di Paolo Cacciari.
In una delle cascine in cui Bertolucci girò Novecento, a Calvatone, tra Mantova e Cremona, dal 1978 lavora una delle primissime cooperative agricole biologiche: Iris (fornitore del Gruppo di Acquisto Solidale di Asti, ndr). Da allora, quei giovani pionieri visionari, ispirati dall’ecologista libertario Murray Bookchin, di strada ne hanno fatta molta. Passo dopo passo, mettendo a punto pratiche di coltivazione tradizionali, recuperando sementi antiche, moltiplicando le varietà di cereali, legumi e ortaggi, allargando i contatti e le collaborazioni con altri contadini, sono oggi diventati un marchio affermato e ricercato dai Gruppi di acquisto solidale e dalle botteghe del biologico di tutta Italia ...
Ma il salto di paradigma lo hanno compiuto dieci anni fa quando hanno deciso di rilevare un pastificio nella vicina Piadena. Per la prima volta nella storia economica, dei contadini salvano posti di lavoro industriali e si riappropriano della intera filiera produttiva. Ma non basta ancora. La struttura del pastificio ha la necessità di essere adattata alle più raffinate esigenze bioarchitettoniche e bioproduttive. Via il cemento, largo al legno, ad un parco di venti mila metri quadrati con sale didattiche, ristori e persino una scuola materna. I trenta soci lavoratori di Iris hanno bisogno di presentare al mondo il loro progetto da venti milioni di euro senza passare per le forche caudine delle banche. Per farlo creano una Fondazione patrimoniale e avviano una campagna di adesioni alla cooperativa come soci finanziatori. In due anni hanno già raccolto 340 nuovi soci che sottoscrivono azioni mutualistiche da mille euro cadauna che danno diritto a 5 o 7 euro di prodotti Iris e ad una remunerazione di 1 o 2 per cento lordo più il dividendo annuale.
Meticolosi accorgimenti giuridici impediscono l’accumulo di quote, la “scalabilità” della cooperativa oppure la sua trasformazione. Il cuore di Iris è l’assemblea dei soci. Il consiglio d’amministrazione è solo l’esecutore delle scelte. Maurizio Gritta è il presidente-garante e pensa che gli strumenti del lavoro debbano essere intesi come un bene collettivo comune, cioè autogestiti in forma mutualistica. Il capitale di Iris è nelle relazioni personali che si instaurano tra i soci e i loro affezionati co-produttori e co-finanziatori.
Lo scopo di Iris non è vendere di più, ma diffondere le pratiche di agricoltura biologica. Il primo prodotto della Fondazione Iris è un libro che si intitola: "Prevenzione primaria. Come non mettere a rischio la salute del bambino".
Tratto da: http://comune-info.net/2015/06/iris-non-vende-diffonde-pratiche-di-agricoltura-bio/