Dialogo con Paolo Berdini a cura di Marco Bombagi, Salviamo il Paesaggio Coordinamento Romano.
L’informazione è potere, specialmente se si vogliono proteggere il paesaggio italiano e le sue inestimabili ricchezze dal cemento che le sta cancellando per sempre. Vi proponiamo questo dialogo con Paolo Berdini, ingegnere, urbanista e scrittore da tempo impegnato contro il consumo di suolo, sull’attuale contesto politico e culturale italiano in rapido mutamento ...
In queste riflessioni compaiono argomenti chiave per il futuro della collettività: il consumo di suolo e l’espansione incontrollata delle città, drammaticamente ignorati in passato, che stanno finalmente conquistando l’attenzione dell’opinione pubblica ...
Nell'ultima campagna elettorale non si è parlato molto di consumo di suolo e “zero cemento”. Come possono i cittadini decidere consapevolmente su certi temi senza un’adeguata informazione?
Il controllo dell’agenda politica da parte dei partiti che hanno governato negli ultimi 20 anni è ferreo. Di bloccare la folle espansione edilizia e le grandi opere inutili non se ne deve parlare. Eppure, quanto è accaduto nelle elezioni nazionali ci dice che è in atto un profondo rivolgimento dentro la società civile che non sopporta più questa cappa di omertà calata sulle questioni fondamentali nella vita di tutti i giorni. La spinta giovanile che nel voto si è riversata verso il Movimento 5 Stelle è una straordinaria occasione per imporre temi che altrimenti vengono sistematicamente ignorati. Del resto, anche altri settori del mondo progressista, da Sel a Rivoluzione Civile sono molto sensibili alle tematiche della tutela del paesaggio e del recupero urbano. Hanno un consenso molto modesto rispetto al successo del 5 Stelle, ma mettono bene in luce che se nella prossima agenda di governo venissero poste le questioni dello stop al consumo di suolo e della cancellazione delle grandi opere inutili che devastano il territorio e asciugano le risorse pubbliche, ci sono le concrete condizioni per raggiungere risultati importanti. Ma c’è un altro grande merito del Movimento 5 Stelle. Attraverso l’uso intelligente della rete, si è creato un sistema alternativo di informazione che se ne infischia dell’omertà che circonda alcune tematiche e diffonde conoscenze e consapevolezza. Ormai la strada alternativa è stata tracciata e non ci resta che continuare ad imporre i temi della tutela di ciò che resta del paesaggio italiano.
I difensori del modello economico fondato sull’espansione edilizia etichettano spesso chi si oppone a tale visione citando l’atteggiamento noto con l’acronimo “Nimby”. Quali sarebbero, invece, le concrete alternative per salvare il suolo italiano e dare inoltre prospettive innovative all’economia?
Considero questa tua domanda la più importante per aggredire il dominio ideologico di coloro che distruggono il territorio e l’ambiente, guadagnano fiumi di denaro e non appena si manifestano le giuste e inevitabili proteste della popolazione residente tirano fuori l’anatema del Nimby. E lo fanno con indubbia efficacia, visto che la ricchezza enorme che ricavano dalla macchina dei grandi appalti pubblici serve anche per acquistare il controllo delle grandi testate della carta stampata nazionale. Il Messaggero e il Tempo di Roma e il Mattino di Napoli sono di proprietà di immobiliaristi. Nel gruppo di controllo del Corriere della Sera siedono uomini e banche che guadagnano con la speculazione fondiaria o con il controllo dei grandi appalti pubblici.
I comitati locali e i residenti che cercano sempre più spesso di contrastare grandi opere inutili, si pensi ai due casi più scandalosi oggi in campo, l’alta velocità che deturperà ancora di più la Val di Susa o il raddoppio dell’aeroporto di Fiumicino dove si prevedono altri 1200 di terreno agricolo da cementificare e tanti altri esempi puntualmente denunciati dal vostro ottimo sito. Ogni volta scatta la fatwa: la popolazione locale difende i propri privilegi ed è guidata soltanto da un cieco egoismo. Di più, con quei no si impedisce “la ripresa economica”. Una vergognosa opera di capovolgimento della realtà dal punto di vista generale e nel merito.
Dal punto di vista generale, assistiamo ogni giorno ad una vera “istigazione alla felicità”, anche per cose futili. Dal fustino di detersivo fino ai biscotti delle nostre frettolose colazioni mattutine, non c’è prodotto merceologico che non venga veicolato senza far ricorso ad una promessa di straordinario benessere. Insomma siamo in una bolla mediatica che ci impone felicità ad ogni angolo e quando le popolazioni locali si oppongono ad un’autostrada che passa a dieci metri dalle loro finestre o un inceneritore che li riempirà di veleni, vengono bollati di egoismo. E invece no, applicano il principio di felicità o almeno di “minore infelicità” e questo deve essere rispettato, non demonizzato.
E veniamo al merito. La classe dirigente di questo paese ci ha portato dentro una crisi di dimensioni mai viste, ma non solo non si assume, anche dialetticamente, le proprie responsabilità ma addirittura rovescia le colpe su coloro che si oppongono agli scempi del paesaggio. Anche qui però il gioco strumentale è scoperto: basta frequentare il sito anti Nimby, (www.nimbyforum.it), per verificare che le opere così fondamentali per lo sviluppo del paese che vengono impedite dall’azione degli egoisti, sono soltanto inceneritori, rigassificatori o altri nastri stradali. La sfida del futuro è nella creazione di una rete immateriale di livello tecnologico innovativo, nella ricerca e nell’istruzione, e qui la linea del piave sono gli inceneritori.
Il cemento si sta letteralmente mangiando l’Italia, come testimoniano i dati Ispra resi noti in un recente convegno, “Il consumo di suolo: lo stato, le cause e gli impatti”, tenutosi a Roma lo scorso febbraio. Il consumo di suolo non è solo una questione di estetica, ma riguarda drammaticamente la qualità della vita delle persone. Se non ci sarà un’inversione di tendenza cosa potrebbe concretamente accadere al territorio italiano?
Le ricerche sul consumo del suolo in Italia hanno avuto un grande impulso in quest’ultimo periodo. Il WWF e il FAI hanno pubblicato nel 2012 “Terra rubata, viaggio nell’Italia che scompare”. Nel 2011 Ambienteitalia pubblicava “Il consumo di suolo in Italia”. Paolo Pileri dell’Università di Milano e Bernardino Romano dell’Università de L’Aquila stanno approfondendo la ricerca. Il tema è diventato di scottante attualità. Il grande merito dell’Ispra è stato quello di aver dato sistematicità ai dati rilevati sull’intero territorio nazionale e di aver saputo lanciare l’allarme a livello istituzionale. Altro importante merito dell’Ispra è stato quello di aver comparato i dati sull’occupazione di suolo in Italia con quelli degli altri paesi europei. Ne viene confermata l’anomalia italiana: i nostri valori sono molto più elevati, segno evidente che in quei paesi la mano pubblica guida e controlla le trasformazioni del territorio mentre da noi il dominio della rendita fondiaria non ha argini.
Il futuro assume, se non riusciremo in tempi brevi ad interrompere questa anomalia tutta italiana, contorni davvero preoccupanti. Abbiamo le periferie più disordinate e più brutte d’Europa; abbiamo le aree produttive localizzate in modo irrazionale e prive degli indispensabili servizi tecnologici; abbiamo i servizi di trasporto su rotaia peggiori. Oggi la crisi economica impedisce ai comuni di risanare le periferie invivibili; gli industriali stanchi di pagare per le diseconomie di sistema si delocalizzano in Svizzera, Carinzia o in Croazia dove possono godere di efficienti servizi telematici; le distanze tra le periferie metropolitane e le città più forti aumenteranno a causa dell’ulteriore deperimento dei già carenti servizi di trasporto pubblici. Il disordine del nostro territorio sta diventando una gigantesca palla al piede che aggrava il declino del paese.
E nonostante questo si continuano ad espandere le nostre città ed aggredire altre aree agricole. La regione italiana che ha la più alta diffusione insediativa è il Veneto. Sono migliaia i capannoni abbandonati e centinaia le aree produttive in declino. Di fronte a questa realtà, la regione Veneto si sta per avviare la costruzione di cinque nuove “città del divertimento” che si mangeranno altre centinaia di ettari di campagna che si potevano realizzare sulle aree già costruite e dismesse. Ripeto, siamo prigionieri della rendita speculativa.
La questione davvero grave, che viene sistematicamente occultata, è che le amministrazioni locali si sono indebitate fino al collo proprio per assecondare questo insensato sviluppo urbanistico. Sono infatti i comuni che devono trovare i soldi per realizzare e gestire i servizi urbani che servono a garantire i diritti degli abitanti. I risultati dei venti anni di abnorme espansione urbana sono che Roma ha 11, 5 miliardi di deficit. Torino ne ha 3 in gran parte dovuti all’avventura delle Olimpiadi invernali del 2006. Parma ha quasi un miliardo di deficit. E così via. Non si hanno più i soldi per far funzionare i servizi sanitari e scolastici e si continua a consentire l’espansione urbana. Napoli, che vanta anch’essa un deficit di circa un miliardo di euro, il 30 gennaio di quest’anno ha bloccato il servizio di trasporto urbano perché non aveva i soldi per pagare il combustibile. E’ una situazione insostenibile.
La politica spesso si schiera al fianco delle grandi lobby dell’edilizia. È una scelta che, pur dettata da convenienze, paga politicamente?
Purtroppo paga. Paga per due ordini di motivi. In questi venti anni di “restaurazione” culturale il governo pubblico del territorio è stato cancellato in favore dell’urbanistica contrattata che di volta in volta premia la grande proprietà fondiaria per consentire mostruose colate di cemento. Il caso da antologia è il comune di Sesto San Giovanni, dove, come è emerso dalla indagini della magistratura inquirente, la trattativa per la trasformazione della grande area ex Falk da tempo abbandonata si è svolta proprio secondo i principi dell’urbanistica contrattata.
La discussione è avvenuta senza trasparenza e senza considerare le legittime esigenze della comunità locale. Nelle intercettazioni telefoniche gli amministratori comunali trattavano con la proprietà aumenti di un milione di metri cubi, una dimensione gigantesca, solo sulla base di oscure convenienze. Ma il vergognoso modello paga. Il regista dell’operazione, e cioè l’ex sindaco Filippo Penati era avviato ad una folgorante carriera politica, presidente della provincia milanese, consigliere regionale lombardo e chissà quant’altro se non ci fosse stato l’intervento della magistratura.
Ma c’è anche un altro aspetto che non viene mai evidenziato e che fa parte sempre della stesso capitolo della cancellazione delle regole. In questo caso mi riferisco al comparto dei lavori pubblici, dove in base alle regole legislative vigenti si possono affidare appalti pubblici a trattativa diretta, e cioè scegliendo senza trasparenza le imprese cui affidare l’esecuzione delle opere, per importi dei lavori fino a 500 mila euro. Mi chiedo quante strade che deturpano il paesaggio locale, inutili rotonde stradali o parcheggi nascono dal cilindro di questa mancanza di regole. Del resto perché meravigliarsi? Siamo l’unico paese del mondo sviluppato che non punisce un reato gravissimo come il falso in bilancio. Dobbiamo ripristinare le regole se vogliamo salvare il paesaggio.
Il mercato immobiliare è fermo da tempo; nessuno compra e chi vende lo fa deprezzando. Perchè si continua allora a costruire nonostante, a un primo sguardo, la cosa non convenga a nessuno?
E’ vero che si continua a costruire senza soste, e se anche se siamo di fronte ad un evidente rallentamento dell’attività stiamo minando il futuro delle città. Una autorevole conferma viene dal Politecnico di Milano, che nel 2011 ha compiuto un’indagine sulla dimensione degli alloggi invenduti in alcune città della Lombardia. Con le decisioni prese attraverso l’urbanistica contrattata Bergamo (120 mila abitanti) avrà 135 mila alloggi nuovi invenduti nel 2018.
Brescia (190 mila abitanti) ne avrà 107 mila. Tra cinque anni, se non fermiamo con un provvedimento statale questa folle dinamica ci saranno case vuote sufficienti per ospitare due altre città grandi come le stesse Bergamo e Brescia. La rendita immobiliare sta creando le condizioni per un disastro sociale di dimensioni inedite: è urgente che lo Stato intervenga con forza e blocchi questi processi con un provvedimento deciso di emergenza.
La risposta sulle motivazioni strutturali che sostengono la creazione di nuova offerta edilizia pur in presenza di una domanda molto debole sta nelle caratteristiche dell’economia finanziaria che si è affermata a livello globale. Oggi sono i grandi fondi di investimento sovrani, i fondi assicurativi o pensionistici ad avere a disposizione una enorme liquidità: invece di destinarli ad attività produttive – sempre difficili e rischiose per rientrare dei capitali investiti – è più sicuro investire nel mattone. Anche se oggi non ci sono le condizioni per vendere, quei fondi scommettono nella ripresa del mercato edilizio che gli consentirà di rivalutare notevolmente i capitali investiti. Sono dunque le caratteristiche della finanza speculativa ad alimentare lo spreco del territorio.
I bilanci delle banche, oltre ai risultati di una cattiva gestione dei complessi strumenti finanziari come i derivati, patiscono anche per i cattivi investimenti immobiliari? C’è oggi una concreta possibilità che esploda una bolla immobiliare in Italia tale da scatenare un effetto domino?
L’azione della giunta comunale di Roma ci sta dando in questi giorni la più evidente dimostrazione che i bilanci delle banche soffrono di irresponsabili avventure immobiliari. Il Monte dei Paschi di Siena, attraverso la sua società Sansedoni, ha rilevato, proprio per rientrare dai crediti che vantava verso il gruppo Ligresti, un terreno nella periferia romana di proprietà Ligresti, a Casal Boccone. Il terreno era destinato a realizzare uffici che oggi versano in una grande crisi perfino nel centro storico, figuriamoci in quel lembo di estrema periferia. Il sindaco Alemanno vuole far approvare al consiglio comunale in queste ultime settimane di attività, si vota a fine aprile, una variante ad hoc, uno dei numerosi casi di urbanistica contrattata, con cui quelle volumetrie senza mercato vengono mutate in abitazioni che un mercato ce l’hanno ancora.
Insomma, le città sono dominate dai signori del mattone e quando spira brutta aria le banche che avevano finanziato allegramente per recuperare crediti applicano le ricette della speculazione immobiliare. Riguardo alla bolla immobiliare, di recente il presidente dell’Ance ha tentato di rassicurare tutti i proprietari di immobili che in Italia non esistono rischi di svalutazione radicale del valore degli immobili. Ottimismo di facciata. Giacomo Vaciago, uno dei maggiori economisti italiani, sulle colonne del Sole 24 Ore (“La “bolla” delle varianti urbanistiche” 16 febbraio 2012) aveva lanciato invece un motivato allarme sul rischio che se venissero attuate tutte le immense previsioni dei piani regolatori in vigore, ci sarebbe la concreta sicurezza dell’esplosione di una bolla immobiliare. Ripeto quanto dicevo in precedenza: è indispensabile un provvedimento di moratoria generalizzata delle espansioni edilizie. Per gli appetiti di qualche centinaio di proprietari di terreni edificabili rischiamo di provocare la svalutazione degli alloggi in possesso delle famiglie italiane.
L’Italia è arrivata ad un crocevia fondamentale della propria storia, e oggi la tutela del paesaggio e dell’ambiente si impongono all’attenzione dell’opinione pubblica come temi ineludibili dell’agenda politica. L’informazione libera della Rete ha dato una mano, ma ora tocca ad ognuno di noi portare avanti l’opera. Questa sì, veramente grande e utile al Paese.