di Paolo Baldi.
“C’era una volta, in un paese lontano lontano...” Le favole, almeno quelle di un tempo o quelle che ricordo io, iniziavano con questo classico preambolo. Il racconto si dipanava tra luoghi magici, a volte paurosi, coinvolgendo curiosi personaggi, fiere e streghe, ma il finale era praticamente sempre a lieto fine. La storia che ho l’esigenza di raccontare non è purtroppo una favola, non è a lieto fine e non riguarda protagonisti di fantasia, ma un piccolo uccello fino a pochi anni fa numerosissimo nelle nostre campagne, spesso ingiustamente maltrattate. Si tratta della Passera mattugia, il più piccolo dei passeri, in piemontese conosciuto come “passeròt”...
Questo piccolo uccello, dai sessi indistinguibili, è più classico degli ambienti di campagna rispetto al consimile Passera d’Italia ed è riconoscibile per la presenza, sulle piume delle guanciotte, di due piccole mezze lune nere.
Dalla dieta onnivora, di abitudine gregaria, frequentava i fienili delle case coloniche e le borgate di campagna dove integrava la propria alimentazione mangiando i semi caduti dai covoni del fieno e “rapinando” le ciotole nei pollai. Negli stessi ambienti nidificava, anche sfruttando gli eventuali buchi sui muri, con due/tre covate all’anno. Lo ricordo da bambino numerosissimo nelle campagne e, cosi come la Rondine, rallegrava le aie con i suoi gorgheggi e gli inseguimenti mozzafiato.
Dai primi anni duemila ho progressivamente iniziato qui a Calosso, dove risiedo da più di trent’anni, a posizionare cassette nido in legno su alcuni muri esterni dell’abitazione e sugli alberi nei dintorni di casa. La maggior parte erano e sono foggiate dimensionalmente per ospitare le nidificazioni anche della Passera mattugia. I nidi appena collocati sono stati, in parte, occupati anche da questa specie, le nidificazioni in genere si concludevano positivamente e per alcuni anni ne impegnavano stabilmente dai quattro ai cinque, con risultati che si sono subito apprezzati poiché la mia piccola borgata si è ulteriormente animata.
I passeri erano presenti in tutte le stagioni dell’anno e a fine estate, a volte era possibile scorgere i giovani sguazzare allegramente nell’abbeveratoio posato sul tetto piano del pozzo e frequentare, soprattutto in inverno, la mangiatoia. Insomma gradivano l’ambiente trovandone giovamento, restituendoci tutto più vario e bello.
A partire dall’anno 2009 circa, i nidi artificiali sono stati sempre meno occupati e da alcuni anni le Passere mattugie sono letteralmente scomparse, non solo dai dintorni di casa ma un po’ dovunque o almeno dai luoghi che amo frequentare; non si vedono più in genere nella campagna di tutto l’astigiano, né ho più avuto la fortuna di scorgerle in Langa. Per questo decremento della popolazione, ben noto agli ambientalisti, non mi risultano esistere esaurienti studi scientifici ufficiali. Si suppone che la rarefazione della specie sia dovuta all’introduzione nell’ambiente di qualche pesticida particolarmente dannoso e, forse, in questo ha inciso una forma di alimentazione dell’animale che, per qualche elemento della dieta, è particolarmente specializzata.
La progressiva scomparsa della Passera mattugia (ed in parte della Passera d’Italia, anch’essa in forte regressione), si assomma all’esiguità di altre specie animali un tempo ritenute comuni negli ambienti agricoli. E’ difficile approssimare quali servizi eco sistemici siano venuti meno e quindi calcolare il danno reale per la vita umana, ma nel frattempo un altro anomalo inverno è sopraggiunto. Per il secondo anno consecutivo le mangiatoie di casa non si sono animate come di consueto di specie migratrici, spero solo per una momentanea alterazione delle rotte migratorie.
L’Italia è la nazione in Europa considerata più ricca in biodiversità, ma è costantemente minacciata dal consumo di suolo, che la politica non vuole regolamentare, e in genere dall’inquinamento. In agricoltura è spesso massiccio l’uso di materie plastiche, a volte malamente gestite e il costante aumento delle coltivazioni intensive, con il proliferare di specie animali aliene, richiede il costante e massiccio utilizzo di prodotti fitosanitari che spesso sono di origine sintetica.
Tutto questo sta impoverendo progressivamente il nostro territorio e forse i più non se ne accorgono, cosi come pochi conoscono il triste epilogo di questa “favola” della Passera mattugia, e intanto io temo di perdere inesorabilmente il mio minuscolo paradiso che tanto mi ha fatto apprezzare e desiderare la vita in campagna...