Ovvero cosa fa diversa una confettura contadina da una industriale, di Beppe Marasso.
Il lavoro svolto tra le pareti domestiche può essere fatto con più piacere che un lavoro svolto in uno stabilimento. La passione e la competenza di una nonna o di un nonno che producono marmellata per i propri nipotini può essere maggiore di quella di un operaio/operaia costretto/costretta a un lavoro ripetitivo. Ma questi elementi di ordine prevalentemente soggettivo non sono sufficienti a spiegare la differenza tra la “rumenta” e la squisitezza. Bisogna fare altre considerazioni. Bisogna vedere che la differenza quantitativa induce in modo oggettivo fortissime differenze qualitative che qui di seguito tento di schematizzare ...
1. Il piccolo produttore può consentire a tutta la frutta di maturare, l’industria no, perché la maturazione non avviene nello stesso giorno. Nella stessa pianta la maturazione dei frutti posti in alto può precedere di una settimana o più quella dei frutti posti in basso. Per altri frutti, ad esempio l’uva, avviene l’inverso (maturazione acropeta). Nell’industria agricola la raccolta avviene tutta nello stesso giorno perché se no vi sarebbero costi insostenibili a fare circolare nei frutteti, nei diversi giorni, personale e trattori. La raccolta avviene cioè all’inizio della maturazione dei frutti più pronti quando quelli più tardivi avrebbero ancora bisogno di altro tempo. Dunque una parte dei frutti sono ancora acerbi.
2. Il piccolo produttore utilizza frutti che stanno a pochi metri da casa; l’industria, per necessità oggettiva può utilizzare frutti che possono arrivare da pochi kilometri ma deve, necessariamente, anche utilizzare partite che arrivano da distanze che oggi possono essere di migliaia di kilometri. In questo caso tutta la frutta è stata raccolta acerba perché solo a questa condizione può sopportare lunghi trasporti.
3. La frutta realmente matura è una straordinaria calamita per vari uccelli e insetti che se ne cibano avidamente. I calabroni ad esempio se lasciati indisturbati, rodono soprattutto le pere senza modificarne la forma esterna ma lasciando solo più il torsolo e la pelle. Altri insetti che invece dell’apparato masticatorio hanno quello di tipo pungente-succhiatore producono un minore danno diretto ma uno maggiore indiretto perché successivamente, dal foro di suzione, possono installarsi vari tipi di muffe. Si riduce questo danno (si riduce, non elimina) sia frazionando la raccolta in più passaggi, sia mondando i frutti che pur attaccati non vanno buttati. I calabroni non sono fessi: se rodono una mela è solo e sempre perché è ottima. La frutta in vario modo danneggiata, ma normalmente più buona, per evidenti ragioni non può essere presa in considerazione dall’industria alimentare.
4. Il frutteto del piccolo produttore oltre che essere vicino a casa, è fatto da qualche decina di piante di diversi frutti, sovente innestate su franco, di ecotipi locali (qui a Neive, ad esempio, di pere Madernassa, pesche di vigna…) ed eventualmente concimato con letame. Il frutteto industriale è fatto da migliaia di piante dello stesso tipo, sempre su innesto nanificante, della stessa varietà, concimato chimicamente e a volte anche diserbato chimicamente. Il mio frutteto mi dà frutti da giugno (ciliegie, albicocche) a novembre (cachi) e se c’è un’avversità atmosferica o fitopatologica questa colpisce alcuni frutti ma non tutti e dunque è più tollerabile. Nel frutteto industriale si ha contemporaneamente la condizione di massima vulnerabilità e di massima intollerabilità agli attacchi fitopatologici. Mi spiego con un esempio. Se la ticchiolatura, in rapporto a particolari vicende atmosferiche, colpisce fino ad azzerare la produzione del mio melo Gala Rossa che è la varietà più esposta, mi dispiace ma pazienza. Se invece io avessi un frutteto di 10.000 Gala Rossa avrei una rapida diffusione della ticchiolatura da una a tutte le altre piante e perciò anche il disastro economico. Questo spiega perché progressivamente si sia arrivati sino a 18 trattamenti antiparassitari all’anno. Non c’è nessuno che si diverte a dare veleni. Cattiva non è la singola persona ma la struttura produttiva che abbiamo tutti costruito. Dico tutti perché vi partecipano anche i consumatori con la loro pretesa di prezzi alimentari sempre più bassi.
5. Finché vige la cultura che misura il progresso con la diminuzione della popolazione agricola, la bassa qualità degli alimenti è inevitabile. In Italia siamo stati bravissimi. Dal 45% di addetti all’agricoltura siamo passati al 4,5%. In Usa sono già arrivati al 3%. Tre persone devono produrre gli alimenti per se stessi e per gli altri 97. In queste condizioni necessariamente l’agricoltura è connotata da totale dipendenza energetica e da onnipresenza di veleni (diserbanti, disseccanti, insetticidi, anticrittogamici ecc…).
Perciò rivolgo ai giovani un appello affinché vengano a lavorare la terra.
Nel frattempo, tornando alla marmellata, spero di aver reso comprensibile perché quella industriale ha bisogno di zucchero, (dal 35% in su del suo peso), di coloranti, di conservanti ecc. mentre la marmellata contadina fa totalmente a meno di questi ultimi e utilizza meno della metà degli zuccheri. Considerazioni analoghe possono essere fatte per i cavoli e per ogni altro tipo di alimenti.
Rimango, con piacere a disposizione, nei limiti della mia competenza, per eventuali ulteriori informazioni.
Beppe Marasso, nonno, contadino, laureato in scienze agrarie.