di Alessandro Mortarino.
Torno sul tema della proposta dell'amministrazione regionale di dare via libera alla progettazione di una pista ciclabile artificiale sopra i 37 km di linea ferrata che collegano Alba con Nizza Monferrato, perchè in questa settimana ho ascoltato e letto tante (troppe) dichiarazioni "a ruota libera" da parte di soggetti istituzionali e mi pare opportuna qualche riflessione e qualche elemento oggettivo per riportare il dibattito sui "giusti binari". Pare infatti essersi avviata una litania condivisa per giustificare il de profundis del servizio ferroviario a favore della ciclovia, basata sul fatto che "mancano i fondi per ripristinare la linea" e che "i cittadini non smaniano di rivedere i treni passare". Due ottime scuse per evitare di assumersi la piena responsabilità di una scelta (sbagliata) decretata senza ascoltare i bisogni della cittadinanza. Una scelta politica, insomma...
Nel precedente nostro articolo abbiamo già riassunto in poche battute la cronologia essenziale di questa situazione un po' paradossale. Proviamo ora ad aggiungere qualche altro spunto utile per un dibattito costruttivo, posto che alle nostre Istituzioni ciò interessi davvero.
NON CI SONO I FONDI
Di solito è la scusa numero due che "la politica" adduce per liberarsi la coscienza e scaricare su altri il peso delle sue decisioni (la numero uno è il proverbiale "ce lo chiede l'Europa", nel nostro caso non ancora evocato. Ma forse è solo questione di giorni...).
Non ci sono i danè, direbbero i milanesi. O gli sghei, direbbero i veneti. Noi piemontesi, invece, siamo un po' strani: ci piace dire che non abbiamo risorse per fare qualcosa senza neppure avere provato a bussare alla porta di chi questi denari dovrebbe metterci a disposizione. Che non è certamente RFI-Rete Ferroviaria Italiana, come qualche alto esponente politico regionale cerca di farci credere. E tanto meno i Comuni della tratta. Il reperimento dei fondi per le infrastrutture ferroviarie sono di pertinenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (in sigla MIT). Ovviamente il MIT non si preoccupa di sapere se una delle venti Regioni italiane ha una particolare necessità trasportistica locale da mettere a punto, ma riceve direttamente dall'Ente regionale un progetto, una proposta di finanziamento, un documentato report contenente dati, bisogni da soddisfare, utilità.
L'ex assessore Balocco (centro-sinistra) dopo avere ricevuto nel 2017 da RFI-Rete Ferroviaria Italiana lo studio tecnico che confermava la possibilità di recuperare la galleria Ghersi e il ripristino delle linee (con costi stimati in circa 60 milioni di euro per un ammodernamento completo oppure circa 25 milioni per la "semplice" riattivazione senza elettrificazione), annunciò che avrebbe sottoposto al MIT la richiesta di finanziamento. L'attuale amministrazione regionale in carica (centro-destra) non ha ancora detto (o, quanto meno, non lo ha detto alla cittadinanza) se la pratica è mai stata davvero presentata. E sarebbe molto interessante (politicamente parlando) saperlo. Anche se sul piano pratico è evidente che ora, prima di decretare la "morte" della linea ferroviaria, l'assessore Gabusi potrebbe e dovrebbe presentare istanza di finanziamento al MIT.
Non farlo significa una sola cosa: avere scelto (politicamente) di prediligere una ciclovia al servizio ferroviario locale, un presunto turista a un pendolare. E parliamo di una linea ferroviaria considerata tra le più produttive tra le linee minori, secondo quanto indicato da uno studio dell’Agenzia della Mobilità Piemontese, che considerava circa 2000 pendolari al giorno addirittura prima del riconoscimento Unesco e dell’unificazione dei Tribunali di Alba e Asti.
Nella delibera che i Comuni stanno adottando la linea ferroviaria viene definita in disuso, termine assai ambiguo. Nel nostro caso, invece, la reale situazione è quella di una linea sospesa "e una linea è sospesa – spiega l'esperto Mario Didier – quando non circolano treni ma l’infrastruttura è esistente. Il committente (Regione Piemonte) ha le competenze per decidere se lasciare o togliere un servizio. Se chiede al gestore dell’infrastruttura (RFI-Rete Ferroviaria Italiana) la riattivazione, RFI è tenuta a riattivarla. Una linea sospesa è come messa in congelatore ma pronta per essere riutilizzata”.
IL TURISMO A DUE RUOTE SMANIA PER LA CICLABILE TRA LANGHE E MONFERRATO
Lo si sa: in Italia è in atto un forte sviluppo del turismo "dolce", su due ruote così come a piedi. E' un turismo fatto da persone che cercano natura e paesaggi. Gli ipotizzati 37 km di pannelli di gomma riciclata e triturata costituirebbero certamente una pista ciclabile. Ma una pista naturale o artificiale? Con quale appeal?
I nostri territori offrono colline e scorci visuali, ma l'innaturale ciclovia correrebbe prevalentemente nella parte pianeggiante, aggirandosi tra depuratori (Santo Stefano Belbo/Canelli) dagli effluvi non particolarmente silvestri e fiancheggiando strade provinciali di intensa frequentazione veicolare. Provate a chiedere a FIAB (la più importante associazione nazionale che lega la tutela ambientale al turismo in bicicletta) quale appeal può avere la nostra innaturale Alba-Nizza Monferrato poggiata su binari e pannelli in gomma...
E leggete che cosa ha già affermato, a gran voce, AMoDo-Alleanza Mobilità Dolce: "riteniamo che sia un grave errore strategico smantellare una bella ed utile ferrovia locale senza invece optare per potenziare le reti ciclabili su sedimi ordinari, strade bianche e strade a basso traffico, costituendo una rete integrata e intermodale dolce che sappia dialogare con le Ferrovie, il sistema dei Cammini e con il territorio di Langhe Monferrato Roero".
E' abbastanza chiaro?
Aggiungiamo ancora un altro "mantra" di chi non vuole dire che la scelta fatta a favore della pista ciclabile è puramente politica: "il Trentino ci fa capire il potenziale economico catturato dal turismo su due ruote, dobbiamo solo imitarlo".
Sante parole...
Infatti il Trentino registra più di 2 milioni di passeggeri all’anno fra pendolari, studenti e turisti lungo la ferrovia della Val Venosta, che collega Merano a Malles, sospesa nel 1990 e riaperta il 5 maggio 2005 al servizio commerciale; tutti considerarono allora la scelta della provincia autonoma di Bolzano una sorta di azzardo, trattandosi di una tratta indubbiamente secondaria. L'azzardo è stato smentito dai fatti e il risultato di passeggeri annualmente raggiunto lo dimostra: un gradimento per la mobilità ben al di sopra degli standard abituali, che premiano l'investimento (oltre 120 milioni di euro) e tracciano sviluppi ulteriori. Per gli amministratori altoatesini si è trattato della necessità di coniugare le esigenze della popolazione locale e la voglia di muoversi con «dolcezza» delle migliaia di turisti attratti dall'offerta della natura e dell'outdoor tipica di quelle zone. Con il treno complementare e non alternativo alle piste ciclabili locali.
Tenendo sempre ben presente la crescita della popolazione anziana nel nostro Paese: secondo l'Istat, gli ultra 65enni sono oggi pari al 20,3% del totale e nel 2043 supereranno il 32% per assestarsi attorno al 33,2% nel 2056. Una popolazione matura che può essere invogliata facilmente ad un turismo non assistito dalle auto private.
Occorrebbe affrontare ancora qualche altro tema: lo faremo (se necessario) alla prossima occasione! Perchè, come vedete, di elementi per esprimere dissenso pieno da una scelta fatta da poche persone, ce ne sono già abbastanza. E le luci rosse che anche oggi fanno capolino lungo le rotaie, ci dicono che le linee sono sospese. Alla politica tocca ora una decisione saggia, da assumere in concerto con i cittadini (ma questo lo abbiamo già scritto la scorsa settimana...).