di Ignazio Silone.
La notizia delle panetterie mi ha stranamente colpito. Un fatto così importante mi riesce nuovo. Sono le rivoluzioni serie, penso, quelle di cui i giornali non si occupano.
Ricordo il tempo in cui molti studenti abruzzesi, residenti a Roma o a Napoli, ricevevano periodicamente il pane dalla famiglia. Non che fosse di una qualità eccelsa o che in città non se ne trovasse di equivalente; ma era il pane di casa ...
Quando visitai l’ultima volta mia nonna per dirle che ero costretto ad espatriare, la povera vecchia accolse la notizia con indicibile tristezza; la sua età avanzata rendeva probabile che non ci saremmo più rivisti.
Ma la sua preoccupazione era un’altra.
“Chi ti farà il pane?” mi chiese.
“Non è questa la difficoltà, – risposi – pane se ne trova dovunque”.
Dopo una pausa penosa ella ripetè: “Ti ho chiesto chi te lo farà”.
“Non lo so, – risposi – come faccio a saperlo in anticipo? Lo pagherò per quel che costa”.
“Povero figlio mio, – ella concluse con infinita compassione, – mangerai pane comprato”.
Questo breve articolo è stato scritto il 27 febbraio 1965 e pubblicato dal Resto del Carlino. In quei giorni alcuni paesi dell’Abruzzo rimasero isolati dalla neve e il pane venne calato dagli elicotteri, perché nessuno lo faceva più in casa, nessuno lo cuoceva più nei forni comunitari.