Quelle siepi che danno fastidio: la fine dei rivass...

di Mariuccia Carla Cirio.

Durante questo autunno, la trincia della Comunità collinare ha pesantemente danneggiato - o, di fatto, eliminato - chilometri di formazioni lineari, siepi a margine delle strade comunali di competenza del mio Comune: Costigliole d´Asti. Alcune di queste siepi erano state nel tempo attentamente coltivate: le mie ...

Ne hanno fatto le spese specie autoctone che sono presenti a causa dell´intensivazione viticola, quasi esclusivamente come costituenti di queste siepi: biancospino, prugnolo, rosa canina, berretta da prete, olmi e aceri campestri, ed altre; se nei fatti più´comuni, non meno importanti, quali ebbio, sambuco, sanguinello, rovo - ad esempio - e perfino qualche salice residuo al confine delle proprietà. Sono (o, meglio erano ...) formazioni consolidate pluriennali ben sviluppate in altezza e larghezza e i cespugli quasi tutti in grado di fruttificare.

Quando noi osserviamo le perfette geometrie dei vigneti, terre dell'Unesco, è opportuno fare una riflessione: l´estrema intensificazione è fragile dal punto di vista ecologico e tanto più fragile in un periodo di cambiamenti climatici che hanno come conseguenza fenomeni estremi e repentini, non prevedibili con precisione e destinati, anche nel caso di inversione di tendenza, a seguire nel loro manifestarsi una curva esponenziale.
Una delle forme di mitigazione che favoriscono la resilienza dei nostri paesaggi culturali e delle loro colture, è il mantenimento e l'aumento della biodiversità. Queste siepi a margine ne sono un elemento importante, ricovero e cibo per uccelli, habitat per insetti, corridoio attraverso i quali si possono spostare sul territorio diverse specie animali.

Sotto il punto di vista della protezione dal dissesto idrogeologico, queste formazioni con le loro radici contribuiscono a mantenere saldo il suolo e a rallentare il "run of", nel caso di piogge particolarmente violente, regolando di fatto i flussi da monte a valle e favorendo la penetrazione dell´acqua negli strati mediamente profondi del suolo. Purtroppo, e la manutenzione selvaggia lo dimostra, pagano lo scotto di qualunque vegetale o formazione in ambiente agricolo, dove la parte buona è "dio" che vien coltivato ed è economicamente utile oggi e solo oggi.

I tempi ci impongono, invece, di allungare lo sguardo. Gli stessi alberi da frutto - noci o mandorli o i cotogni che segnavano i confini di proprietà o i filari di gelsi - hanno dovuto soccombere sotto la necessità di avere dei sesti di impianto sempre più comodi alle macchine operatrici, portando con se´ la varietà compositiva allo sguardo e la loro funzione ecologica di aree tappa per le specie animali e di punti di attrazione dello sguardo.
Sono rimaste, perché´spesso a margine di strade comunali o in aree nettamente marginali, queste siepi, spesso in continuità ecologica con l´inerbimento dei filari.
Tipicamente e storicamente tutto quello che in zona veniva chiamato "Rivass", insieme ad alcuni boschetti nei quali raramente si va oltre le specie pionieri e la gaggia in aree non ancora impiantate e le rade formazioni attorno a rii di fondo valle, poche e preziose in un ambiente scarso di acqua come quelle delle colline Unesco.

Stessa devastazione, e per gli stessi motivi di non conoscenza, è stata fatta negli anni scorsi attorno al Rio Nizza, area nella quale è tuttavia presente il Paludo, verso la quale c'è maggior attenzione perchè è in atto la richiesta di trasformarla in area protetta.
Non mi soffermo sull´importanza della salvaguardia al di fuori delle aree protette perché´mi pare addirittura intuitivo. Se da un lato queste formazioni residue e marginali non vengono più´curate dai proprietari, dall´altro il fatto che siano spesso in area di competenza comunale apre, però, o potrebbe aprire buone prospettive di salvaguardia.

Individuate, censite, pianificate con una corretta manutenzione, che non è quella della trincia, magari coinvolgendo i proprietari gestori dei terreni circostanti.

Anche dal punto di vista compositivo e della linea guida del paesaggio, hanno una loro importanza con le fioriture dense bianche in primavera e i frutti rossi e blu in autunno.
Dal punto di vista letterario, molte citazioni (da Pavese a Fenoglio) ne parlano e i loro frutti possono essere utilizzati in preparazioni singolari. Certo suscita molto più´interesse la caduta o l´eliminazione di un grosso albero piuttosto che il danneggiamento di queste formazioni, povere all´apparenza, che spesso costituiscono o contribuiscono a costituire un iconema dei nostri paesaggi (strada bianca fiancheggiata da siepe ad esempio).
 
Sicuramente non ha colpa alcuna il trinciatore e sicuramente non è opportuno di volta in volta inseguirlo per dirgli quale si´ e quale no, generando confusione in chi è comandato ad eseguire un lavoro che comunque non segue una metodologia corretta.
Purtroppo anche gli amministratori e i tecnici mancano delle più elementari nozioni di ecologia e di ecologia del paesaggio, inebriati dalla questione Unesco, sostanzialmente commerciale, che mal gestita porta addirittura un´erosione del capitale.

Nella consapevolezza di una posizione impopolare e sostanzialmente inutile: quando ho protestato sono stata accolta con la più´gelida indifferenza.
Ma anche nella consapevolezza di non essere pazza ...

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