Liberiamoci dai confini dell'economia




di Andrea Saroldi.


I parchi degli ex Ospedali Psichiatrici si assomigliano un po’ tutti, viali alberati e file di casette, a Collegno come a Trieste; ma qui risiede un genio del luogo molto particolare: Marco Cavallo, il cavallo azzurro di legno e cartapesta, simbolo di liberazione dai confini. Nel 1973, quando il direttore del manicomio Franco Basaglia ha deciso di aprirne i cancelli, la città ha accolto con una festa i pazienti che uscivano per la prima volta da quel luogo di segregazione, seguendo in un corteo trionfale Marco Cavallo, loro compagno di animazione teatrale ...


Marco Cavallo qui è piuttosto noto, tanto da essersi meritato una statua in ferro e da essere stato scelto come simbolo per l’incontro nazionale, che quest’anno è stato preceduto da una scuola estiva su orizzonti e concetti per l’economia solidale denominata “I dialoghi di San Giovanni”.

La scuola è stata aperta dalla lezione di Roberto Mancini, invitato in quanto ha da poco pubblicato il libro “Trasformare l’economia”, in cui tra l’altro confronta alcuni modelli praticati di economia alternativa per proporre una loro convergenza attiva. È stato questo il primo degli sconfinamenti che danno il titolo all’incontro di quest’anno, l’avvio da parte del mondo dell’economia solidale di una apertura verso altre forme di economia alternativa tramite la collaborazione su progetti concreti, come nel caso del progetto comune in campo assicurativo che vede coinvolti diversi soggetti che hanno da poco fondato l’associazione “verso la mutua di assicurazione, bene comune”. D’altronde, Trieste conosce bene cosa vuol dire essere schiacciata dai confini e il desiderio di liberazione che abbiamo sentito, ad esempio, alla sera nelle danze e musiche balcaniche.

La scuola, con settantacinque partecipanti da tutta Italia tra cui diversi giovani con le loro domande pungenti, dopo i confronti sugli strumenti dell’economia solidale e sulla transizione, si è conclusa venerdì sera con la lezione di Euclides Mance, filosofo brasiliano, che è stato una presenza costante durante questi giorni a Trieste e un riferimento per le reti di economia solidale. L’avvio in Italia di questo percorso nel 2002 deve molto alla sua “Rivoluzione delle reti”, ed anche oggi ascoltarlo dà una grande soddisfazione per come è in grado di mostrare concretamente come siamo inseriti in un processo storico di trasformazione globale e quanto la strategia delle reti di collaborazione solidale come strumento per il benvivere possa contribuire a sostenere questa transizione.

Euclides propone una visione strategica che parte dalla analisi dei flussi che modellano la nostra vita e le strutture sociali per orientarli al fine di avviare processi che si autosostengono, liberando le forze produttive e creando sistemi di scambio in cui reinvestire le eccedenze. In questo modo è possibile costruire alternative pilotate dalle comunità che orientano i flussi e le forme sociali per soddisfare le loro necessità: potrebbero sembrare discorsi astratti fino a quando Euclides o gli altri partecipanti all’incontro non ti raccontano concretamente come nelle sue varie forme questa strategia di liberazione stia funzionando nei cinque continenti. Dal Brasile, dove l’economia solidale vale il 3 per cento del prodotto interno lordo, al Messico, fino alla Grecia passando per la Germania secondo quanto abbiamo potuto sentire ai colloqui internazionali del sabato. Mentre Yannis Barkas dell’organizzazione Solidarity 4 All di Atene ci ha raccontato di come l’economia solidale si stia diffondendo attraverso diverse esperienze, soprattutto tra i giovani, dove fino a pochissimi anni fa era sconosciuta, Gunter Kramp ha descritto l’esperienza tedesca So.La.Wi. (Solidarische Landwirtschaft – Agricoltura Solidale) avviata nel 1988 su ispirazione della Community Supported Agriculture (Csa).

A Marburg a partire dal 2012 hanno organizzato la produzione di frutta e verdura secondo un sistema gestito dalla comunità che si sottrae alle logiche del mercato capitalista e non ha bisogno di ricorrere a finanziamenti esterni. Il meccanismo comunitario consente una solidarietà tra tutti i membri: dalla definizione del bisogno (pianificazione delle semine), alla ripartizione del lavoro (banca ore) alla partecipazione (differenziata e solidale) ai costi del raccolto al momento del rendiconto annuale; oggi esistono in Germania 75 di queste comunità di acquisto e altre 100 stanno per partire.

In tutto il mondo di fronte al mercato capitalista che si ritira in seguito alla concentrazione dei capitali tra le mani di pochi esistono due schemi di risposte: quello competitivo abituale che ripropone il tiro alla fune impersonale tra domanda e offerta, e quello più difficile ma molto più efficace nel soddisfare i bisogni che cerca le strade per uscirne insieme; in questi incontri mi rendo sempre più conto di quanto la storia dell’umanità stia sperimentando entrambi gli schemi, e quindi la direzione che seguiremo di fronte ai prossimi cambiamenti sia ancora indeterminata.

Insomma, il sogno della costruzioni di reti di collaborazione per il benvivere non solo continua a scaldare, ma muove una quantità crescente di persone e organizzazioni in un processo storico su scala mondiale; anche la costituzione dell’Ecuador riconosce e appoggia l’economia solidale come strumento per la sovranità alimentare ed il benvivere. Sta a noi avere la forza di tenere il passo per evitare di essere risucchiati dalle forme della vecchia economia, quella dell’era dei (combustibili) fossili.

Questo confronto con la storia e con le altre parti del mondo era il secondo degli sconfinamenti proposti in questo incontro nazionale, che ci ha portato tra le altre cose al confronto con i politici locali tra cui alcuni sindaci, il consigliere regionale primo firmatario di una legge regionale sull’economia solidale ora in discussione e la governatrice del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani.

L’immersione all’interno della fiera Bioest tra le vie del parco con 10mila visitatori e 170 stand tra produttori e associazioni ha inoltre consentito gli incontri nelle diverse aree in cui era organizzata la fiera: alimentazione, abitare, vestire, buen-vivir, servizi, distretti. La presenza dei produttori tutto intorno ci ricorda la necessità di agganciare le nostre riflessioni alla trasformazione dei circuiti di scambio in cui siamo inseriti; è un metro impegnativo, ma potremo misurare lo sviluppo delle nostre reti dai volumi degli scambi che muovono o spostano. Si tratta di operazioni complesse, da coordinare tra tutti gli attori coinvolti lungo la filiera, che non si risolvono in qualche giorno di scuola o di incontro.

La proposta di Ines è però stata quella di considerare i patti di filiera come uno strumento essenziale per indirizzare i flussi sotto il controllo della comunità. In questo senso, sulla filiera dell’energia, abbiamo assistito alla firma del patto fiduciario tra CO-energia ed ènostra per promuovere una filiera partecipata dell’energia elettrica da fonti rinnovabili. Abbiamo anche visto porre le basi per la costituzione di un fondo di solidarietà nazionale con il coinvolgimento dei produttori ed i primi passi del gruppo tematico nazionale sulle monete complementari.

Continuano poi le collaborazioni con i vari soggetti dell’economia solidale, come testimoniato dai colloqui della domenica mattina su diversi temi, dalla vicinanza alla situazione critica delle Mag in cui il riconoscimento da parte del governo corrisponde ad una fortissima limitazione della loro operatività, dalla collaborazione con i soggetti del commercio equo e solidale all’interno della Fair Trade Week a Milano e con le organizzazioni internazionali della società civile che si occupano di cibo con la partecipazione ad Expo dei Popoli la settimana successiva.

Infine, il terzo sconfinamento sperimentato durante l’incontro, è stato quello verso le situazioni di fragilità, rese ancora più difficili dalla progressiva ritirata dello stato sociale, qui presenti nei volti degli utenti psichiatrici che si aggirano per il parco. La loro irruzione nella sessione dedicata al confronto con le istituzioni, con dieci minuti di abbracci regalati a politici e cittadini, ben rappresenta la necessità di trovare soluzioni al di fuori degli schemi che possano funzionare per tutti.

Rientrando a casa, sono sempre più convinto dell’utilità degli strumenti di analisi della geometria euclidea (flussi e reti) per studiare le forme dell’organizzazione sociale, e della potenza del postulato di Euclides, che teorizza le reti di collaborazione solidale come strumenti per il benvivere, nel disegnare i riferimenti dello spazio in cui ci muoviamo per la stipula di patti in grado di orientare i flussi e nella costruzione di comunità capaci di futuro in grado di dare ai patti un significato.

Tutto questo ci insegna Marco Cavallo, simbolo di libertà: la necessità di rischiare varcando i confini e accogliendo chi se ne libera, la volontà di democratizzare l’economia per piegarla ai bisogni delle comunità che abitano i luoghi, la necessità di coinvolgere i cittadini in questa festa di liberazione. Da qui passa la storia dell’umanità, roba da pazzi!

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