Suharto e il giorno della memoria

di David Dias Quintas Corona, Rappresentante in Italia del Fronte di Liberazione di Timor Est.
Mentre in tutta Europa si celebrava il giorno della memoria, in Indonesia si spegneva il Generale Haji Muhammad Suharto, uno dei peggiori dittatori che il secolo appena trascorso ha conosciuto.
Salito al potere nel 1967, succedendo a Sukarno, ha governato il paese asiatico fino al 1998 quando ne abbandonò la guida nel pieno del caos economico a cui le avventate scelte in campo economico e la corruzione l’aveva condotto. 

Il destino ha voluto giocare con le date. facendo coincidere un giorno dedicato al ricordo delle vittime di un olocausto con la fine di un uomo che lo ha utilizzato come mezzo per guadagnare e gestire il  potere. Nel 1965 per ‘salvare’ l’Indonesia dal comunismo aveva guidato la repressione contro il PKI (Partito Comunista Indonesiano), che portò all’uccisione di più di un milione e mezzo di persone. In realtà il numero delle vittime fu addirittura superiore.
Lo stato indonesiano è composto da più di diecimila isole. Un arcipelago immenso dove risultò praticamente impossibile dare il quadro preciso di quanto stava succedendo. La brutalità di quanto accadde, venne ricordato in Cile durante il golpe del generale Pinochet, quando alcuni fascisti cileni scrissero sui muri di Santiago “Jakarta Jakarta” per testimoniare una loro continuità con il dittatore asiatico.

Nella carriera politica del generale lo sterminio di massa è stato uno strumento ricorrente. Usato a Timor Est, Molucche, Irian Jaya ed ad Aceh, senza dimenticare che la libertà di stampa, la facoltà di associarsi in partiti e sindacati furono cancellate in Patria come nei territori annessi con la forza.
Mio malgrado, sono stato testimone del genocidio del popolo di Timor Est.

Il mio paese è stato invaso ed annesso unilateralmente dal governo di Jakarta nel 1975, con il concorso delle maggiori potenze occidentali, di cui il Generale era uno dei principali referenti nell’area.
Il massacro del popolo est-timorese è avvenuto nell’indifferenza della comunità internazionale.  Nel 1989 si arrivò a stipulare un accordo tra Indonesia e  Australia per lo  sfruttamento del petrolio presente nello stretto di mare tra Australia e Timor Est, nonostante nessuno nel mondo, tranne che il governo di Canberra, riconoscesse il mio paese come facente parte dello stato indonesiano. Per ridurre al silenzio e cancellare l’aspirazione del nostro popolo è stato applicato un sistematico  utilizzo della violenza nelle sue accezioni più crude come la deportazione, il massacro di civili indifesi, l’uso della tortura  e le campagne di sterilizzazione di massa.

Quella che doveva essere una semplice “Blitzkrieg” si era trasformata in una guerra senza fine,  in cui soldati dell’esercito indonesiano hanno compiuto un olocausto.
L’invasione del mio paese è terminata con il referendum del 1999. A seguito della crisi economica cha stava stritolando l’Indonesia, le Nazioni Unite organizzarono la consultazione popolare per ripristinare la legalità internazionale nella ex colonia portoghese.
Vale la pena ricordare il clima in cui si svolse. Il garante della sicurezza, ovvero la polizia militare indonesiana, chiuse non un occhio ma tutti e due di fronte dinanzi all’imperversare  delle milizie integrazioniste.
Nonostante tutto, il popolo di Timor est votò e scelse l’indipendenza. L’esercito indonesiano abbandonò il paese, lasciandosi alle spalle soltanto macerie.
        
Il dittatore indonesiano era stato costretto alle dimissioni alcuni mesi prima della consultazione del 1999. Sebbene sarebbe stato giusto avviare una Norimberga per i responsabili indonesiani, l’unico processo in  cui il Generale doveva comparire come imputato, lo accusava di corruzione.    
        
Nel suo caso sarebbe stato giusto interrogarsi, esattamente come fece il mondo dopo il 27 gennaio del 1945. Sarebbe stato giusto riflettere su quanto è accaduto, per consegnarlo alla storia come evento da cui prendere le distanze.
Ma questo per Timor est, per gli indonesiani, per Aceh e per la gente di Irian Jaya che ancora lotta per la libertà, non accadrà per una serie di motivi, tra i quali la situazione attuale di Timor Est. 
        
Dopo la conquista dell’autodeterminazione la pace continua a latitare.
Nel 2006, il governo presieduto da Mari Alkatiri è caduto di fronte all’accusa che il primo Ministro avesse armato delle milizie paramilitari per uccidere i membri dell’opposizione. Nel frattempo il maggiore Reinado, ufficiale della polizia militare diserta, attaccando i suoi ex commilitoni e dandosi alla macchia.
L’allora Presidente della Repubblica Jose Alexandre Gusmao alias Kay Rala Xanana intima al capo del governo di abbandonare l’incarico in quanto di fronte alle accuse rivoltegli da un programma televisivo australiano: “Four Corners”  è venuta meno la fiducia.
Per evitare che la situazione precipiti, Alkatiri si dimette accettando l’intervento delle truppe australiane per riportare la calma nel paese.
Si indicono nuove elezioni. Xanana si candida a guidare l’esecutivo mentre il Premio Nobel Ramos Horta contende al massimo dirigente del FRETILIN Lu Olo l’incarico di Presidente.
Ramos Horta, diventa nel 2007, il terzo capo di stato, vincendo il ballottaggio  con il presidente del partito che ha guidato la lotta di liberazione.
Pochi mesi dopo. Horta conferisce l’incarico per formare un nuovo governo a Xanana Gusmao nonostante il partito di maggioranza relativa, dopo le elezioni, resti ancora il Fronte di Liberazione di Timor Est (FRETILIN).
L’esecutivo in carica accorpa partiti che sono espressione dei settori legati alle milizie filo-indonesiane, alla parte più reazionaria della chiesa cattolica e dagli scissionisti  usciti sconfitti dall’ultimo congresso del “Fronte”. Il collante di questa maggioranza parlamentare è impedire la continuazione del governo del paese al Fretilin.
Obbiettivo raggiunto. Siamo all’opposizione, ma la situazione nel paese stenta a decollare verso il miglioramento.
Nei giorni scorsi il maggiore Reinado, attraverso un video su youtube,  ha accusato l’attuale premier di essere l’ispiratore degli eventi che portarono alle  dimissioni Alkatiri.
 
Alle imbarazzanti accuse, tutte da provare, il capo del governo ha risposto minacciando di eliminare la libertà di stampa e arrestare i giornalisti scomodi.
Spero sia solo una caduta di stile dovuta al momento difficile. Certo Mari Alkatiri si è sottoposto al giudizio del tribunale risultando totalmente estraneo alle accuse rivoltegli e attende ancora le scuse della redazione del programma televisivo che lo aveva messo alla gogna. Ma per Xanana Gusmao un eccezione si può fare…

Il nostro Presidente della Repubblica è stato in visita in Vaticano nei giorni scorsi, mentre la salute del  dittatore Suharto si affievoliva irreversibilmente e si è premurato di esortarci a pregare e perdonare.  
Intanto il portavoce del Primo Ministro ha assicurato la presenza ai funerali di Suharto del nostro capo di governo per, traduco testualmente: “rendere onore ad un uomo che tanto ha fatto per Timor Est”.
Sgomento, mi auspico una smentita o, al peggio, spero di fare pubblica ammenda per aver mal interpretato quanto diffuso dall’ufficio stampa del responsabile dell’esecutivo.
In questi giorni ho aiutato mia figlia nella raccolta di materiale sulla vergogna delle persecuzioni compiute dal nazismo sul popolo ebraico. Ho raccontato della visita di Willy Brandt al ghetto di Varsavia e del gesto che fece per accollarsi colpe che personalmente non aveva. Forse viviamo in un epoca troppo arida per sperare che qualcuno possa ripetere un atto di quella portata ma è fondamentale continuare a ricordare i nostri morti. Fondamentale testimoniare che non esiste un contesto nel quale la barbarie come un genocidio  possa essere giustificato.   
        
E’ stato uno strano gioco del destino a far si che uno dei peggiori criminali della storia contemporanea sia scomparso in un giorno in cui il mondo si sia fermato per riflettere e prendere le distanze da quello che uomini come Hitler e Suharto sono stati capaci di fare.
Il problema è capire perché, nonostante il mondo abbia preso una posizione inequivocabile con la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, fenomeni aberranti come un olocausto o la xenofobia continuano a ripetersi.

Sapete che giorno era quando il cancelliere Willy Brandt si inginocchiò  presso il monumento dedicato agli eroi del ghetto di Varsavia? Era il sette dicembre del 1970; lo stesso giorno, cinque anni dopo, iniziava il genocidio del popolo di Timor est.

Suharto non avrebbe mai pensato di inginocchiarsi, così come non lo pensano coloro che di lui si sono serviti. Fino a quando uomini come il dittatore scomparso godranno di impunità e appoggi internazionali, si offenderà la memoria delle vittime che ricordiamo il 27 gennaio di ogni anno.

Aiutate il popolo di Timor Est a difendere la propria memoria perché. come ha detto Primo Levi, “un popolo che dimentica il proprio passato è destinato riviverlo”.

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