di Cinzia Scaffidi (Slow Food).
Sapete cos’è un GAST? Non lo sapevo nemmeno io fino a qualche giorno fa. La mia conoscenza si fermava ai GAS, Gruppi di Acquisto Solidale. Ma un paio di giorni in Veneto mi hanno regalato anche questa informazione. T sta per terreno. Gruppi di Acquisto Solidale di Terreno ...
Una passeggiata nel centro storico di Feltre e un amico che spiega: “È un gruppo di venti o trenta famiglie che decidono di mettere insieme un po’ dei loro risparmi per acquistare un terreno, un bosco, un frutteto, in modo da sottrarlo…”. Lo interrompo, convinta di sapere come finirà la frase: “…al cemento”.
“No no, – mi corregge – al prosecco”.
Ripenso alla casa di mia nonna, in Sicilia. La nonna non c’è più, ma la casa sì. Quindi forse c’è anche un po’ lei. Una casa di due stanze bagno e cucina, il cui pregio e la cui maggiore bellezza non hanno nulla a che fare con la costruzione, ma con la limonaia in cui era incastonata. Limonaia solo in parte di proprietà della nonna. Qualche anno fa i proprietari dell’altro pezzo di limonaia hanno deciso, legittimamente e nel rispetto di un piano regolatore incommentabile, di costruire, nel mezzo di quel giardino, un caseggiato di 3 piani, togliendo alla casa della nonna, luce, aria, fascino, tranquillità e bellezza.
Poi penso al forum Salviamo il Paesaggio, che da qualche anno, con l’attiva partecipazione di Slow Food, si batte per strappare al cemento e all’asfalto terreni agricoli o comunque vivi. Quando abbiamo creato il forum avremmo mai pensato di doverci difendere dai vigneti? Quando pensavamo a difendere il suolo agricolo da attività agricole pensavamo alle colture da biofuel, al massimo, quelle che rubavano terreni al cibo, per metterli a disposizione delle automobili o delle caldaie.
Adesso siamo a questo: boschi che scompaiono, con il loro bagaglio di animali selvatici, di flora spontanea, di possibili economie alternative, di capacità di creare acqua, di rendere stabili le pendenze, di caratterizzare un luogo non solo paesaggisticamente, ma anche nelle dinamiche culturali, colturali, gastronomiche, spirituali; frutteti e in qualche caso uliveti rasi al suolo, non importa quanti anni sono racchiusi in quei tronchi, quali varietà stanno perpetuando e insieme alle varietà di frutta quanti saperi, quante parole, quanti dolci, quanti profumi… ma tutto questo non per colpa delle ruspe di un’impresa edile, ma per far posto ad un diverso tipo di agricoltura. Un’agricoltura che punta dritto all’happy hour, che deve fare subito profitto e se questo succede grazie al fatto il prodotto di quell’agricoltura servirà solo a rendere frizzante un aperitivo industriale, va bene lo stesso, anzi va meglio ancora perché i profitti sono maggiori. Un’agricoltura che si arma di seghe circolari e macchine movimento terra non sta certamente ponendo le basi per la sostenibilità. Un produttore biologico o un vignaiolo serio non sterminano un bosco o un frutteto per poi produrre vino. Perché l’agricoltura biologica e quella artigiana che piace a noi sono un sistema, non un processo. Quindi questi impianti di nuovo prosecco sono impianti convenzionali regolarmente e abbondantemente irrorati di chimica di sintesi. E chi abita lì vicino sa che, insieme alla propria famiglia, anno dopo anno, respirerà e assorbirà un po’ di quelle sostanze.
Ripenso alla casa di mia nonna, e mi dico: se proprio bisogna scegliere, meglio un condominio. Ma mi ribello subito: perché mai dovremmo scegliere tra due cose che non ci piacciono e che impattano sulla qualità della nostra vita?
Diciamo no a entrambe le opzioni, i GAST sono un bellissimo modo per farlo.