Non è petrolio



di Alessandro Mortarino.


L'Italia è l'ultimo Paese in Europa per investimenti in Cultura. Eppure 50 dei 1007 siti inseriti nella lista dei Patrimoni dell'Umanità dall'Unesco si trovano in Italia, primo paese di questo elenco della bellezza e dell'eccellenza davanti a Cina e Spagna. Siamo seduti su un giacimento, ma siamo purtroppo anche convinti che la cultura produca valore per il solo fatto di esistere, seguendo la logica della rendita di posizione. Invece dovremmo essere capaci di inserirla in contesti vivi e pulsanti. Dovremmo viverla e progettarla, pianificarla in modo equilibrato per trasformarla (anche) in risorsa economica ...

La cultura avvicina, consente confronti, approfondimenti, dialogo, incontro. Non è petrolio. Ma potrebbe essere il "nostro" petrolio. Se solo fossimo un po' più capaci.
E' questo il concetto cardine da cui muove le sue considerazioni Federico Massimo Ceschin nel suo saggio "Non è petrolio. Heritage culturale, dal Grand Tour ai selfie, per una nuova economia della bellezza" (Claudio Grenzi Editore, pp. 140, prezzo di copertina 12 euro). Ceschin è un addetto ai lavori: da anni al fianco del Forum nazionale Salviamo il Paesaggio, si occupa professionalmente di promozione e progettazione turistica e in questo lavoro analizza l'offerta ricettiva italiana dal suo angolo visuale, da cui disegna i contorni di una enorme opportunità sociale, culturale ed economica ancora tristemente non compresa e ancor meno pensata. Una opportunità che rischia di essere perduta, se attori politici ed imprenditoriali non avranno la capacità di abbandonare atteggiamenti strettamente "di campanile" per abbracciare una strategia collettiva, programmata e condivisa.

Ceschin non cede al romanticismo di maniera che vorrebbe premiare l'Italia con la medaglia della nazione dalla più elevata attrattiva turistica del mondo. I dati parlano chiaro: col passare degli anni siamo scivolati dal primo posto nella classifica delle destinazioni turistiche mondiali al quinto posto per arrivi internazionali e addirittura al sesto per fatturato complessivo; davanti a noi Francia e Spagna, Stati Uniti e Cina, che hanno saputo investire in cultura, paesaggi, trasporti, ricettività extra alberghiera, servizi a valore aggiunto, sollecitando la domanda dei mercati sul piano delle motivazioni di viaggio.
Nel 1950 un turista internazionale su cinque veniva in Italia e i viaggiatori erano circa 25 milioni di persone. Da allora il turismo ha conosciuto un imperioso boom moltiplicandosi di circa 43 volte; i turisti stranieri in Italia sono decuplicati (da 4,8 a 47,8 milioni), ma complessivamente i nuovi turisti non hanno scelto le nostre mete, tanto che la nostra quota di mercato si è ridotta dal 19 % del 1950 al 4,4 % di oggi.
«Questo perchè la "destinazione Italia", da meta del Grand Tour è diventata semplicemente una spiaggia - sostiene Ceschin - e la diminuzione della quota di mercato dell'Italia è prevalentemente imputabile a una perdita di competitività». Certamente non estranei i paradossi del fallimento di Alitalia, i crolli a Pompei, la mancata rinascita de L'Aquila dopo il sisma, le foto-ricordo delle Grandi Navi che aggrediscono Venezia e mille altri casi ...

Innumerevoli i dati e gli elementi che Ceschin ci offre per comprendere i limiti della nostra attuale offerta ricettiva italiana: rapporto qualità/prezzo, assenza di standard omogenei di qualità su tutto il territorio, frammentazione delle azioni di promozione, carenza di mezzi di trasporto locale, scarsa programmazione di iniziative e manifestazioni e assoluta debolezza nella loro tempestiva comunicazione, barriere linguistiche, lunghe attese per le visite a musei e mostre. Elementi basilari per prepararsi allo sviluppo del turismo mondiale che, secondo le previsioni, crescerà al ritmo del 4 % all'anno per un giro d'affari che nel 2020 potrebbe valere 6.600 miliardi.

«Finiamo per trasferire nelle fiere internazionali il modello della sagra paesana: una serie infinita - ammonisce Ceschin - di degustazioni con immagini da cartolina alle pareti e generose signorine che offrono un assaggio di quella convivialità che dovrebbe contraddistinguere la qualità della vita italiana e invece ci rende oggetto di ilarità (sempre meno benevole nel tempo ... In Italia occorre, senza ulteriori indugi, colmare l'assenza di una definizione di "cultura" che non sia una mera sommatoria di beni. E prendere atto che nell'Occidente globalizzato la cultura è un "bene di consumo"». E come tale deve godere di creatività, di supporti digitali, di formazione per costruirsi un proprio pubblico.

Citando statistiche internazionali, Ceschin ricorda che delle 8 persone su 10 che si recano nelle agenzie di viaggio del mondo per acquistare una vacanza augurandosi di trovare una proposta per il "prodotto Italia", solo 2 vengono soddisfatte. «Significa che la nostra attrattività è di gran lunga superiore alle nostre capacità, tutte ancora prepotentemente concentrate sull'offerta indistinta, senza alcuna tendenza a studiare la domanda, o semplicemente ad ascoltarla».

Ceschin ammonisce gli addetti ai lavori sul fatto che la scelta della camera d'albergo sia diventata nel tempo l'ultimo pensiero di chi organizza il proprio viaggio, mentre il penultimo è diventato la destinazione stessa; prima si decide quale esperienza si desidera vivere, poi si cercano le destinazioni d'eccellenza per soddisfare tale bisogno e solo successivamente avviene la fase di comparazione su fattori classici come l'accessibilità, il prezzo, le infrastrutture, gli "accessori" di contorno. L'attesa di un'esperienza è la motivazione di viaggio. E i consumatori contemporanei non sono spinti dal bisogno ma dal desiderio.

Innumerevoli gli esempi internazionali che Ceschin offre al lettore, disseminando nel suo "Non è petrolio" altrettanti stimoli al cambiamento e affiancandoli a precise sollecitazioni di rinascita basata su alcuni punti nodali: occorre una nuova stagione di "branding" legato all'Italia e al Made in Italy (concentrato su patrimonio storico-culturale, paesaggio, prodotti tipici e buona cucina, dimensione sociale dolce, stili di vita, creatività), un piano serio di incentivazione del miglioramento continuo slegato dall'assillo del "prezzo", il riconoscimento del valore di fattori finora ritenuti intangibili come la cultura, senza C maiuscole o minuscole, e l'ecologia profonda.

In appendice finale, il testo di una lettera/appello che nel 2011 il Forum nazionale Salviamo il Paesaggio inviò - a firma dello stesso Ceschin e di Roberto Burdese di Slow Food - all'allora ministro per i Beni e le Attività Culturali Lorenzo Ornaghi per sollecitare l'introduzione di una specifica legge per i reati al patrimonio culturale nazionale.
Immediata la risposta affermativa.
Ma la legge non è ancora stata approvata ...

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