Potevano coesistere, nell’epoca della crisi strutturale del modello economico neoliberista, la competitività con la difesa del modello sociale europeo ? Evidentemente no. Ma quelli erano gli anni dell’illusione clintoniana, della "terza via" mondiale, dell’Europa quasi totalmente governata da coalizioni di centro-sinistra; e l’idea di poter governare la globalizzazione neoliberista - temperandone gli effetti più distruttivi, senza metterne in discussione le cause - rappresentava la scommessa ...
Non è andata così, lo sappiamo tutti. Il modello neoliberista, per rispondere alla propria crisi, ha preso altre strade.
Da una parte, scatenando la guerra globale permanente per accaparrarsi le risorse energetiche del pianeta; dall’altra cercando di valorizzare il capitale sull’unico terreno rimasto: la deregolamentazione del lavoro, la mercificazione dei beni comuni e dei servizi pubblici.
Insomma, ha cercato di rispondere al fallimento degli Accordi di Lisbona - ed alla sconfitta storica dell’ipotesi politica di "terza via" - attraverso un’uscita "a destra": se il modello sociale europeo non è coniugabile con l’obiettivo della vittoria economica sui mercati internazionali, non resta che l’abbandono del primo per tuffarsi, lancia in resta, verso l’unico indiscutibile pilastro: la competitività.
Questo è il segno della Direttiva Bolkestein e di quella sull’orario di lavoro. Questo è anche il segno del Trattato Costituzionale europeo, scritto in ermetiche stanze distanti dai popoli - d’altronde il contrario di "pubblico" è "segreto" - e rivolto all’unico obiettivo di costituzionalizzare una teoria economica, invece che un complesso di diritti individuali e sociali.
Le vittorie dei NO alla Costituzione europea formulato nelle urne dai cittadini francesi e olandesi avevano detto chiaramente che il tentativo di uscita "a destra" dal fallimento degli Accordi di Lisbona non poteva passare. Ora, il responso dell'Irlanda, unico paese tra i 27 stati, membri dell’UE, dove è stato possibile esprimersi tramite referendum, afferma che il trattato di Lisbona è stato bocciato dalla gente “comune”.
Come in Francia e Olanda si sono sprecate le accuse di xenofobia e arretratezza verso coloro che si sono opposti a questa costruzione europea. Quali che siano le motivazioni di questa espressione di voto, certo è che i popoli europei (quando interpellati) rinnovano la richiesta ad un ripensamento del percorso dell’Unione europea che immancabilmente rimbalza contro il muro di gomma della diplomazia dei rappresentati istituzionali di massimo livello che, quasi invocando leggi di natura, proclamano l’ineluttabilità nell’avanzamento del progetto comunitario.
In Italia, tanto la Costituzione europea quanto il Trattato di Lisbona, non sono stati oggetto di referendum: la politica ed i governi hanno deciso per i cittadini; dunque, non ci sarà possibile esprimere il nostro personale punto di vista in materia (il trattato di Lisbona è in corso di approvazione parlamentare proprio in questi giorni, dopo l'ok del Consiglio dei Ministri).
Ma quali sono i punti basilari del “patto” europeo, che l'opinionista Ida Magli (su “Il Giornale”) ha definito una «visione del mondo» universale, una teologia dogmatica con le sue applicazioni pratiche, la forma più assoluta di totalitarismo che sia mai stata messa in atto. Come potrebbero i giornalisti istruire con poche parole milioni di persone sulla metafisica di Kant? Eppure c'è quasi tutto Kant, inclusa la sua proposta per la Pace Perpetua , nel progetto dell'Unione europea. Ma c'è anche molto Rousseau, molto Voltaire, molto Marx, con in più quello che Tremonti definisce «mercatismo»: l'assolutizzazione del mercato. La falsificazione dei significati linguistici accompagna fin dall'inizio l'operazione europea: quello che viene firmato non è affatto un Trattato e non è neanche una «Costituzione», come era stato chiamato prima che i referendum popolari lo bocciassero. È la proclamazione di una religione universale, accompagnata in tutti i dettagli dagli strumenti coercitivi verso i popoli e verso le singole persone per realizzarla. È il passo fondamentale, dopo averlo costituito in Europa, per giungere alla meta prefissata: il governo mondiale.
Il mercato interno resta il cardine della costruzione comunitaria e anche se il principio di una concorrenza non distorta è stato eliminato dai principi sotto la spinta francese, l’affermazione di un’economia sociale di mercato fortemente competitiva è sottesa ad ogni sua politica e l’approccio liberista di fondo viene soltanto ammantato di una lacca di enunciati (sviluppo sostenibile, crescita equilibrata, progresso sociale e piena occupazione) che troppo spesso restano solo tali.
Non sono previsti strumenti contro il dumping sociale, salariale, fiscale e dei diritti del lavoro. Al contrario, il permanere del voto all’unanimità in materie quali le relazioni industriali, la tassazione, la lotta contro evasione ed elusione fiscale in un contesto di aumento degli stati membri con grandi disuguaglianze tra loro, rende praticamente impossibile una politica sociale europea ... Con la legislazione e la giurisprudenza europea che difendono costantemente la libertà di movimento dei capitali e rimuovono gli ostacoli alla concorrenza al ribasso dei lavoratori e dei paesi, il dumping sociale all’interno dell’UE diventa pressoché inevitabile.
Non c’è d’altronde nessuna protezione ai servizi pubblici contro le privatizzazioni, se non in riferimento ai servizi pubblici di interesse generale che, però, non vengono esplicitamente individuati dall’UE, facendo temere anche in questo ambito una deriva inesorabile verso una gestione a mercato della stragrande maggioranza dei servizi pubblici dei paesi europei. Non sono quindi credibili le posizioni di coloro che parlano di due fasi nella costruzione dell'Unione europea; una prima legata a questi trattati, a cui seguirà la costruzione di un Europa Sociale: l’approvazione di questo trattato segnerebbe la fine di qualsiasi possibilità di una politica sociale europea.
L’obbligo del pareggio di bilancio, che grazie ai criteri di Maastricht si trasforma in obbligo di surplus positivo, accrescerà i tagli allo stato sociale e le privatizzazioni. La stabilità dei prezzi come unico obiettivo della Banca Centrale Europea, ribadito nel trattato, significa la prosecuzione della politica degli alti tassi di interesse e quindi politiche restrittive che riducono l’occupazione e redistribuzione dai creditori, che con la riduzione dello stato sociale e la moderazione salariale stanno diventando una parte sensibile della popolazione europea al capitale finanziario e il conseguente aumento delle disuguaglianze sociali.
Siamo di fronte ad un progetto di Europa che rafforza le sue capacità militari, che si fa sempre più fortezza contro i migranti ai suoi confini e securitaria al proprio interno.
Come combattere questa situazione ?
E’ necessario che l’ “altreuropa” abbia le gambe sociali per camminare e questo non può avvenire se non con la costruzione di reti, movimenti, vertenze e campagne europee contro la precarietà, le privatizzazioni, il neoliberismo e la guerra, per i diritti sociali e dei migranti, per la difesa dell’ambiente e per la democrazia europea.
In questo percorso, ci piace segnalarvi alcune proposte che gli Attac d’Europa hanno da tempo formulato: 10 principi per la democratizzazione dell’Unione Europea, una sua maggiore trasparenza, lo sviluppo della partecipazione e della democrazia diretta, un rafforzamento dei diritti fondamentali, la tutela ed il miglioramento delle conquiste democratiche, un ordine economico alternativo, un’Europa di pace e solidale che miri ad un equiparazione verso l’alto in materia fiscale e sociale. Con la Banca Centrale Europea sottoposta al controllo democratico e le cui priorità di politica monetaria siano la giustizia economica, il pieno impiego e la sicurezza sociale per tutti i cittadini europei. Un’Europa in cui i principi fondamentali di un nuovo trattato siano: la dignità umana, lo stato di diritto, la democrazia rappresentativa e partecipativa; la giustizia economica e sociale, la sicurezza sociale e politiche di inclusione delle persone, la solidarietà, l’uguaglianza e la parità tra uomini e donne, la difesa dell’ambiente e l’ impegno per la pace ed in cui la cittadinanza europea sia concessa a tutti i residenti in Europa.
Questi, in estrema sintesi, i 10 principi di ATTAC per un Trattato democratico.
1. Avviare un procedimento democratico.
Il nuovo trattato deve essere elaborato e adottato democraticamente. Gli Attac Europei si oppongono a qualsiasi tentativo di riesumare il TCE, e propongono quanto segue:
- una nuova Assemblea democratica, eletta direttamente dai cittadini di tutti gli Stati Membri, avrà il mandato di elaborare, con la partecipazione effettiva dei parlamenti nazionali, la proposta di un nuovo Trattato;
- la composizione dell’Assemblea dovrà rispettare la parità tra uomini e donne (e non avere solo il 16% di donne come nella convenzione che ha elaborato il TCE), essere rappresentativa di tutti i settori della società ed essere intergenerazionale;
- il nuovo trattato deve essere sottoposto a referendum in tutti gli Stati membri. Il risultato del voto dovrà essere conteggiato paese per paese;
- durante la campagna di ratifica, le istituzioni europee e gli Stati Membri dovranno emanare regole tali da assicurare un dibattito approfondito, di sufficiente durata, indipendentemente dagli interessi economici dominanti, ad esempio nel settore dei media.
2. Migliorare la democrazia
Il nuovo Trattato deve fondarsi sui migliori principi democratici esistenti. L’attuale Unione europea esistente non ha una chiara separazione dei poteri e perciò soffre di un grave deficit di democrazia. Infatti il Parlamento Europeo, benché sia la sola entità a livello europeo eletta democraticamente, non ha potere di iniziativa legislativa, né facoltà di votare un bilancio, né di assumere decisioni politiche mentre la Commissione, istanza non elettiva, può proporre le leggi. Nel contempo, siamo testimoni di un degrado della vita politica negli Stati membri.
Perciò gli Attac d’Europa chiedono che:
- i principi fondamentali del nuovo trattato siano: la dignità umana, lo stato di diritto, la democrazia rappresentativa e partecipativa; la giustizia economica e sociale, la sicurezza sociale e politiche di inclusione delle persone, la solidarietà, l’uguaglianza e la parità tra uomini e donne, lo sviluppo sostenibile e l’ impegno per la pace;
- una netta separazione dei poteri: esecutivo, legislativo e giudiziario. Bisogna mettere fine al monopolio della Commissione in materia di proposte di legge. In questo campo tutte le istituzioni e i cittadini dell’Unione devono godere del potere d’iniziativa;
- Il Parlamento Europeo deve avere il diritto di proporre e approvare la legislazione dell’Unione Europea, nonché il diritto esclusivo di nomina e revoca della Commissione-UE e dei singoli membri;
- Il rafforzamento dei parlamenti nazionali sia a livello nazionale che a livello europeo: i parlamenti nazionali debbono riappropriarsi del loro ruolo legislativo europeo e nazionale;
- Un nuovo trattato deve descrivere in modo chiaro sia le competenze dell’Unione Europea ai diversi livelli sia i loro limiti rispetto a quelle degli Stati nazionali e delle autorità locali. La Corte di Giustizia Europea non dovrà poter agire come legislatore di fatto;
- La Banca Centrale Europea (BCE) deve sottostare a un controllo democratico. Le priorità della sua politica monetaria devono essere la giustizia economica, il pieno impiego e la sicurezza sociale per tutti i cittadini europei. Inoltre, l’Eurogruppo deve assumersi le proprie responsabilità previste dai trattati attualmente in vigore circa la definizione della politica dei cambi.
3. Instaurare la trasparenza.
Attualmente i cittadini devono far fronte a una serie di difficoltà nell’esercizio del loro diritto all’informazione. Spesso, i dibattiti del Consiglio e del Comitato dei rappresentanti permanenti (CORERER) non sono pubblici. Il lobbying si diffonde sempre di più e mina la democrazia.
Noi di Attac chiediamo che:
- le riunioni, i comitati e i gruppi di lavoro siano tutti aperti al pubblico;
- sia garantito l’accesso all’informazione a tutti i cittadini europei;
- il Trattato stabilisca dei limiti precisi al lobbying e obblighi tutti i lobbisti a rendere pubblici i loro interessi e fonti di finanziamento. Lo stesso vale per i membri del Parlamento europeo, della Commissione e dei Comitati;
- il nuovo Trattato dovrà essere breve, completo e comprensibile per chiunque;
- tutte le lingue devono essere considerate su un piano di parità e i documenti della UE dovranno essere disponibili in tutte le lingue ufficiali della UE.
4. Sviluppare la partecipazione e la democrazia diretta
Nel nuovo trattato dovrà essere incluso il diritto fondamentale dei cittadini a partecipare direttamente alla cosa pubblica, proponendo forme di democrazia diretta ampie, comprensibili e applicabili. Dovrà, ad esempio, dare i seguenti diritti:
- possibilità, per un certo numero di cittadini di un certo numero di Stati membri, di proporre una legge da discutere e sottoporre al voto del Parlamento europeo
- possibilità per un certo numero di cittadini, di richiedere al Parlamento europeo l’indizione di un referendum in tutti gli Stati membri, il cui risultato sia vincolante;
- stabilire limiti all’influenza delle imprese sulle istituzioni UE e sulle loro decisioni, obbligandole alla trasparenza e riducendo i loro privilegi di accesso,
- istituzione di una consultazione dei movimenti sociali e delle ONG su ogni nuova iniziativa legislativa europea, alla pari degli altri gruppi di interesse.
- Il primo referendum da organizzare in tutti gli Stati membri dovrà riguardare il nuovo Trattato.
5. Rafforzare i diritti fondamentali
Il nuovo Trattato dovrà essere elaborato sulla base dei diritti fondamentali più avanzati contenuti nei trattati internazionali esistenti o tenderà a rafforzarli, in particolare:
- Convenzione europea di protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU),
- Carta sociale europea di Torino e Codice Europeo di Sicurezza Sociale
Garantire i diritti fondamentali nel trattato è una tappa necessaria. Tuttavia, la Carta dei diritti fondamentali dell’UE inserita nel TCE ignora importanti diritti fondamentali, attenua la formulazione di altri, ne limita fortemente l’applicazione negli allegati all’atto finale o vieta che essi vengano rivendicati in Tribunale. Per questo motivo non possono essere chiamati diritti fondamentali.
Gli Attac d’Europa chiedono quindi che:
- i diritti fondamentali elencati nella CEDU, nella Carta sociale europea e nel Codice europeo di sicurezza sociale, possano essere rivendicati nei tribunali nazionali o europei,
- l’UE ratifichi la CEDU di modo che anche le sue istituzioni siano soggette alla giurisdizione della Corte Europea dei Diritti dell’uomo,
- sia esplicitamente stabilito che i diritti fondamentali e i principi del Trattato prevalgono su ogni altra norma, primaria o secondaria, dell’Unione Europea.
- i diritti fondamentali non siano limitati da leggi nazionali o europee, o dall’interpretazione personale della presidenza della Convenzione
- il nuovo trattato dovrà sottolineare l’uguaglianza di accesso ai diritti sociali e del lavoro indipendentemente dal paese d’origine
- a cittadinanza europea sia concessa a tutti i residenti in Europa
- i diritti suddetti vengano rispettati anche nella politica estera dell’UE (ad es. per le politiche di sicurezza, migratorie, ambientali, commerciali)
6. Tutelare e migliorare le conquiste democratiche
Attualmente, le conquiste democratiche e sociali, i diritti del lavoro, le norme ambientali e di salute pubblica sono subordinate alle norme dei precedenti trattati, in particolare ai principi di concorrenza e di liberalizzazione. Nessun nuovo trattato europeo deve compromettere quelle conquiste ma dovrà invece offrire ai popoli d’Europa, ai parlamenti e ai governi, gli strumenti per un ulteriore avanzamento tramite la cooperazione.
Gli Attac d’Europa rivendicano:
- il diritto di contrattazione collettiva, il diritto di sciopero; i principali standard dell’ Organizzazione Internazionale del Lavoro ILO/BIT debbono essere elevati al rango di diritti fondamentali.
- ogni Stato membro dovrà poter adottare e sostenere normative più ambiziose di protezione sociale, del lavoro, dell’ambiente e di protezione di gruppi specifici
- l’Unione Europea deve considerarsi come un’unione di cooperazione (non concorrenziale) la cui finalità è il continuo miglioramento degli standard ambientali e sociali e cioè al fine di ottemperare ai principi costituzionali di sicurezza sociale e di sostenibilità. Dovrà pure essere adottata una normativa intesa a contrastare il dumping fiscale e sociale;
- deve essere dichiarato che il diritto di proprietà comporta degli obblighi e che il suo esercizio deve essere contestuale all’interesse per il benessere collettivo
- la democrazia economica e la partecipazione nell’economia devono essere migliorate a tutti i livelli.
7. Prefigurare un ordine economico alternativo
Il nuovo Trattato deve rispettare i valori fondamentali e i principi democratici sopra citati. Deve rendere possibile la messa in atto di politiche alternative e non imporre un determinato modello economico come era il caso del TCE e dei precedenti trattati che prescrivevano ripetutamente, "un economia di mercato aperta in cui la concorrenza è libera e non distorta" (Artt. III-177, III-178 e III-185 del TCE). Assunto che non ha ragion d’essere in un trattato costituzionale né in un trattato istituzionale. Qualunque sia il modello economico preferito, esso deve scaturire da un iter politico democratico.
Gli Attac d’Europa chiedono che:
- i trattati non impongano alcun modello economico particolare ma autorizzino scelte alternative ad ogni livello,
- la "libera concorrenza" non sia eretta a principio universale della UE. La definizione dei campi in cui la "libera" concorrenza è autorizzata, e di quelli in cui non lo è (per es. la fornitura di acqua potabile, l’istruzione, la sanità, l’agricoltura) deve avvenire mediante processi democratici, a livello nazionale ed europeo. In nessun caso tali definizioni saranno costituzionalizzate;
- la legge europea, ad es. la legge sulla concorrenza, non deve scalzare il diritto degli stati membri di definire, organizzare e finanziare i beni pubblici quali: fornitura dell’acqua potabile, sanità, istruzione o trasporti pubblici. Erogare e migliorare i beni pubblici ad ogni livello deve, al contrario, essere un obiettivo essenziale della costruzione europea.
8. Definire le finalità e non i mezzi
Una democrazia vera, vitale, definisce gli strumenti per raggiungere gli obiettivi della propria costituzione. Ma prescrivere precise politiche nella costituzione stessa è inappropriato.
Inserire gli strumenti nella costituzione è invece inappropriato. Eccone alcuni esempi:
- gli obiettivi di una politica dei trasporti dovrebbero essere "mobilità sostenibile" nonché "pari accesso alla mobilità per tutti" e non la costruzione di reti trans-europee (Art. III-246 del TCE) di strade, autostrade e ferrovie ad alta-velocità.
- gli obiettivi di una politica agricola dovrebbero essere "agricoltura sostenibile", mantenimento delle piccole aziende agricole di proprietà, nonché "produzione di cibi sani e sufficienti al fabbisogno, e non "l’aumento di produttività", "la razionalizzazione" oppure "il massimo sfruttamento possibile dei fattori di produzione, specie di mano d’opera" (Art. III-277 del TCE).
- "l’obiettivo prioritario" della Banca Centrale Europea (BCE) non dovrebbe essere "la stabilità dei prezzi" (Artt. III-177 e III-185 del TCE) ma la giustizia economica, il pieno impiego e il benessere di tutti.
- il principio di sostenibilità ecologica deve essere prioritario rispetto alle libertà di mercato e alla logica del profitto. Deve essere il principio guida per le politiche energetiche, dei trasporti ed agricole.
9. Mirare alto in materia sociale e fiscale
In un’area come quella UE le cui economie sono fortemente integrate da decenni di liberalizzazione (del commercio, della finanza e degli investimenti) gli Stati membri sono impegnati in una corsa al ribasso nei settori essenziali quali le politiche sociali e fiscali. Per opporsi, è importante prendere contromisure a livello europeo e che sia incoraggiata una corsa verso l’alto tramite provvedimenti specifici, nel quadro di un nuovo trattato.
Gli Attac d’Europa propongono che:
- siano adottati provvedimenti miranti a combattere l’evasione e la concorrenza fiscale. Vengano adottati provvedimenti minimi ma ambiziosi a livello europeo, in particolare sulla tassazione dei redditi da capitale e delle imprese.
- sostituire l’insufficiente politica sociale della UE con un insieme trasparente ed applicabile di diritti e "minimi" sociali ambiziosi. In queste normative va tenuto conto delle capacità economiche differenti, mediante "passaggi", vale a dire imponendo norme più elevate per i paesi ricchi e meno elevate per i pesi poveri.
Queste regole dovranno essere applicate in modo da non impedire ad un Paese di adottare norme ancora migliori. Se diversi Stati membri desiderassero, per esempio, applicare una politica sociale più ampia o adottare normative del lavoro più rigorose di quelle in vigore nell’insieme dell’UE, essi possono decidere di firmare un accordo di collaborazione sui temi in questione.
10. Affermare l’impegno per la pace e la solidarietà
Per quanto riguarda la sicurezza, obiettivo primario deve essere la "pace" (nel suo significato più ampio) e non l’accumulazione di armi a livello internazionale. La bozza di TCE afferma che: "gli stati membri devono impegnarsi a migliorare gradualmente le proprie capacità militari" (Art. 1-41). La creazione di una "agenzia europea di difesa" avrebbe, tra l’altro, il compito di "sviluppare gli armamenti". Il nuovo Trattato dovrebbe proporre un’ambiziosa e forte politica per l’Europa: l’UE deve avere un ruolo chiave nella definizione di un nuovo ordine internazionale e multilaterale, volto a costruire la pace e a rifiutare il ricorso alla guerra e la militarizzazione come mezzi per la soluzione dei conflitti internazionali. In particolare mettiamo sotto accusa il concetto neo-conservatore di "missioni militari preventive".
Gli Attac d’Europa chiedono:
- Assoluto rispetto del diritto Internazionale, in particolare della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo e del Trattato di Non-Proliferazione (da cui l’obbligo del disarmo). L’UE deve comunque promuovere la riforma democratica dell’ONU;
- La promozione del disarmo su scala planetaria, cominciando dal proprio territorio,
- La rivendicazione da parte della UE della propria indipendenza nei confronti della NATO,
- Forti investimenti per creare in tutti gli Stati membri e a livello europeo, le istituzioni incaricate di lavorare alla risoluzione pacifica dei conflitti
- Affermazione del principio dell’uguaglianza tra generi nell’elaborazione delle politiche e nella partecipazione alle attività di politica estera della UE.
Articolo tratto da fonti di Attac Italia.