di Beppe Marasso.
In questa stagione in cui finisce la produzione dei porri seminati e trapiantati l’anno scorso, ho ripreso in mano il carteggio tra Gandhi e sorella Maria dell’eremo di Campello sul Clitunno.
I tratti essenziali di quella ”amicizia senza confini” sono la preghiera, la fedeltà, la vita semplice ed il lavoro manuale. Da quelle due luci mi viene un accrescimento di vita che, nella gioia, mi ha accostato a Cici, un ortolano più anziano di me e molto più esperto. Lui mi comunica una professionalità di altissimo valore, io cerco di ricambiare offrendo ogni tanto qualche ora di lavoro che finora è consistita prevalentemente nella raccolta dei porri ...
Cici ha una produzione che è valutabile in alcune decine di tonnellate. Per tale quantità non è immaginabile l’estrazione dei porri uno per uno. Ci si avvale perciò di un trattore che tira un aratro di cui si utilizza essenzialmente il coltro, cioè la lama che taglia verticalmente il terreno. Un eventuale secondo passaggio della macchina munita di vomere (una lama) taglia orizzontalmente il terreno subito sotto le radici. A questo punto col terreno così doppiamente smosso l’estrazione dei porri avviene con celerità e senza fatica, ma non senza lo scarto di quei porri che toccati da una delle due lame vengono perciò mozzati.
A questo scarto si aggiunge quello dovuto alla dimensione poiché i troppo piccoli, pur essendo più buoni, non sono accettati. Infine vi è lo scarto, fortunatamente non strutturale, dovuto all’esondazione del Tanaro del 25 novembre scorso. La massa d’acqua è stata tale che ha piegato i porri. Alcuni di questi pur sviluppati sono rimasti storti. Quelli molto storti non sono vendibili, perché la loro conformazione anomala ostacola il confezionamento dei potenti e precisi fasci con cui vengono consegnati ai grossisti.
Non ho fatto nessuna verifica ma, stimando a occhio, su 100 quintali, penso che quasi 10 vengano scartati.
Scrivo queste poche righe perché mi è dolce sentirmi unito a voi anche nella trasparenza sul dove arrivano i porri che condividiamo.
Questa micro esperienza alimenta un poco l’economia del dono e della reciprocità a cui mi sento molto legato e mi rende più attento e riconoscente verso le parole sullo scarto di papa Francesco.