Uno studio dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano mostra la cattiva gestione dell'illuminazione pubblica nel nostro paese: il consumo di energia elettrica pro capite nel 2017 è stato il doppio di quello della media europea e la spesa complessiva per illuminazione pubblica è di 1,7 miliardi di euro, pari a 28,7 euro pro capite rispetto a una media di 16,8 euro dei principali paesi europei. Alcune misure di efficientamento potrebbero generare un risparmio notevole senza creare disagi alla collettività, realizzando un importante contenimento della spesa e una forte riduzione dell’inquinamento luminoso...
Eppure l'Italia è uno dei paesi più luminosi del continente europeo: per fare un esempi, la media di flusso luminoso pro capite per l’Italia è quasi il triplo di quella della Germania.
Tra le regioni italiane il consumo pro capite più alto è registrato in Valle d’Aosta (199 kWh), Calabria (151 kWh), Basilicata (143 kWh), Abruzzo (142 kWh) e Molise (138 kWh). Le regioni più virtuose sono la Campania (80 kWh), il Lazio (81 kWh), il Veneto (85 kWh) e la Lombardia (88 kWh).
Tra le province, il maggior consumo pro capite è registrato nella Provincia di Parma (254 kWh), seguita da Rieti (204 kWh) e Aosta (199 kWh). Le tre province più virtuose sono Napoli (49 kWh), Milano (65 kWh) e Prato (66 kWh). Se si escludono le province di Napoli e Milano, che a causa della loro popolosità beneficiano di maggiori economie di scala, le tre province più virtuose sono Prato (66 kWh), Bolzano (71 kWh) e Vicenza (72 kWh).
Quanto si potrebbe risparmiare
Il risparmio potenziale stimato nelle Proposte per una Revisione della Spesa Pubblica di marzo 2014 era di circa 300 milioni nel giro di tre anni. Le misure previste erano distinte tra misure di breve e di medio periodo. Le prime avrebbero consentito di generare risparmi a costo zero. Si trattava principalmente dello spegnimento di:
- impianti di illuminazione pubblica extraurbana;
- punti luce di aree artigianali e industriali.
Attualmente nessuna di queste misure è stata adottata, forse per la diffusa convinzione di una relazione tra luminosità e sicurezza. In proposito, occorre notare che:
- le possibili aree di spegnimento non riguarderebbero aree urbane in cui circolano le persone;
- la convinzione che esista una relazione positiva tra sicurezza e luminosità è priva di fondamento scientifico: studi recenti hanno mostrato che non esiste alcuna correlazione statistica né tra maggiore illuminazione e sicurezza stradale, né tra presenza dell’illuminazione pubblica e eventi criminosi.
Le misure di medio periodo, invece, consistevano nella sostituzione di impianti di illuminazione inefficienti e nel passaggio a illuminazione a LED.10 In effetti, il passaggio a LED sta avvenendo in molti comuni, ma presenta importanti criticità legate ai criteri ambientali adottati (discussi nel paragrafo successivo). Altri possibili interventi di medio periodo non specificati nel 2014 comprendono:
- installazione di orologi astronomici o sensori di movimento;
- regolazione della luminosità di alcuni impianti;
- passaggio integrale a LED per gallerie e illuminazione semaforica;
- adeguamento dei servizi di manutenzione ai costi di mercato;
- impiego intensivo di sensori di movimento o di illuminazione adattiva.
Attraverso queste misure si stima che i consumi pro capite italiani potrebbero essere ridotti nel medio-lungo periodo del 50 per cento (arrivando, cioè, alla media europea di 51 kWh), generando risparmi notevoli. Ciò è dimostrato dall’esperienza della Germania, che tra il 2007 e il 2016 ha ridotto la spesa pro capite del 53 per cento. Casi specifici di applicazione delle misure sopra citate in alcuni comuni italiani (Cittadella, Carugate, Pessano con Bornago, Rapallo, Bollate e Rottofreno) indicano che i risparmi ottenibili potrebbero essere anche più significativi, con riduzioni di consumo tra il 60 e l’80 per cento.
Fonte: https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-illuminazione-pubblica-spendiamo-troppo