Confindustria Asti contro il decreto "salvasuoli"



di Alessandro Mortarino.

Anche ad Asti si è tenuto un dibattito pubblico sull'ormai famoso DDL AC2039 sul "contenimento del consumo di suolo e riuso del suolo edificato", attualmente in discussione parlamentare. Lo ha organizzato l'Unione Industriali locale ospitando le voci critiche di imprenditori ed esperti, contrapponendole alla sola "difesa d'ufficio" dell'onorevole astigiano Massimo Fiorio, co-Relatore del disegno normativo ...



Diciamo subito che per chi, come noi, segue il complesso iter procedurale sin dagli inizi (cioè dal 2012, quando l'ex Ministro Mario Catania rese pubblica la prima versione del decreto normativo) il dibattito astigiano non ha aggiunto nuovi elementi di valutazione. Nessuna novità neppure per i lettori attenti di Altritasti, che già erano informati di quanto avvenuto nel cuneese -  a Cherasco per l'esattezza - durante un analogo "match" organizzato a Febbraio da alcuni Ordini professionali (https://www.altritasti.it/index.php/archivio/ambiente-e-territori/2578-costruire-o-recuperare-il-patrimonio-edilizio-esistente) con il medesimo copione.
Utile, però, per comprendere umori e tensioni e, soprattutto, per tentare di decifrare i contorni del malessere del comparto edile e le possibili chiavi di svolta.

Orchestrato dal giornalista de "Il Sole 24 Ore" Jacopo Giliberto, l'incontro si è aperto con due relazioni tecniche e di visione da parte dell'esperto (ed ex numero uno dell'urbanistica della Regione Piemonte) Livio Dezzani e del direttore delle Politiche Industriali di Confindustria nazionale, Andrea Bianchi.
Dezzani non ha usato perifrasi per esprimere il suo giudizio sul decreto in discussione, definendolo «un fiore sbagliato nel prato confuso dell'urbanistica italiana», scritto da mani differenti che lo hanno composto secondo una incomprensibile «violenza verbale», in particolare nell'ultimo dei suoi articoli, l'11, dedicato alle "Disposizioni transitorie e finali" che tratteggiano una sospensione per le nuove edificazioni per tre anni dall'entrata in vigore della legge.
Secondo Dezzani l'impianto complessivo andrebbe fermato e sostituito con una nuova legge urbanistica nazionale in grado di rivedere a 360° i criteri di pianificazione anzichè limitarsi ad una regolamentazione parziale dei soli terreni "nudi", che fermerebbe qualsiasi ipotesi di espansione delle strutture produttive. La legge, infatti, a suo dire, impedirebbe ad un'azienda proprietaria di un lotto di terreno a destinazione produttiva (ad esempio una fabbrica con uno spazio non costruito circostante) di poter operare una nuova edificazione necessaria, poichè il DDL renderebbe l'area attualmente libera alla stregua di un terreno agricolo vincolato. Col risultato che il proprietario si troverebbe con un valore economico ridotto e forse un richiamo dalla propria banca (poichè molto spesso quelle proprietà risultano date a garanzia di affidamenti creditizi).

Bianchi ha proseguito sullo steso filone, indicando come Confindustria abbia già provveduto a segnalare le molte criticità individuate nelle definizioni contenute nell'articolo 2 ritenute «eccessive ed anche vaghe» e suggerito di tarare la nuova norma sui criteri dell' "economia circolare", sulla differenza tra "saldo zero" e "consumo di suolo zero" e definendo l'attuale testo come un «provvedimento antindustriale» e già indicato dall'ANCI (l'Associazione dei Comuni Italiani) come «a rischio di crescita».

A questo punto si è aperta la tavola rotonda; seduti al tavolo due esponenti amministrativi (il sindaco di Asti Fabrizio Brignolo e l'assessore regionale all'ambiente e alla pianificazione territoriale Alberto Valmaggia), l'esperto Francesco Karrer (ex presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici), due imprenditori (Luciano Mascarino, capo gruppo dei Costruttori edili dell'Unione Industriale e Paola Malabaila, presidente dell'Unione Industriale e operatrice anch'essa del comparto) unitamente al "punching ball" onorevole Fiorio.
Mi limito alle sole considerazioni di Mascarino e Fiorio, per non tediare i nostri lettori.

Mascarino ha ricordato lo stato di crisi grave in cui versa il comparto edile nazionale, che fino a pochi anni fa valeva circa il 10 % del nostro PIL e ora è sceso a quasi la metà, e il dato sul calo del 60 % degli iscritti alla Cassa Edile astigiana: «dove sono finiti, secondo voi, tutti questi addetti privi di occupazione ? Ovviamente stanno tutti lavorando in nero, danneggiando ulteriormente le aziende sane che già vedono calare i clienti e ora si trovano a dover anche fronteggiare la concorrenza sleale».
La crisi non pare avere sbocchi e quindi la mano pubblica deve avere il coraggio e la capacità di intervenire per finanziare la ripresa. Leasing, affitto con riscatto, permuta ma soprattutto una norma nazionale che renda il riuso, cioè il recupero dell'esistente, un "affare" per il proprietario.

A tutti ha risposto (meglio: ha tentato di rispondere ...) l'onorevole Fiorio che ha spiegato come le critiche al DDL siano in realtà frutto di una lettura parziale e viziata: «un po' come i fumetti giapponesi, che si leggono dal fondo». Chi è critico è perchè ha letto il testo normativo partendo dal fondo, dall'articolo 11; dalla sua interpretazione ha poi tratto le risultanze di tutti gli altri punti, ottenendo una visione non reale. Fiorio ha ripercorso il travagliato iter legislativo e confermato la sua disponibilità a modificare qualche elemento; addirittura ha detto di non essere d'accordo su qualche passaggio del "suo" DDL, che «quando l'ho letto ... scusate, lavorandoci nella stesura» (ai maligni in sala è parso un lapsus freudiano n.d.r.) «mi è parso debole», in particolare sull'inedificabilità nelle aree ad attuale destinazione produttiva.
La sua "difesa" è parsa più volte fatalista: vedremo, abbiamo fatto del nostro meglio, certo si può ancora migliorare, accoglieremo proposte, abbiamo il 50 % delle possibilità di far passare questo testo alla Camera, molte meno al Senato.
In ogni caso, meglio una legge parziale che una legge urbanistica nazionale che non avrebbe i numeri per vedere la luce e tempi biblici.

Fine del discorso. Nel senso che l'incontro non ha ammesso un dibattito con il pubblico e zero contradditori.
Peccato, perchè di argomenti da "gettare sul tavolo" ce ne sarebbero stati un'infinità. E peccato perchè questo genere di dibattiti finiscono per essere a senso unico e annullano qualsiasi possibilità di creare confronti tra visioni diverse, di risvegliare stimoli, di "inquinarsi" reciprocamente.

In definitiva un'occasione mancata. Giocata tutta su un unico binario: l'economia. In questo caso l'economia delle imprese edili.
Di questo si è parlato e solo (praticamente) di questo. Legittimo, ovviamente. Ma così facendo ci si è dimenticati che questa norma nazionale (che personalmente - e con l'intero Forum nazionale Salviamo il Paesaggio - critico da tempo, ma per motivi opposti) è basata su alcuni elementi-cardine: che il suolo è un bene comune e una risorsa non rinnovabile (articolo 1), che il consumo di suolo viaggia al ritmo di 7 metri quadri al secondo e 55 ettari al giorno da oltre 50 anni (come ci informa l'Ispra), che la superficie del nostro Paese è per il 7 % già impermeabilizzata (e il 35 % dell'Italia è montuoso), che nei nostri suoli si produce appena l'80 % delle materie prime alimentari e siamo quindi fortemente legati alle importazioni, che in Italia lo stock edilizio sfitto, vuoto, non utilizzato sfiora la quota di 6 milioni di abitazioni, secondo i dati Istat.

Se fossi un impresario edile, avrei ben chiaro quale potrà essere il mio "mercato" del futuro: gli acquirenti non di nuovi edifici ma i milioni di cittadini che vorranno ristrutturare e riusare o anche solo rendere energeticamente più efficienti le loro proprietà.

Se anche le norme nazionali accompagnassero il termine "riuso" con precisi dispositivi incentivanti, saremmo tutti d'accordo. Anche gli imprenditori.

Politica: se ci sei, batti un colpo !

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