disagi. Si può affermare che l’idea di malattia mentale rappresenta un ponte concettuale su di un vuoto biologico. Come sottolinea ormai da molto anni Thomas Szasz, professore emerito di psichiatria all’Università di Syracuse (N.Y.) e psicoanalista di fama mondiale, il cervello dei nevrotici e degli schizofrenici non presenta alcun segno di malattia: nessuna lesione dei tessuti, nessuna infezione. In altri termini, sotto al profilo medico-scientifico il cervello dello schizofrenico è sano. Il fatto che tali considerazioni possano apparire strane è dovuto principalmente alla cattiva informazione imperante su questa tema.
Nel caso del Tartaglia però, l’etichetta che maggiormente ricorre nei vari commenti a caldo è quella di “psicolabile”. Si tratta di un termine desueto risalente ai tempi della prima psichiatria dinamica, in particolare alle tesi di Jean Martin Charcot e di Pierre Janet sull’eziopatologia delle nevrosi. Il primo, operante nel famoso ospedale parigino della Salpêtrière, vedeva in una suggestionabilità abnorme del soggetto la causa primaria del disturbo isterico.
Il secondo, clinico e teorico allora di fama mondiale e che per primo parlò di “idee subconsce”, vedeva nell’esistenza di un difetto (congenito) della funzione di sintesi mentale la causa primaria dei disturbi psichici.
L’unica differenza di rilievo tra la situazione della psichiatria di allora e quella di oggi è rappresentata dallo sviluppo della tecnologia medica i cui riscontri permettono ora di invalidare la tesi della labilità congenita del cervello. Tutt’al più, appare lecito parlare di una debolezza caratteriale, la quale può derivare da un certo tipo di educazione combinato a certe difficoltà esistenziali. Altra cosa, quindi, rispetto all’idea di una debolezza costitutiva della psiche iscritta nei geni che farebbe dei soggetti che ve ne sono affetti dei veri e propri malati mentali oltre che degli esseri psicologicamente inferiori.
Se si è seriamente interessati a capire il disagio di qualcuno, occorre indagare il suo mondo interiore per scorgere i conflitti che la attanagliano e che stimolano certi suoi pensieri e comportamenti.
Ora, che cosa sappiamo di Massimo Tartaglia? Che cosa sanno di lui i commentatori che lo definiscono “psicolabile” o “malato mentale”? Le informazioni in nostro possesso sono piuttosto carenti e non permettono di certo di varcare la soglia del suo mondo interiore né tanto meno di compierne una analisi adeguata.
Tuttavia, alcuni elementi possono fare riflettere.
Per esempio, il Tartaglia è anche un artista che, mescolando in maniera originale i propri interessi per l’elettronica e la pittura, è riuscito a dare vita ad una nuovo stile denominato “music picture”. Le sue opere, precedentemente esposte in varie mostre, vennero definite dalla stampa “quadri ballerini”. Esse evidenziano un particolare gioco di luci se stimolati da una sorgente sonora.
Altro che psicolabile! Tali realizzazioni dimostrano piuttosto un certo ingegno nonché un certo coraggio nel proporre cose nuove e non immediatamente afferrabili.
Sappiamo inoltre che il nostro uomo presta servizio di volontariato nel WWF, nota associazione ambientalista particolarmente impegnata nella preservazione della Natura. Ora, proprio questo dato diventa particolarmente significativo se inserito nell’attuale contesto socio-politicico italiano.
Credo di potere affermare che nessun governo negli ultimi decenni si è mostrato così poco sensibile alle tematiche ambientali e naturalistiche dell’attuale governo Berlusconi. I dati ci dicono che mai come in questo periodo il consumo del territorio è stato così repentino. Di fronte alle voraci esigenze economiche, spesso del tutto speculative, il “senso dell’abitare” che sta alla base dell’ecologia è diventato l’ultima ruota del carro della politica italiana. Cementificazione, condoni edilizi, grandi opere, rinegoziazione delle aree naturali protette, allungamento del periodo di caccia, abolizione del vincolo che impediva di costruire lungo le spiagge, riproposizione del nucleare …
Se a questi problemi si aggiunge un atteggiamento non proprio rispettoso nei confronti della Costituzione, della magistratura e delle regole più fondamentali della democrazia (come il conflitto di interessi) si può facilmente capire che il clima politico che ne risulta possa, indipendentemente dall’eventuale montatura mediatica della Sinistra, destare forti tensioni a livello sociale.
Come anche Papa Ratzinger ha a suo modo affermato in occasione della recente Giornata della Pace in concomitanza con il Vertice di Copenhagen, L’uomo non saprebbe essere considerato come esteriore alla Natura della quale invece dipende anche dal punto di vista psicologico e spirituale.
L’antropologia moderna insegna che molti popoli tribali, come per esempio gli handzabe della Tanzania e gli aborigeni australiani, vivono nello stesso identico modo da oltre 40.000 anni. Per loro, la Natura con le sue forme suggestive, i suoi luoghi sacri e i suoi misteri rappresenta una sorta di specchio dell’anima che permette di riconoscere e di vivere le parti più profonde (archetipiche) del loro essere. Pertanto, una lezione da trarre dalla conoscenza di queste culture è che profanando e distruggendo i luoghi naturali si distrugge anche l’anima dell’uomo. Questi da sempre intrattiene con la Natura un rapporto di partecipazione emotiva. Tagliando il legame simbolico che unisce l’uomo alla Natura, gli si impedisce di realizzare gli aspetti spirituali più profondi che nei sogni prendono spesso forme naturali.
Per esempio, l’animale selvatico è un simbolo ricorrente di quell’abitante delle profondità che Jung chiama Sé, così come i luoghi selvaggi, la jungla, l’oceano possono simboleggiare l’inconscio collettivo stesso.
Ricordiamoci pertanto che la Natura è collegata al nostro inconscio e detiene delle forti valenze simboliche. Per i popoli tribali la Natura è Madre e chi non la rispetta (per esempio prelevando solo lo stretto necessario alla sopravvivenza della tribù) è da condannare duramente. Questi modi di percepire e di pensare appartengono tuttora al nostro inconscio e quindi non desterà stupore più di tanto se sono in grado di suscitare reazioni anche violenti nell’intimo di certe persone particolarmente sensibili ai temi ambientali, magari taciturne e con poche possibilità di svolgere le loro idee mediante adeguati confronti dialogici.
L’errore di Tartaglia è a mio parere quello di avere concentrato la sua ira sulla persona del premier, arrivando a mettere in atto un gesto forse coraggioso, ma anche disperato e controproducente, non avvedendosi che l’attuale grande nemico politico della Natura in Italia non è rappresentato tanto da una persona sola quanto da una intera corrente, il berlusconismo, per opporsi alla quale occorre mantenere ben saldi i nervi e ben chiare le idee.
D’altro canto mi rendo conto che l’interpretazione qui proposta poggia su alcune tesi (in particolare quella sulla natura animistica dell’inconscio) che, per ovvie ragioni di spazio non mi è possibile in questa sede argomentare ulteriormente. Mi permetto quindi di rinviare i lettori alla seconda parte del mio libro La religione del dio Economia (CSA Editrice, 2009) e al libro dell’antropologo britannico Piers Vitebsky Gli sciamani (EDT, 1998).