di Carlo Sottile, Coordinamento Asti-Est.
Leggendo le note rilasciate ai giornali dall'addetto stampa dell'Assessore Regionale alle Politiche Sociali Chiara Caucino, a proposito di politiche abitative, vien da pensare che sia venuto il «tempo dei corvi». Perché l'incipit «prima i piemontesi», non è solo l'espressione di una deprecabile xenofobia. Tradisce invece l'intenzione di rendere sempre più selettivo l'accesso alla casa popolare. Una intenzione già realizzata nell’indirizzo politico di numerose amministrazioni pubbliche, Asti compresa...
(Qui il testo delle dichiarazioni dell'assessore regionale).
Adottando requisiti, come i patrimoni lasciati nei luoghi di provenienza extracomunitari o la durata della residenza sul suolo nazionale, che non hanno nulla a che fare con la condizione socio/economica delle persone/famiglie, in tali amministrazioni l’accesso alla casa popolare è stato reso ancor più selettivo, escludendo i più poveri tra i poveri. Un risultato moralmente insostenibile e tragicamente inefficace se commisurato al reale bisogno abitativo non soddisfatto (1).
Ma tale risultato risulta invece “necessitato”, se lo si considera in sottordine ai risultati, già in gran parte conseguiti, delle politiche sociali degli ultimi governi. Una mistura di austerità e neoliberismo, per estinguere il welfare abitativo e per privatizzare ciò che resta della edilizia residenziale pubblica. L’assessore nelle sue note non parla di questo lascito. Dobbiamo dunque presumere che l’abbia fatto interamente suo.
Ci preme invece rilevare che tale indirizzo, coincidente non a caso con un dissennato e predatorio uso del territorio, ha prodotto una realtà sociale e urbana che ha ormai i segni dell'apartheid. Al centro le opulenze, i grandi eventi, la sede delle varie corporazioni; nelle periferie, con particolare densità nelle aree di edilizia residenziale pubblica, le vecchie povertà e le “moderne”, perché operate brutalmente dal mercato, forme di esclusione, nonchè tutto ciò che de-territorializza la città, la rende estranea alle sue novecentesche funzioni, i grandi centri commerciali, gli snodi della logistica, gli “artigiani della qualità”, e così via.
La gran parte di quel 6,5 % di case popolari non assegnate in Piemonte, di cui parlano le note dell’Assessore, prima di essere, forse, una risorsa abitativa in qualche modo disponibile, peraltro una briciola del fabbisogno abitativo insoddisfatto, è una delle forme fisiche dell’apartheid prima accennato. Ad Asti per vederne un esempio, basta visitare le case popolari di corso F. Cavallotti. Sono le case popolari di più vecchia costruzione. Quelle che per prime sono state sottratte alla manutenzione. Una voce del bilancio delle Atc sempre più trascurata, in bilanci con le entrate ridotte alla somma dei canoni (2) di assegnatari sempre più impoveriti, più quel che resta di un “fondo sociale” (3), finanziato da Comuni, a loro volta sempre più impoveriti dalle politiche dell’austerità.
Questi esiti regressivi non sono dell'altro ieri, ma hanno iniziato a prodursi quando la politica e i grandi interessi immobiliari (Ligresti per fare un esempio), hanno deciso di consegnare al mercato il bisogno abitativo. Era il 1998, quando sono stati aboliti sia l’equo canone (4), sia il contributo che finanziava il welfare abitativo (5).
Le privatizzazioni che sono seguite, non hanno riguardato solo il patrimonio, ma soprattutto il modo di gestirlo. Si è progressivamente eliminata ogni traccia di autogestione, vale a dire la diretta e partecipata responsabilità degli assegnatari, nell'uso degli edifici, degli spazi comuni, delle utenze comuni. Esternalizzando a più non posso tali funzioni, anche il ruolo delle rappresentanze degli assegnatari, negli organismi di amministrazione delle stesse Atc, si è di fatto estinto. Si è aperta così la strada alle fraudolenze e alla corruzione. La vicenda Santoro ad Asti, non è stata una eccezione e non ha segnato alcuna inversione di tendenza.
Con buona pace dell'assessore Caucino, ma a conferma del suo orientamento, tutto questo progressivo spossessamento di beni pubblici e di cultura della solidarietà, ha avuto il suo epilogo legislativo con la legge, Lupi-Renzi (6). E' la legge che mette fine alla politica della casa popolare, rilancia l'attività del “partito del mattone”, con un welfare per i ceti medi impoveriti, il social housing (7), criminalizza la povertà, vietando l’allacciamento delle utenze nelle case occupate, E’ la stessa legge che finanzia le “azioni di riduzione del danno” della filantropia di Stato, con strumenti come l'Aslo (8) e del Fmi (9), che, per la modestia delle risorse di cui dispongono e per le procedure di accesso che implementano, funzionano ormai come dispositivi di controllo e disciplinari delle persone/famiglie, di cui si appropriano. Sono complementari alla selettività delle procedure di accesso ai bandi e alle graduatorie, di cui si né parlato all’inizio.
Oggi, chi vive di redditi modesti o precari costituisce un ceto sociale in espansione, perché funzionale ad una economia di mercato ormai predatoria, perché mette a profitto la nuda vita. Si pensi alle Aziende della rete e all’uso mercantile e di controllo che fanno dei dati che vengono immessi nei loro terminali (10). Il bisogno abitativo insoddisfatto prende forma, in quella realtà. Così le persone con reddito precario o modesto vengono escluse dal mercato delle locazioni e al tempo stesso, con gli smartphone, i bandi Atc, Aslo e del Fmi, vengono depredate, controllate e assoggettate.
Per concludere, l’Assessore Regionale alle politiche sociali non porta con se nulla di nuovo. Salvo il fantasma delle ottocentesche “classi pericolose” e il proposito di ridurre a cadavere l’edilizia residenziale pubblica.
Cosa opporre ? Semplice. In primo luogo una narrazione corrispondente ai fatti. In secondo luogo, in compagnia di quel fantasma, agire tutte quelle azioni concrete, di mutuo soccorso e di difesa delle comunità, che servono per restituire a tutti gli spossessati, assegnatari dell’atc compresi, consapevolezza di sé, del loro essere sociale, dei loro diritti.
Il recupero del valore civico dell'edilizia residenziale pubblica non può avvenire senza che l’intera città sia ricomposta attorno alle sue funzioni novecentesche, senza che il diritto di proprietà sia ricondotto ai suoi limiti costituzionali. Sono i compiti della presente cittadinanza attiva, delle associazioni come la nostra e delle molte altre che avvertono la minaccia dell'ingiustizia sociale ed ambientale.
Note.
(1) Dati 2016 di Federcasa (associazione delle Atc di tutta Italia): gli sfratti per morosità crescono al ritmo dell'8 % all'anno. Con analoga percentuale crescono, nelle case popolari, la morosità sull'affitto e quella sulle spese. Le famiglie che vivono in una situazione di disagio abitativo, sono salite da 650mila degli anni '90 a oltre 1,7 milioni nel 2014. Servirebbe un piano Casa da 1,3-1,4 miliardi, per creare 150-200 mila alloggi di edilizia residenziale pubblica.
(2) Il canone è calcolato in proporzione al reddito. L’80 % degli assegnatari è collocata nella fascia di reddito “di protezione”, da 0 a 6235 euro/anno per una persona.
(3) Destinato agli assegnatari morosi “incolpevoli”, vale a dire che abbiano pagato all’Atc una somma pari al 14% del proprio reddito e comunque non inferiore a 480 euro.
(4) Legge 392/78.
(5) GESCAL Gestione case per lavoratori.
(6) Legge 80/2014.
(7) Giudizio Federcasa 2016: Ad oggi il fondo ha prodotto poco più di tremila alloggi su quasi 17mila deliberati. È una goccia nel mare, non ha funzionato, è stato un fallimento e comunque si rivolge a una utenza di fascia di reddito superiore rispetto all'edilizia popolare.
(8) Aslo: Agenzie sociali per la locazione. Mettono in contatto proprietari privati di alloggi e famiglie a rischio di morosità, promuovendo con incentivi a tutela dei proprietari (avvio alla locazione e 8 mesi di eventuale morosità pagati dalla Regione), la stipula di un nuovo contratto di locazione, a canone di locazione inferiore a quello di mercato (art. 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431).
(9) Fmi: Fondo morosità incolpevole. Destinato ad inquilini che hanno stipulato sul mercato delle locazioni un contratto a norma di legge ed hanno difficoltà a pagare il canone per sopravvenuta diminuzione del reddito, oppure sono già assoggettati a procedure di sfratto.
(10) Il mercato italiano dei Big Data continua a espandersi. Un Osservatorio specializzato del Politecnico di Milano, ha rilevato che il giro d’affari ha raggiunto nel 2018 un valore complessivo di 1,393 miliardi di euro, in crescita del 26% rispetto al 2017.