di Grazia Ietto Gillies, Professoressa Emerita di Economia Applicata.
Il piano di ripresa e resilienza non prevede gli investimenti che servirebbero di più per il benessere delle persone, come manutenzioni e adeguamenti delle strutture scolastiche e infrastrutture sociali di welfare e salute. Il confronto tra Gran Bretagna e Italia in epoca Covid.
Questi giorni si parla molto – e non solo in Italia – di investimenti in infrastrutture ma c’è silenzio sui loro addentellati ‘soffici’. Gran parte delle scuole in Italia e in altri paesi – compresa la Gran Bretagna dove io risiedo – hanno un bisogno quasi disperato di lavori per: (a) renderle sicure e agibili; e (b) adattarle per insegnamento e apprendimento delle tecnologie del XXI secolo. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) dedica due paragrafi al rinnovo strutturale delle scuole. “Investimento 3.2: Scuola 4.0 – scuole innovative, nuove aule didattiche e laboratori” e “Investimento 3.3: Piano di messa in sicurezza e riqualificazione dell’edilizia scolastica.” Ma basta rifare tetti, scale, tubature, finestre, aggiungere laboratori e nuove aule didattiche? La pandemia ha messo a nudo altre pecche...
I miei nipotini vanno a scuola a Londra in un edificio vittoriano che sente il peso della sua età. I loro cugini – di secondo grado – frequentano scuole romane molto più recenti ma ugualmente – e forse ancora di più – bisognose di lavori di ristrutturazione.
Le restrizioni per combattere la pandemia hanno messo in luce ulteriori problemi oltre quelli fisici; dalle inadeguate strutture digitali, alle divergenze nel progresso scolastico create da diseguaglianze nei redditi familiari a mancanza di spazi vitali per bambini e giovani. Quando ho detto agli inglesini che i loro cugini romani erano costretti a fare ricreazione nell’aula per mancanza di adeguati spazi scolastici esterni, Daniel – 10 anni – è rimasto incredulo e sbigottito (“but…what sort of recreation is it if they cannot leave the classroom!”). I vittoriani erano rigidi e spesso crudeli con i bambini ma sapevano del loro bisogno di spazi, aria fresca, movimento e sfogo. Tutte le scuole britanniche sono provviste di adeguati spazi ricreativi. Non è così in Italia dove, peraltro, la maggior parte delle scuole sono state costruite più recentemente di quelle britanniche. Spero che il bisogno di spazi all’aperto – o al chiuso per giorni di pioggia – come parte dell’esperienza scolastica abbia riscontri nei progetti di investmento in infrastrutture e “riqualificazione dell’edilizia scolastica”.
Un altro aspetto poco considerato negli investimenti riguarda la parte organizzativa. Investire in infrastrutture fisiche senza le adeguate strutture organizzative può annullare o ritardare gli attesi benefici in termini di produttività. Due esempi contrastanti, entrambi nel settore sanitario britannico durante la pandemia.
Il governo Johnson ha investito molto in: (1) sistema track and trace per identificare e isolare persone infette da Covid-19 e i loro contatti; (2) progetto vaccinazione a tappeto. È noto che il secondo progetto è stato e continua ad essere di grande successo. Al contrario, il primo è stato considerato uno dei più grandi sprechi di soldi dei governi britannici post Seconda guerra mondiale. Perchè queste differenze? In entrambi i casi i prodotti fisici usati sono stati efficaci: gli scienziati hanno fatto bene la loro parte su tamponi e vaccini. Non così politici e governanti.
La differenza tra i due casi va cercata soprattutto nella parte organizzativa e politica. Il progetto track and trace è stato affidato – e strapagato – a imprese private non esperte di operazioni sanitarie o logistiche. Queste hanno impiegato mano d’opera mal pagata, mal addestrata e inesperta quanto i loro manager. Poca attenzione venne data alla logistica dei centri di testing rispetto ai movimenti spaziali del virus con il risultato che alcuni pazienti con febbre e tosse dovevano viaggiare molti chilometri per aver un tampone. Ultimo problema – risultato di consapevole decisione politica più che di incompetenze – le persone infette e obbligate per legge a non andare al lavoro non venivano indennizzate e quindi, spesso, loro e i loro familiari continuavano ad andare al lavoro. Questo è uno dei risvolti della estrema precarietà del lavoro in cui la lavoratrice non ha sicurezza del posto né malattia pagata. Si tratta, di solito, di lavoro che non può essere fatto a distanza. Il governo sarebbe potuto intervenire ma non lo ha fatto o meglio lo ha fatto tardi con somme risibili e ostacoli burocratici e quindi in modo inefficace.
Quando si è arrivati alle vaccinazioni il governo ha finalmente aperto gli occhi. Il programma vaccini viene implementato usando le strutture del National Health Service (NHS) ben collaudato in simili progetti di larga scala. Il NHS ha una struttura geograficamente e socialmente capillare; è ben equipaggiato digitalmente e i pazienti sono facilmente identificabili e contattabili per fasce di età, morbidità e località di residenza: per la vaccinazione siamo stati contattati con appuntamento, non abbiamo dovuto prenderlo noi online.
Sì, attenzione o meno alla parte soffice degli investimenti in infrastrutture può risultare in successo o fallimento di grandi progetti. Del resto l’importanza di investimenti di tipo organizzativo è stata messa in evidenza da diversi economisti molti anni fà a seguito di un articolo di Robert Solow. Nel 1987 in un articoletto sul New York Times Book Review il famoso economista premio Nobel scrisse (p. 36) : “You can see the computer age everywhere but in the productivity statistics” [Si può vedere l’età del computer dappertutto ma non nelle statistiche sulla produttività]. La sfida di queste poche parole fu accettata da molti altri economisti con la seguente conclusione: i computer e, in generale, il loro uso non portano da soli a incrementi di produttività; lo fanno solo quando – e dopo che – si realizza l’addestramento del personale e la riorganizzazione del processo lavorativo in base ai nuovi compiti svolti dal computer stesso.
Il personale deve sentirsi attivo e coinvolto nei cambiamenti non che essi gli siano imposti dall’alto. Grandi progetti – siano essi nel settore sanitario o meno – richiedono lo sviluppo di adeguate strutture organizzative. La digitalizzazione aiuta a svilupparle e, allo stesso tempo, richiede una riorganizzazione dei processi produttivi e il coinvolgimento della forza lavoro.
Tratto da: https://sbilanciamoci.info/il-lato-soffice-degli-investimenti-da-non-trascurare/