La morte di Gianfranco, che perse tutto e anche se stesso ...

Imagedi Tiziana Valente, Coordinatore di Cittadinanzattiva Asti e rete del Tribunale per i Diritti del Malato.
Mercoledì scorso è morto Gianfranco, paziente psichiatrico e cardiopatico, 50 anni, da quasi quattro ininterrottamente ricoverato all'SPDC dell'Ospedale di Asti.
Che c'è di strano, di straordinario? Nulla, cose che capitano.
Già, succede. Succede che al Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura arrivino e sostino un po' le stesse persone: una settimana, quindici giorni, un mese; rimesse più o meno in sesto, se ne tornano a casa, se ce l'hanno, rientrano nel mondo dei problemi senza soluzione, vanno in crisi ed eccoli di nuovo qui, in Repartino, seguendo un percorso circolare ormai standard.
Né deve stupire che una persona possa stare chiusa in un reparto d'ospedale per anni, vale a dire varie stagioni, mesi, giorni e giorni sempre uguali, con nient'altro da fare che fumare, mangiare ogni settimana le stesse cose, dormire, stare legato al letto con le cinghie ai polsi, al torace e alle caviglie per giorni, nudo, al centro della stanza, solo.
Non deve stupire perché l'alternativa è una comunità o una clinica e il percorso è sempre lo stesso: è il meccanismo della porta girevole, del manicomio. Se non stai dentro quel meccanismo allora sei abbandonato e forse, forse, è peggio.

Sembra che nulla sia cambiato in pratica dall'insegnamento di Basaglia, eppure il cambiamento c'è stato: ora non c'è solo più una istituzione, il manicomio, a controllare il diverso, a tenerlo in disparte dalla società civile, ben lungi da accogliere chi non capisce o disturba; ce ne sono tante, piccole e molto meno osservabili, e c'è sempre la psichiatria, come se fosse una scienza esatta come le altre discipline mediche, con le diagnosi, le proprie categorie, le soluzioni imposte e quasi mai concordate con l'utente o i familiari.
Come si modifica la diagnosi di una persona che ha subito anni di terapie psichiatriche: farmaci, reparto e comunità ?
Che ne è stato dei programmi di riabilitazione avviati in seguito alla rivoluzione basagliana ?
Perché i pazienti psichiatrici muoiono giovani e comunque invecchiano prestissimo ?
Perché se, per caso, hanno anche male ad un piede o al cuore, continuano a stare in SPDC ?
Al funerale di Gianfranco c'erano solo gli infermieri del reparto che erano diventati la sua famiglia, proprio come succedeva nei manicomi; e non c'erano gli amici, che pure erano molti, perché nessuno si è premurato di avvertirli.

La storia di Gianfranco è comune a tanti di noi che giovani negli anni Settanta erano contadini ed anche operai e vissero con disagio due culture diverse, quella nuova delle industrie e della società borghese e quella antica della famiglia con le sue credenze, le abitudini e le fatiche. Storia comune a tanti dell'altopiano di Villanova, con le cascine monofamiliari al centro di un grande podere, per lo più isolate. Un mondo lontano anche dai Servizi di Salute Mentale che da quelle parti arrivano raramente: se sei malato, vai tu in ambulatorio ad Asti.
   
Gianfranco era stato un apprezzato falegname e campione di bocce, ballerino provetto alle feste del paese, marito e padre; si ritrovò improvvisamente solo nella sua bella casetta nella piana di Villanova a ragionare con i fantasmi; una diagnosi di disturbo schizzoaffettivo ed ecco la trasformazione definitiva. Gianfranco diventa l'uomo del bosco, un po' ombroso un po' istrione, il giardino con le rose, le ortensie e la betulla diventano una selva.
   
Prima che la roba si rovini, meglio toglierlo di lì, dargli una pensione d'invalidità -tanto, chi può pensare sia più in grado di lavorare ? - e tutelare i beni, i vicini, il buon nome della famiglia ed in nome della buona educazione e del comportamento più adatto. Dove metterlo?
   
Gianfranco non volle mai andare in comunità psichiatrica od in qualche ricovero per anziani: preferì restare in un reparto d'ospedale quattro lunghi anni perché solo così poteva sperare di tornare - prima o poi - a casa e lavorare di nuovo.
I suoi ultimi anni sono stati determinati dalla lotta strenua e senza mezzi termini per tornare a casa, in pace.
   
"Si immagini ora un uomo, a cui, insieme con le persone amate, vengono tolti la sua casa, le sue abitudini ...: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade facilmente a chi ha perso tutto, di perdere se stesso." (P. Levi, Se questo è un uomo).
   
Gianfranco non c'è più. Rimane il laghetto, dove una volta stavano le carpe prima che volessero andarsene a zonzo per i campi di granoturco, il nonno seduto ai piedi del grande albero e il padre di lui, venuto dalla Valle del Re, e le sorelle e le bestie e tutte quelle ombre che han popolato la casa vecchia e mai l'hanno abbandonata, perché la casa non può stare incustodita ...

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