di Alessandro Mortarino.
Lo scorso 7 gennaio un cinghiale trovato morto tra i boschi di Ovada è risultato positivo alla peste suina africana (PSA), malattia virale che colpisce suini domestici e cinghiali selvatici, altamente contagiosa e spesso letale per gli animali ma non trasmissibile agli esseri umani. Il 13 gennaio i ministri Speranza (Sanità) e Patuanelli (Agricoltura) firmano un'ordinanza per cercare di frenare l'epidemia: in 114 comuni (78 in Piemonte nella sola provincia di Alessandria e 36 in Liguria) per i prossimi sei mesi non si potrà fare trekking, andare in mountain bike, raccogliere funghi e tartufi, pescare, cacciare. Un (altro) disastro...
La zona interdetta comprende l'acquese, Sassello, Albisola e Varazze, Gavi e Busalla - tanto per citare qualche comune - ed è evidente e intuitiva la portata di una "mazzata" per luoghi che vivono di accoglienza e turismo e che ora, di punto in bianco, si trovano a dover impedire ai loro graditi ospiti di muoversi liberamente tra sentieri e boschi. Ma evidenti e intuitive sono anche le privazioni per gli abitanti di un vasto territorio a cui viene vietato di godersi qualche sana "sorsata" di natura.
L'area, già ampia, è facilmente ipotizzabile subisca ulteriori allargamenti dato che i cinghiali hanno la tendenza a disperdersi oltre un perimetro medio superiore ai 5 km (con punte eccezionali fino a 250 km, registrate occasionalmente in Polonia).
Al momento non esiste un vaccino o una cura per la peste suina africana e, dunque, l'unica arma individuata per contenere il contagio è la prevenzione.
Tutti i camminatori si domandano perchè il divieto di frequentare sentieri e boschi sia stato esteso anche a loro, agli amanti del trekking. Se, infatti, è comprensibile che sia necessario non spaventare i cinghiali selvatici per evitare che si allontanino sempre più e amplino la zona-focolaio, ci si domanda che genere di rumore e di fastidio possa provocare il passaggio di camminatori e si propone di non generalizzare il divieto ma, semmai, di limitarlo a gruppi ristretti di "massimo X persone".
Nell'ordinanza i ministeri affermano che la malattia è trasmissibile «attraverso le movimentazioni di animali, persone, veicoli e materiali contaminati, fra cui rifiuti di cucina, scarpe o vestiti, attrezzi zootecnici e altro» e questo equivale ad un pieno ed ennesimo lockdown.
Solo che il virus e la malattia non sono gli stessi che abbiamo tragicamente imparato a conoscere negli ultimi due anni e non riguardano direttamente la salute dell'uomo (nel senso di "vita o morte").
La scelta di interdire le escursioni per sei mesi ha radici fortemente economicistiche - tanto per cambiare - poiché pare voler sacrificare la risorsa territoriale per favorire la protezione della filiera della carne suina, voce di rilievo del nostro PIL nazionale. Ma il territorio è composto (anche) di esseri umani, che così dovranno sottoporsi al digiuno totale dal frequentare i propri spazi naturali: quante depressioni causerà alla popolazione locale? E quanta Co2 in più verrà prodotta dai loro spostamenti in auto verso altre zone ancora non neglette?
Il 15 gennaio era il giorno del mio compleanno; cadeva di sabato e le previsioni meteo indicavano temperature profondamente al di sopra delle medie abituali e sole pieno: giornata ideale per una lunga camminata "vista mare" attorno al monte Bignone, sella che osserva dall'alto Albenga e Alassio e occhieggia la Gallinara.
Durante l'erta salita, Marisa e io abbiamo incrociato una squadra di cacciatori: «cinghiali?», domando curioso.
«Sì, qualcuno lo abbiamo preso».
«Ma qui non avete problemi? Da noi in Piemonte è tutto un divieto, per chi cammina come noi e per chi caccia, come voi».
«No, abbiamo chiesto all'ASL e per ora siamo autorizzati. Speriamo in bene...».
Dall'alto osservo una lunga serie di condomini anni sessanta a ridosso della spiaggia e mi domando per quanti anni resisteranno alle maree che i cambiamenti climatici, prima o poi, si alzeranno anche lungo le coste liguri. La temperatura è di 17 gradi, come se fossimo già a fine Aprile. Un campo coltivato a carciofi ha già l'impianto di irrigazione attivato.
Tornando a casa i notiziari salmodiano la quotidiana litania di nuovi contagiati e decessi causati da "quell'altro virus". E poi i vaccini, i rimedi al danno. Non i comportamenti, non lo sguardo fisso di una società che insegue il benessere economico ma non tutela quello sanitario nè, tanto meno, ambientale.
Mentre i prossimi progetti del PNRR iniziano a far smaniare chi vorrebbe aggiudicarsi una fetta di torta e di denari - tanti - che dovrebbero finanziare il cambiamento strutturale di una società e che, invece, utilizzeremo per aggiungere accessori superflui al corpo sempre più malato dei nostri contesti.
Virus. Tutti.
Che si combattono rispondendo a domande.
Domande da porci (e da altri animali...).