A cura di Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta.
Il 2014 riporta un bilancio davvero pesante per i crimini contro l’ambiente: 29.293 reati accertati in Italia, circa 80 al giorno, poco meno di 4 ogni ora, per un fatturato criminale che è cresciuto di 7 miliardi di euro rispetto all’anno precedente ed è tornato ai livelli pre-crisi, raggiungendo la ragguardevole cifra di 22 miliardi. Numeri e storie di corrotti, clan e inquinatori, illustrate a Roma da Legambiente per la presentazione del rapporto Ecomafia 2015 ...
Alla crescita dell’economia ecomafiosa contribuisce in modo eclatante il settore dell’agroalimentare, con un fatturato che ha superato i 4,3 miliardi di euro. Crescono i reati nel ciclo dei rifiuti (+26%), ed anche gli illeciti nel ciclo del cemento (+4,3%). Cresce anche l’incidenza criminale nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Puglia, Sicilia, Campania e Calabria), dove si è registrato più della metà del numero complessivo di infrazioni. Ma le ecomafie non sono prerogativa del Sud Italia e, anzi, da molti anni sono ormai fortemente insediate nell'economia del Nord del Paese.
Per quanto riguarda il Piemonte il bilancio è di 469 infrazioni di natura ambientale, 631 persone denunciate, 2 arresti e 106 sequestri. Continuano a primeggiare i settori ormai tradizionali della criminalità ambientale regionale: il ciclo dei rifiuti (172 infrazioni accertate) ed il ciclo del cemento (130). Per quanto riguarda quest’ultimo settore nel 2014 la provincia di Asti fa registrare il primato negativo scavalcando la provincia di Torino che, in ogni caso, resta il territorio in cui si trova il numero complessivo più elevato di infrazioni ambientali (113). Sono 2, invece, le persone arrestate in regione, entrambe per crimini legati al racket degli animali.
A mettere in evidenza come la criminalità organizzata in Piemonte si concentri sui settori più redditizi, ovvero sul ciclo del cemento e dei rifiuti, sono le più importanti inchieste degli ultimi anni. Se il giudizio in appello del processo Minotauro, pronunciato lo scorso 28 maggio, ha confermato il radicamento della ‘ndrangheta nel ciclo del cemento e nelle relazioni con la politica attraverso il voto di scambio, gli esiti dell’operazione San Michele hanno fatto scendere l’ombra della criminalità organizzata anche nel settore dei rifiuti speciali. Fino a qualche anno fa, infatti, sembrava non emergere un ruolo diretto dei clan nel settore, ma solamente di singoli imprenditori spregiudicati che provavano ad abbattere i costi di smaltimento, abbandonando sostanze pericolose ai bordi delle strade, interrandoli sotto campi coltivati o cave dismesse o dirottandoli verso il traffico illecito internazionale. L’operazione San Michele ha invece fatto emergere, a carico di un soggetto originario della provincia di Catanzaro e residente in provincia di Novara, l’ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa per aver utilizzato una cava a Chiusa di San Michele in Valsusa per stoccare e smaltire irregolarmente oltre 50.000 metri cubi di rifiuti speciali.
Un’attenzione particolare per Legambiente va anche posta al ruolo delle grandi opere quali Tav e Terzo Valico e alle possibilità d’infiltrazione della ‘ndrangheta. Per l’associazione è necessario intensificare i controlli sui cantieri delle opere pubbliche, attraverso la costruzione di commissioni di controllo specifiche che siano in grado e che abbiano i poteri per vigilare sulle gestione degli appalti e sulla realizzazione dei lavori, ma anche riducendo, ripensando e valutando bene l’elenco delle opere strategiche per la collettività. Per Legambiente occorre vietare i subappalti nei cantieri ed è inoltre da abolire l’anomalo istituto del general contractor per evitare che la direzione lavori sia in carico alla stessa stazione appaltante.
“E’ preoccupante verificare che, nonostante la crisi, le ecomafie non subiscano flessioni – dichiara Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta -. La recente introduzione, dopo 21 anni di battaglie da parte della nostra associazione, degli ecoreati nel codice penale dà sicuramente uno strumento repressivo in più per contrastare in modo efficace ecomafie ed ecocriminalità, ma la vera lotta alla criminalità si batte sul campo della prevenzione: occorre che tutti, dai cittadini alle istituzioni continuino a tenere alta l’attenzione a partire dai settori di maggior interesse economico, quali la gestione e lo smaltimento dei rifiuti, le escavazioni, le nuove costruzioni e le grandi opere. Anche per questo siamo convinti che l’imminente nascita della commissione regionale antimafia, da noi sollecitata da diversi anni, sia una buona notizia e vogliamo confermare alla Regione Piemonte la nostra disponibilità a collaborare”.