Se avete avuto la fortuna di essere tra il pubblico presente al teatro Lumière di Asti la sera di giovedì 30 aprile, avrete visto, realizzato in uno spettacolo completo, maturo, che fa uso del linguaggio parlato e corporeo, ma anche di quelli multimediali, il percorso comune di un gruppo di persone giovani che hanno voluto riflettere con serietà su se stesse e sulla realtà contemporanea ...
Un percorso di consapevolezza, di arte e di spiritualità che si è concretizzato in un musical dal titolo “Sono forse io?...Il custode di mio fratello?”, titolo che prende spunto dalla famosa e inquietante frase biblica di Caino (“Ma Caino ebbe da dire con suo fratello Abele. E com'essi furono nei campi, Caino insorse contro suo fratello e lo uccise. Disse Jahweh a Caino : "Dov'è Abele, tuo fratello?". E quegli gli rispose: "Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?" Gn 4,8).
Il gruppo di persone che ha voluto intraprendere questo non facile percorso, il quale trova la sua ispirazione in un libro di Francesco Gesualdi, “Sobrietà”, proviene da Caraglio, in provincia di Cuneo e si chiama Outlaws 2001.
Come si legge sul sito: “Outlaws 2001 è una compagnia teatrale nata nel settembre 2000 da un gruppo di ragazzi che hanno voluto unire la loro passione e le loro esperienze nella musica, la danza ed il teatro, con un impegno a diffondere valori in cui credono e impegnarsi in prima persona in essi.
Infatti ognuno di essi è anche impegnato come volontario in varie associazioni nell'ambito parrocchiale o territoriale, che vanno dalla gestione di una bottega dell'equo solidale ad attività d'animatore all'interno dell'oratorio, dalla donazione del sangue alla protezione civile.
Il gruppo è in continua evoluzione, sempre aperto a chiunque volesse unirsi e fosse disposto a prendere parte a prove e spettacolo. I ruoli ricoperti vanno dalla regia al tecnico luci, passando da ballerino, cantante e via dicendo.
L'attività degli Outlaws si svolge nell'ambito dell'oratorio Contardo Ferrini di Caraglio, ma molti suoi componenti sono di differenti comuni”.
Questo gruppo, attraverso la realizzazione dello spettacolo scritto da Antonio Giovannini, ha toccato, senza ipocrisia e senza forzature ideologiche o ingenuità, una serie di argomenti fondamentali e scottanti quali l’emergenza ambientale, il consumismo acritico, l’adesione superficiale e colpevole di tutti noi a messaggi pubblicitari falsi e depistanti e le conseguenze dei loro tragici corollari: l’ingiustizia e la miseria perenne a cui sono condannati tre quarti del pianeta, la morte per fame, lo sfruttamento criminale e senza pietà del lavoro infantile.
Senza ipocrisia, ma mai senza poesia i risultati di questo lavoro, perché la compassione e l’empatia attraverso cui ci si apre al “prossimo che è noi stessi”, non possono essere avulsi da questa dimensione: l’empatia porta ad una visione creativa del mondo e viceversa.
Difatti, le musiche e i testi delle canzoni colpiscono per la loro bellezza e per la capacità comunicativa, così come le coreografie e l’uso sapiente dei mezzi multimediali: in definitiva, è difficile non essere bravi, o almeno non mettercela tutta, quando si è fortemente convinti del discorso che si porta avanti, quando si è profondamente convinti che, la salvezza comune e la tanto citata e mai realizzata “svolta antropologica”, non possano cominciare a concretizzarsi se non attraverso uno smascheramento di false quinte culturali e una presa di coscienza e di responsabilità individuale. E che per tutto questo, per salvare le risorse naturali della Terra, per far emergere il meglio di ogni persona e per dare giustizia e sollevare dalla sofferenza quanti sono torturati dallo sfruttamento, dall’egoismo senza confini del potere e dalle disattente abitudini quotidiane di tutti noi, non ci sia più tempo da aspettare.
Questo spettacolo, così professionale e sentito al tempo stesso, capace di colpire l’intelligenza e la sensibilità, avrebbe sicuramente meritato una platea più vasta, senza nulla togliere alla sede in cui si è svolto, e sicuramente avrebbe meritato l’attenzione e il sostegno di tutta una serie di associazioni e movimenti ambientalisti che ad Asti e territorio circostante si battono quotidianamente per le questioni trattate nel musical.
Ancora una volta, invece, si nota amaramente come nella nostra città, tranne rare eccezioni, le iniziative organizzate sotto una certa etichetta di pensiero, religiosa o politica o ritenute tali, vedano partecipare soltanto coloro che in quell’etichetta si riconoscono e che, magari, snobbano poi a loro volta le iniziative altrui.
Dispiace enormemente constatare come, in un momento storico di eccezionale emergenza, ma anche di straordinarie e nuove opportunità, si fatichi a spogliarsi dei nostri preconcetti, dei vestiti e delle divise che tanto ci rassicurano, per comprendere che siamo dalla stessa parte, che diciamo e desideriamo le stesse cose. Questa è la prima grande sfida, la prima grande presa di coscienza da cui partire: finirla di essere diffidenti e di ascoltare solo e sempre chi già conosciamo.
Una felice eccezione, in questo senso, è stata la serata del 17 marzo scorso al Centro culturale san Secondo, organizzata dalla Caritas Diocesana, come la rappresentazione del musical, e che ha visto protagonista Francesco Gesualdi, ispiratore con il suo libro di questo spettacolo.
A quell’incontro, grazie alla notorietà e all’apertura mentale di Gesualdi, non a caso allievo di un altro uomo che non aveva paura di abbattere i clichés e i pregiudizi, don Lorenzo Milani, e fondatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo a Vecchiano (Pisa), si è vista, finalmente presente senza distinzione di etichette, una buona rappresentanza dell’intera società civile della città.
C’è da auspicare che simili presenze si rinnovino e portino presto a collaborazioni più profonde e fruttuose, perché davvero, come, talvolta drammaticamente, talvolta con poesia o con ironia afferma lo spettacolo di cui abbiamo parlato, è oggi il tempo per cambiare i tempi.