di Angelo Marinoni.
Nonostante le intenzioni anche il governo Renzi ha subito le sue dimissioni eccellenti, quelle del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Lupi: la scelta del ministro è stata dettata, secondo il canovaccio governativo, da un senso di responsabilità anche superiore alle richieste, visto che lo stato d’accusa dell’ex-ministro non è lontano dalla voce di corridoio. Non è mia intenzione dissertare su cose che non so ovvero se l’On. Lupi abbia o meno delle colpe anche solo morali circa la vicenda per la quale è stato mediaticamente incriminato e indotto o fatto indurre alle dimissioni; è mia intenzione, invece, dissertare, seppure molto brevemente, su quello che so, ovvero su alcune scelte strategiche fatte dal Ministero dei Trasporti o da quello che ne resta, che sono molto più preoccupanti di una ipotetica raccomandazione ...
E’ importante e esemplificativo l’elenco degli interventi infrastrutturali che il Ministero a guida ancora Lupi ha presentato in Commissione Europea con richiesta di finanziamento in base ai bandi TEN-T 2014 nell’ambito dei quali sono stati stanziati circa 12 miliardi di euro (prima tranche dei 26 miliardi previsti).
Il Ministero italiano ha proposto 71 progetti per un costo di 6 miliardi e 822 milioni di euro da spendersi entro il 2020 in base a un puntuale cronoprogramma, la cifra verrebbe finanziata dalla Commissione per circa il 30%, 2 miliardi e 471 milioni di euro (fonte CIFI).
La Commissione finanzierà i progetti entro giugno.
Dei 71 progetti 32 riguardano il settore ferroviario, 15 al settore marittimo, 9 al settore stradale e 3 al settore aereo: questo farebbe ben sperare in un nuovo e convinto investimento nel sistema ferroviario, fenomeno che tradotto nel quotidiano significa sostenibilità economica e ambientale.
La lettura dell’elenco, pero’ porta inesorabilmente a chinare il capo e scuoterlo, trovandovi un solo momento al sistema ferroviario regionale (attrezzaggio con SCMT ovvero il sistema di controllo della marcia dei treni) per la rete sarda e nessun intervento sulla rete complementare.
E’ opportuno scendere nei particolari circa l’elenco, partiamo dal settore ferroviario:
- 3 progetti per il collegamento ferroviario degli aeroporti di Venezia, Roma Fiumicino e Milano Malpensa (il che non significa che verrà posato il binario nel 2020, ma che si stenderà un progetto per farlo)
- 1 studio di articolazione tecnico-finanziaria per il collegamento con l’aeroporto di Genova, cosa che potrebbe avere discreta valenza visto il programmato e in compimento ampio programma di potenziamento del nodo ferroviario genovese in ambito merci e passeggeri, peccato che questo avvenga con l’agonizzante raddoppio a monte della litoranea di Ponente e il pernicioso e colpevole abbandono della linea litoranea invece di un suo sfruttamento per la mobilità locale e turistica.
- 6 progetti riguardano i sistemi di segnalamento e controllo dell’Alta Velocità
- 1 progetto di potenziamento tecnologico mediante SCMT della rete sarda
- 2 proposte di rafforzamento della performance dei corridoi ferroviari merci 5 e 6
- 2 studi per la circolazione di treni con lunghezza di 750 m lungo alcune sezioni dei citati corridoi e la riqualificazione di 4 nodi nella Regione Lazio.
Per il settore marittimo le 15 proposte riguardano l’adeguamento e il potenziamento dei porti di Ravenna, Trieste, Vado Ligure e Cagliari, il raccordo ferroviario e stradale del porto di Livorno e Venezia, lo sviluppo di Autostrade del Mare, partendo da Civitavecchia e in ultimo la realizzazione di una infrastruttura per rete in fibra ottica per lo scambio di informazioni nave-porto.
Per il settore stradale:
- 2 progetti preliminari per ammodernamento del Grande Raccordo Anulare di Roma e una tangenziale per Palermo
- 4 proposte per lo sviluppo di azioni pilota per servizi di ITS (http://www.mit.gov.it/mit/site.php?p=cm&o=vd&id=1375)
- 1 proposta per servizi di emergenza e 2 proposte in tema di gestione del traffico
Riassumo gli altri progetti sullo studio interessante di uno sviluppo del sistema idroviario della piana padana e sull’innovazione e sulla realizzazione di interporti e di infrastrutture dedicate al corridoio Reno-alpino.
Il primo, forse banale, commento è che per fortuna non si vogliono fare altre strade, bastando quelle che inopinatamente hanno messo in cantiere i governi precedenti e che si auspica trovino sufficienti amministratori saggi per impedirne la realizzazione, con l’eccezione della aberrante idea di autostrade del mare che riversino dalle periferie alle coste orde di bagnanti incolonnati in auto a cercare posteggi inesistenti a meno di cementificare un terzo della costa per la realizzazione di orridi parcheggi vicino alle coste, ottimo esempio di scempio ambientale e mobilità insostenibile.
Il secondo commento, seppure molto conciso, converge sulla preoccupazione per la continua attenzione all’assecondamento dei grandi flussi di merci extraeuropee (devastatrici del mercato europeo) e la scarsa attenzione per i modesti ma importanti numeri della mobilità delle merci europee in movimento per l’Europa.
In Germania, nonostante la forte contrazione degli anni Sessanta, sono rimasti molti piccoli scali merci e sono poche le linee ferroviarie che non vedano composizione e transito di treni merci, mentre in Italia la feroce politica di demolizione del sistema ferroviario complementare e locale iniziata negli stessi anni ha trovato epilogo tragico nella concezione “morettiana” del trasporto regionale e nella rete leggera che ha depauperato l’infrastruttura ferroviaria dei suoi fondamentali complementi: raccordi industriali, binari di incrocio, scali merci.
Le esigenze di risparmio sono state scuse per assecondare una politica dei trasporti che intendeva mantenere saldamente sulla gomma il controllo e la gestione della mobilità delle merci, concetto che si è estesa all’inizio di questo decennio anche alla mobilità locale e regionale, esempi negativi del periodo 2010-2012 sono state il Piemonte, la Campania, l’Abruzzo.
Il Piemonte ha visibilmente cambiato strada tornando saggiamente sull’intenzione di prediligerla ferrata, ma il rimedio ai guasti creati in ambito locale e a politiche anche nazionali di lungo periodo rende il percorso lungo e difficile, non per questo non vincente.
Nell’elenco ministeriale avrei voluto leggere di progetti di estensione del sistema tranviario nella mobilità urbana anche delle medie città, di studi per lo spostamento dalla gomma al ferro delle merci anche in ambito locale e su tragitti di media percorrenza, di un consolidamento della rete fondamentale tradizionale con il quadruplicamento selettivo della Torino–Novara–Milano e il raddoppio di tratte regionali, l’inserimento della tratta Alessandria – Arona – Domodossola – Sempione nella rete fondamentale, il ripristino delle criticità infrastrutturali che hanno causato la chiusura di ferrovie fondamentali per la mancanza di fondi molti ordini di grandezza inferiori a quelli di studi forse interessanti, ma molto aleatori in un contesto congestionato come quello italiano: penso ai 10/15 milioni della galleria di Neive (fonte RFI) sulla Alessandria/Asti – Alba, tratta storica, letteraria, UNESCO (che qualcuno vorrebbe coprire di bitume inventando numeri e progetti di ciclovie parallele a quelle esistenti del tutto aberranti, inventandosi costi di 50 milioni (fonte ?), comunque molto inferiori a molti studi) come penso al ponte ferroviario della Gela – Caltagirone per fare due esempi da un capo all’altro del Paese.
Il successore del Ministro Lupi dovrà occuparsi di far interagire le regioni con l’Europa e prima di far correre i treni da 750 metri di merci cinesi dovrà fare in modo che la Commissione assista, guidi e educhi le amministrazioni locali e i governo nazionali sordi a una “cura del ferro” che per essere efficace parte da Neive o da Caltagirone o dalla tranvia della Riviera.
Mobilità eccellente significa mobilità sostenibile economicamente e ambientalmente e finanziamenti europei non significano realizzazioni a costo zero per il contribuente, ma significano realizzazioni finanziate per un terzo dalla Commissione Europea alle cui casse partecipa l’Italia con la fiscalità generale e per due terzi dagli Stati membri o da loro componenti, quindi sempre dalla fiscalità.
Interessarsi a quali idee arrivino al vaglio della Commissione Europea è molto più invasivo sul quotidiano di quanto il distratto cittadino italiano spesso si renda conto.