Mentre le richieste di esecuzione di sfratto per morosità hanno una impennata (203 nel 2007, 347 nel 2008, 174 primi 6 mesi 2009), del resto prevista, e la disponibilità di nuovi alloggi di edilizia popolare è ridotta praticamente a zero fino alla seconda metà del 2011, il Comune e l'Atc, invece di affrontare l'emergenza abitativa che si abbatte su decine di famiglie, litigano furiosamente sull'attribuzione di più di un milione di euro di contenzioso di cui sono corresponsabili ...
Per la precisione sono complici di una norma di legge che sanziona le morosità degli inquilini delle case popolari, con la revoca del contratto di affitto e il raddoppio del canone di locazione, anziché tutelare il diritto all'abitare di famiglie in evidente condizione di debolezza sociale e che non potrebbero, per le note ragioni, soddisfare il loro bisogno abitativo nel mercato delle locazioni. Così agli effetti socialmente regressivi del mercato delle locazioni si aggiungono gli effetti totalmente negativi di una irresponsabile gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica.
In una situazione come questa, che annuncia un ulteriore peggioramento delle condizioni sociali delle famiglie popolari, i problemi abitativi andrebbero affrontati con meno filantropia e più progettualità e con un rispetto della “proprietà” un po' meno religioso.
Considerando che sono 700 circa gli aspiranti inquilini di casa popolare della prossima graduatoria atc, in città una famiglia su 34 ha gravi problemi abitativi.
Il Coordinamento AstiEst, insieme ad altre otto associazioni, ha promosso azioni pubbliche di denuncia e ha invitato Comune e Atc alla discussione di un insieme ragionevole di richieste. E' esattamente da agosto che tutto questo avviene, senza esito alcuno. Certo le Associazioni non vogliono chiudere gli occhi sulle migliaia di alloggi privati sfitti, su decine di edifici dismessi, su graduatorie atc sempre più affollate, sugli interventi esclusivamente notarili dei funzionari degli enti, e su norme di legge totalmente contraddittorie con lo spirito di tutela e solidarietà con cui dovrebbero essere scritte.
Questo è lo scenario in cui si vivono drammi come quello della famiglia di Gianni Napoli.
Gianni è una persona giovane, che si fa stimare e benvolere da tutti quelli che lo incontrano. Sa fare molte cose, è generoso e sa difendere da solo la propria dignità e la coesione della propria famiglia. Ha il solo torto di essersi scelto, muovendo da una condizione sociale molto modesta, uno stile di vita che richiede intraprendenza e la capacità di saper allontanare, giorno per giorno, la minaccia della precarietà.
Fa traslochi, raccoglie ferro, mette a profitto una straordinaria manualità e soprattutto investe in “beni relazionali”, “fa società”, direbbero i sociologi seri. Questa sua virtù civica non solo non viene valorizzata, viene addirittura punita, dall'ignoranza dei funzionari degli enti, e da regole sociali che valorizzano solo ciò che è mercantile, solo ciò che può generare profitto e rendita.
Con quello stile di vita e con la moralità che l'accompagna, è difficile arricchirsi e soprattutto è difficile affermare un diritto, quello all'abitare, proclamato a destra e a manca con farisaica intenzione. Così Gianni e la sua famiglia, dopo essere stati sfrattati da una abitazione privata, hanno migrato per anni nelle abitazioni di parenti e amici e infine hanno deciso di “occupare” un alloggio popolare in via Malta. L'azione illegale, fatta per necessità, in una realtà urbana in cui il malessere sociale è a mille e da cui tutti vorrebbero allontanarsi, gli stessi inquilini e aspiranti inquilini, è durata circa tre mesi.
In tutto questo periodo, che è servito a Gianni per ricomporre in serenità la famiglia, l'unica attenzione che è venuta dai funzionari del Comune e Atc è stata una denuncia.
Situazioni come queste, in passato, sono state risolte con il rispetto delle persone e delle regole. In questo caso l'atc si è affrettata a far rispettare il diritto di proprietà e il Comune ha assecondato l'Agenzia con con un atteggiamento esclusivamente sanzionatorio. La regola ormai sembra essere “bastonare il can che affoga”. Il risultato è un danno sociale maggiore del precedente.
Adesso la famiglia di Gianni è ospite di una parente, in un alloggio atc della stessa via Malta. Sette persone di cui quattro minori, che affollano una alloggio di due camere e servizi. L'alloggio è al quarto piano e presenta ovunque tracce di umidità non risolvibile con i normali interventi di manutenzione. Come altri alloggi, all'ultimo piano di vecchi edifici, presenta condizioni igienico sanitarie fuori norma. Gli asmatici o le persone che soffrono di malattie dell'apparato respiratorio se ne devono tener lontani.
Nemmeno a farlo apposta, sullo stesso pianerottolo, con i battenti aperti trattenuti da una catena da pollaio, c'è un alloggio di due camere e servizi di proprietà di una banca, invenduto e vuoto da un anno. Come volevasi dimostrare, aver consegnato il bisogno abitativo al mercato, non è stata solo una scelta illusoria, è stata una scelta criminale.
Ma questa è solo una doverosa invettiva a cui però facciamo seguire una ragionevole richiesta. Perchè la Cassa di Risparmio di Asti, che ha la proprietà di quell'alloggio, non lo cede in uso al Comune, in cambio di un canone popolare, fino al momento in cui non sarà venduto ? E perchè quel canone popolare non potrebbe pagarlo Gianni che in quell'alloggio risolverebbe il problema abitativo della sua famiglia ?