Il taglio degli alberi è una questione di salute. Anche in punta di diritto

di Martina Ferlisi e Luca Rondi.

A maggio il Tribunale di Torino ha fermato l’abbattimento di 240 piante perché avrebbe danneggiato in modo diretto i cittadini. Virginia Cuffaro, l’avvocata che ha promosso la causa, spiega l’importanza di questo precedente...

Da Lecce a Torino, da Bologna fino a Pordenone: si diffondono sempre di più le proteste contro i progetti di taglio del verde pubblico promossi da diverse amministrazioni comunali in tutta Italia. Ogni vicenda è particolare e diversa dalle altre ma è comune la difficoltà da parte di comitati e attivisti di trovare strumenti efficaci per provare a fermare gli abbattimenti laddove siano sommari e non giustificati da problematiche relative alla sicurezza.

A Torino, a fine maggio di quest’anno un gruppo di cittadini e cittadine ha però vinto il ricorso promosso contro il Comune per fermare il taglio di 240 alberi di Corso Belgio. Un piano che, secondo il giudice ordinario, ledeva il diritto alla salute dei ricorrenti e che andava ripensato. “Un precedente importante”, secondo l’avvocata Virginia Cuffaro, che ha promosso il ricorso per il comitato “Salviamo gli alberi di Corso Belgio”. L’abbiamo intervistata.

Avvocata Cuffaro, come è arrivata questa vittoria?
VC Avevamo bisogno di uno strumento che ci permettesse di chiedere al giudice di fermare subito l’abbattimento. Il rischio, altrimenti, era di avere una sentenza a nostro favore ma con gli alberi già a terra. Ho così proposto un ricorso d’urgenza che si può attivare ogni volta che un diritto della persona è messo in pericolo da un pregiudizio grave, imminente e irreparabile. In questo caso i miei assistiti rivendicavano la lesione del loro diritto alla salute e quindi ci siamo rivolti al tribunale ordinario e non amministrativo. Sembra un tecnicismo di poco conto ma non è così. Tanto che una delle prime eccezioni della controparte, il Comune di Torino, è stata quella di contestare questa lettura chiedendo che la giurisdizione fosse riconosciuta in capo al Tribunale amministrativo. A Bologna (al parco don Bosco sono stati abbattuti circa settanta alberi per far passare una linea del tram e costruire alcune nuove scuole, ndr) è successo proprio questo, mentre a Torino il giudice di primo grado ha deciso di non trasferire la competenza.

È la prima volta che in Italia viene utilizzata questa strategia?
VC Il ricorso d’urgenza è uno strumento snello e utile su tanti temi anche diversi tra loro. Per esempio, quando una persona straniera non riesce a entrare in questura per chiedere asilo. Non c’è però, a quanto ne sappia, giurisprudenza su casi simili al nostro. L’idea è che anche il taglio di un albero incide direttamente sulla salute delle persone: un collegamento (quello tra ambiente e salute) che ovviamente è stato fatto in passato ma con riferimento, soprattutto, all’inquinamento o all’esposizione a sostanze tossiche. Non invece rispetto alle attività delle amministrazioni sul verde urbano. Un paradosso.

Perché?
VC Lavorando sul caso di Corso Belgio abbiamo analizzato la lettura scientifica esistente che è consistente e corposa. Molto di più di quella disponibile su tante altre questioni ambientali attuali. E anche questo, a mio avviso, potrebbe aver portato il giudice a decidere positivamente sulla solidità del caso.

Perché secondo lei questa sentenza potrebbe essere un precedente importante?
VC Per diversi motivi. Il giudice ha basato le sue valutazioni su una consulenza tecnica d’ufficio molto corposa. Sono state fatte analisi dettagliate, utilizzati software e metodi di calcolo complessi che si sono rivelati molto utili per avere una lettura il più completa possibile dell’oggetto del ricorso e della sua problematicità o meno. E poi può essere un precedente importante anche perché, appunto, fa uscire dal mondo scientifico la consistente letteratura facendole assumere una rilevanza anche giuridica.

Quali sono i limiti giuridici che rendono complesso riconoscere le istanze promosse da comitati e attivisti di fronte ai giudici riguardanti, ad esempio, l’abbattimento degli alberi?
VC La tutela del diritto all’ambiente come diritto a sé stante purtroppo trova ancora poco spazio nelle corti di merito; è ancora necessario un collegamento con altri diritti fondamentali della persona. Questo è un problema perché, ad esempio, se si volesse tutelare un bosco fuori dalla città non si potrebbe utilizzare lo strumento del ricorso d’urgenza perché sarebbe complesso dimostrare il collegamento tra i danni a tale bosco e la salute delle persone. Ad esempio: sappiamo tutti quanto sono frequenti i colpi di calore, il fatto che l’aumento della temperatura è costante e che gli alberi fanno da scudo. Ma questi aspetti, ad oggi, vanno collegati in aula con gli effetti sulla salute delle persone per rivendicare un diritto soggettivo.
La normativa purtroppo è lacunosa.

Dal novembre 2021 la tutela dell’ambiente è espressamente richiamata in Costituzione. Che cosa comporta?
VC Nel ricorso ho citato quell’articolo, provando a ipotizzare un’applicazione diretta di quel principio, su cui però c’è ancora pochissima giurisprudenza. A mio avviso serve insistere su questa strada perché tra i danni che una persona può subire a causa della condotta altrui (economici, patrimoniali, non patrimoniali, morali) c’è il cosiddetto danno da responsabilità aquiliana. Semplificando al massimo: ognuno di noi può ottenere un risarcimento ogni volta che chiunque, con un comportamento illegittimo, causa una violazione di un suo diritto fondamentale. Tra cui sarebbe importante far rientrare quella tutela dell’ambiente sancita dall’articolo 9. Ci vorrà tempo, tanti ricorsi e battute d’arresto ma credo sia un filone decisivo da seguire.

Pensa che le aule dei tribunali siano le giuste sedi per discutere delle tematiche ambientali?
VC Personalmente credo nell’attivismo, nei movimenti dal basso che chiedono conto alle amministrazioni o alle grandi imprese del loro operato. Certo è che quella dei tribunali è l’unica via che porta a un provvedimento vincolante, e se non viene rispettato ci sono precise conseguenze. L’ente pubblico (o comunque il soggetto che causa un danno all’ambiente) si trova a dover fornire spiegazioni puntuali, a dimostrare la correttezza della propria condotta, ad affrontare il rischio di avere una perdita economica, e così via. Per questo motivo credo che questo strumento sia da utilizzare per decostruire, pezzo dopo pezzo, il problema di fatto che, in generale sta nella scarsa attenzione al tema ambientale da parte delle amministrazioni e di molte grandi imprese. Certo è che comporta rischi e non sempre è possibile.

Per quale ragione?
VC Perché costa e il rischio di rigetto così come di condanna alle spese è molto alto. Fare queste cause, soprattutto quelle civili e amministrative, richiede uno sforzo economico non da poco. Quindi è complicato: nel caso di Corso Belgio i miei assistiti hanno rischiato da questo punto di vista. E poi, soprattutto, lo squilibrio di potere è molto forte: un ente pubblico ha molte meno remore ad andare avanti nella causa anche per una questione prettamente economica: ha una maggiore disponibilità. Le spese legali che il Comune di Torino è stato condannato a pagare non l’hanno fatto desistere dal presentare un reclamo. A inizio agosto il Tribunale ha effettivamente modificato la prima sentenza compensando le spese processuali tra i ricorrenti, confermando però quanto deciso in primo grado. A Bologna, per esempio, quando il comitato per la difesa del parco don Bosco si è visto rigettare il ricorso si è interrogato seriamente sull’eventualità di presentare un reclamo: è molto probabile che una delle questioni sul tavolo sia stata quella relativa ai costi che ciò avrebbe comportato.

Il comitato “Salviamo gli alberi di Corso Belgio” ha raccolto più di 13mila firme tramite l’appello che chiedeva di fermare il taglio degli alberi. Che idea si è fatta del movimento che si è generato intorno a questo aspetto?
VC Le firme sono state tante anche se le persone più attive erano circa una quarantina. Hanno stabilito un presidio permanente giorno e notte su Corso Belgio, fino a quando il freddo invernale non le ha fermate e in molti si sono detti disponibili a contribuire alle spese legali. Questo mi fa riflettere. Si sono impegnate tante persone di idee politiche ed estrazione sociale diverse tra loro e questo dimostra che il problema ambientale è più sentito di quanto pensiamo, soprattutto quando tocca aspetti della vita quotidiana di ognuno e ognuna. E oggi accade sempre di più. Per questo è importante affinare gli strumenti a disposizione di cittadini e cittadine per far sì che le loro istanze siano prese in considerazione e ascoltate.

Tratto da: https://altreconomia.it/il-taglio-degli-alberi-e-una-questione-di-salute-anche-in-punta-di-diritto/

 

Aggiungi commento

Invia
Altritasti Periodico on line dell'Associazione di Promozione Sociale Altritasti - via Carducci 22 - 14100 Asti - C.F. 92060280051
Registrazione: Tribunale di Asti n. 7/2011 del 28.10.2011 - Direttore Responsabile: Alessandro Mortarino