Non si tratta semplicemente di fermare la ormai “famosa” Variante 19 del Comune di Asti, ma di mettere in atto un processo di riappropriazione della materia urbanistica da parte dei cittadini e delle loro associazioni. Un esercizio di democrazia partecipata, che dovrebbe attraversare i tradizionali luoghi della politica e le vicende che hanno ridotto la politica urbanistica ad amministrazione dell'esistente per conto della lobby dei costruttori …
Le azioni annunciate dai partecipanti all'assemblea cittadina del movimento “Stop al consumo del territorio” avranno questo senso e in questo senso sono l'annuncio di un agire di persone singole, senza deleghe o rappresentanze di sorta, responsabilmente unite nel proposito di sottrarre il territorio della città a chi persegue interessi esclusivamente mercantili.
Perché gli esiti ambientali e sociali di un tale modo di procedere, oscurando l'interesse pubblico e con l'idea che il territorio fosse una risorsa infinita e all'infinito manipolabile, cominciano a mostrare il loro aspetto negativo, il loro costo insostenibile. E non è detto che non sia già troppo tardi.
Sintetizzando ciò che si osserva su tutto il territorio nazionale: case e terrapieni che crollano al primo acquazzone, cementificazione così estesa da alterare gli equilibri del suolo, negazione del diritto all'abitare per una parte non trascurabile della popolazione, un mercato immobiliare strumento delle più spregiudicate operazioni finanziarie, tutto l'insieme degli eventi intrecciati dalla stessa irresponsabilità sociale e dallo spirito più animale del mercato.
La variante 19 è il distillato di questo modo di procedere. Un uso furbesco dei vincoli del PRG in fatto di capacità insediativa e dotazione di terreni a standard per consentire, evitando ostacoli formali, una pura e semplice compravendita di volumetrie edificabili. Un atto amministrativo necessitato dalla incapacità, o mancanza di volontà politica, di agire una politica urbanistica degna di questo nome. La variante 19 è il distillato di un metodico e ventennale smantellamento di ogni regola, legge e potere pubblico che affermasse in qualche modo una sovranità al di sopra del diritto di proprietà e delle libertà mercantili.
Così l'esaurimento delle aree e il loro costo altissimo, la mancanza di risorse fino all'impossibilità di rinnovare i vincoli delle aree a servizi, vale a dire gli effetti di questo estinguersi del contrasto tra iniziativa economica privata e utilità sociale (art. 41 della Costituzione), vengono ora presentati come vincoli inamovibili, le condizioni per giustificare la cosiddetta “urbanistica contrattata”.
Di che si tratta ? Sono i progetti dei Costruttori che la muovono. All'ente pubblico resta il compito di distribuire “diritti edificatori” in relazione alle necessità del bilancio o in relazione ad altro, che viene comunque dopo, trattato con discrezionalità e a valle dei progetti. Le norme del Prg sono ciò che resta della vecchia idea di programmare con finalità sociali l'uso del territorio. Un impaccio, altrimenti non si spiegherebbe il ricorso continuo a varianti. Insomma, il bandolo della matassa è nelle mani dei Costruttori, dei proprietari di aree, delle corporazioni professionali. Con buona pace dell'architetto Astengo e della sua legge (la 56/77), accolta a suo tempo come un testo di scuola, tutt'ora in vigore ma applicata violandone sistematicamente principi e finalità.
Tornando alla variante 19, svelato il suo meccanismo amministrativo, si tratta di valorizzare l'opposizione che finalmente si è manifestata anche in Consiglio comunale. Documentandosi in primo luogo, nel dettaglio di ciò che è avvenuto almeno nell'ultimo decennio. Sapere quanti manufatti ci sono sul territorio, in che modo ci sono arrivati, quale è il loro uso e il loro stato. Sapere quali soggetti sociali hanno fatto da protagonisti. Tutto questo si deve sapere, comprese le ricadute in termini di occupazione, di salari, di investimenti immobiliari e di bisogni abitativi. Si faranno delle interrogazioni o si manderanno delegazioni del movimento a far domande negli assessorati o in altri enti ? Ci sono un sacco di domande da fare.
Ma la documentazione a tavolino non può essere sostitutiva di un contatto diretto con le realtà territoriali (vedere gli scenari, immaginare quel che è successo, parlare con i cittadini più direttamente coinvolti), diversamente le parole non avranno gambe e passeranno vicino ai fatti senza riconoscerli. L'idea di organizzare una biciclettata o un qualunque trasporto lungo l'itinerario delle aree che sono interessate dalla variante 19, mi sembra una buona idea, come quella di attivare un confronto con la Circoscrizione Asti-Est, la sola, purtroppo, che ha fatto sapere all'amministrazione di non voler rinunciare alle sue aree a standard.