La bella differenza



di Marsida Tatani, studentessa albanese del CTP Goltieri di Asti.


“La differenza nel mondo” è stato l’argomento della conferenza svolta il lunedì 19 maggio al Centro Territoriale Permanente di Asti, con l’antropologo Marco Aime, che ha più volte fatto riferimento al suo libro. Il messaggio che ha trasmesso al pubblico è stato: ”Dobbiamo cercare di capire la differenza, c’è sempre stata, non è una novità” ...

Per capire “la differenza” prima si deve definire il concetto di “cultura”, perché è da qui che si comincia a sbagliare. La cultura ha due definizioni: una di significato storico; secondo Umberto Eco essa è un sapere che l’uomo impara, un’altra di significato antropologico, è quell’insieme di regole, sapere e conoscenze che ogni persona impara in un determinato ambiente che servono a sopravvivere. Tutti noi tutti possediamo una cultura.  
Aime pronuncia una frase molto significativa: “Ogni cultura è già una multi-cultura perché noi siamo prodotti interscambiabili.” Spiegando questo concetto, l’autore tocca anche il significato di purezza e dice che se cerchiamo di trovare una cosa originale o pura nella nostra cultura, alla fine non rimane tanto di ciò che noi sapevamo essere nostra cultura.

L’antropologo fa degli esempi: ci sono italiani che dicono che la polenta è cibo puro italiano, ma non ricordano che il mais non esisteva in Italia e fu importato dall’America; anche altri piatti tipici come la pasta e la pizza sono di origine orientale; così possiamo dire che la cucina italiana è multiculturale. L’autore aggiunge altri esempi, come l’uso degli numeri arabi o l’influenza della musica africana nella musica classica italiana.
L’uomo non è stato mai fermo, si è spostato ed il  fenomeno della migrazione ha fatto la storia. In tutta la storia umana ci sono stati integrazione e interscambio di culture, ma adesso tutto sta cambiando in modo veloce; la tecnologia è il mezzo che sta creando “il villaggio globale” di cui parlava il filosofo e autore canadese di testi su comunicazione e mass-media  Marshall Mc Lluhan nel 1960 e che è già affermava questa teoria.

Secondo Marco Aime «la differenza è un modo di costruire cultura, siamo noi che creiamo le differenze perché classifichiamo. Dobbiamo porre il positivo di ciò che ci distingue dagli altri». E’ inevitabile parlare di differenza senza inglobare la questione razzismo, un grave fenomeno che riguarda l’umanità: “Siamo tutti uguali, esiste solo un genere umano, non esistono le razze o le etnie” dice l’antropologo. Sebbene la scoperta del DNA abbia abolito l’idea della razza, il razzismo persiste.Un intervento molto interessante è stato quello di un signore senegalese, alunno del CTP, vent’anni, che ha raccontato la sua esperienza in Italia: ha subito atti di razzismo e sostiene che il razzismo derivi dall’ignoranza delle persone; nonostante tutto ciò continua ad essere ottimista.  

Il CTP di Asti è il posto dove tanti stranieri vanno a imparare la lingua e la cultura italiana, però lì si scambiano anche altre culture. Alcuni studenti stranieri presenti nella conferenza dicono di aver letto il libro dell’antropologo e gli hanno posto alcune domande. Una studentessa della Costa D’Avorio ha fatto i complimenti all’autore: “E’ un bellissimo libro, il libro più bello che abbia mai letto … ho riso dall’inizio alla fine del libro”. Poi ha chiesto quale sia il compito dell’antropologia. Marco Aime ridendo ha risposto che l’antropologia spera di confondere le idee o mettere dubbi e stimolare la ricerca di questa “bella” differenza. E’ un modo per riuscire a costruire un’apertura mentale. Essere sempre curiosi e chiedere perché esistono i modi diversi di vivere.
Questa differenza ci arricchisce e ci fa diventare più aperti nel mondo, accettandoci e scambiandoci; ci aiuta a combattere gli effetti negativi che non devono più esistere.


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