A cura di Daniela Grassi, Acli Piemonte.
La mattina del 6 luglio scorso, davanti a Palazzo Lascaris, dove la Giunta regionale porta avanti lo smantellamento della legge 9 del 2016 (nata a suo tempo con lo scopo di contenere il gioco d’azzardo e la conseguente patologia da dipendenza che ha causato nel tempo la rovina di molte persone e famiglie, soprattutto negli strati più fragili della popolazione), si è tenuto un nuovo presidio del cartello di associazioni che dallo scorso anno si impegnano per evitare che si torni ad un passato senza le regole di contenimento nel posizionamento delle slot e negli orari di apertura dei locali che le ospitano, locali che potrebbero nuovamente essere anche tabaccai e bar...
Al presidio erano presenti parecchi Sindaci, Consiglieri e molte associazioni piemontesi tra cui Acli, Libera, Gruppo Abele, Sermig, sindacati, Movimento dei Consumatori, Slotmob e molte altre.
Come Acli Piemonte che lavorano su questo fenomeno fin dalla sua emersione nella prima metà degli anni 2010, abbiamo ribadito la nostra posizione, facendo notare come la legge in questi anni abbia funzionato bene, limitando in modo consistente l’uso delle slot, come constatato dagli stessi istituti della Regione, e come sia assurdo farla decadere proprio in un momento di forte crisi e incertezza economica e sociale come quello che stiamo vivendo.
Inoltre, quello che sta avvenendo, non ha mai tenuto conto del parere fortemente contrario di gran parte della società piemontese, compresi gli ordini dei medici e degli psicologi, tutte le associazioni citate, i vescovi che a proposito hanno scritto una lettera, le fondazioni antiusura e molti altri enti. Il fatto che spesso queste voci non siano nemmeno state convocate o audite in Giunta, dimostra una grave mancanza di rispetto delle regole democratiche.
Si è inoltre fatto notare come la tanto tenacemente sbandierata difesa dei posti di lavoro del settore, proponga una riflessione sul concetto stesso di lavoro, perché secondo il nostro parere, ampiamente condiviso dalle altre associazioni, non tutte le attività che producono guadagno possono per questo essere considerate lavoro se non rispettano in prima istanza la dignità delle persone coinvolte, una sana socialità e se non si concretizzano in una virtuosa crescita della comunità in cui si svolgono.
Al presidio è anche intervenuto personalmente, cosa ormai piuttosto rara, don Luigi Ciotti, a riprova di quanto il fenomeno del gioco d’azzardo e i comportamenti della Giunta Regionale siano da ritenersi gravi e dannosi.
Anche i Sindaci hanno fatto una loro proposta che cerca di mediare tra la legge 9 e quella oggi in via di attuazione. I rappresentanti dei Comuni sono soprattutto preoccupati dal fatto che, mentre fino ad ora potevano emettere ordinanze che andavano oltre la legge regionale (essendo gli Enti locali considerati la massima autorità in fatto di salute pubblica sul loro territorio, come si è visto anche durante l’emergenza sanitaria in corso) che ha soltanto facoltà di indirizzare, con le nuove regole non potrebbero più farlo e si ritroverebbero a non poter più difendere autonomamente le loro comunità.