di Gianfranco Miroglio.
E’ finito il letargo.
E’ vero, le mattine sono ancora gracili corazze di brina;… sono specchi di ghiaccio e piccole nicchie di neve raccolta in gomitoli cocciuti ai piedi di qualche riva e nei solchi più riparati di un rio: tutto ciò che resta di una speranza di autentico inverno, durata troppo poco.
Basta niente però - …qualche ora incerta, qualche attimo sospeso sulla razionalità - e le brevi magie dell’alba si squagliano in fretta.
Le giornate sono già sole e tepore; sono ombre rapide di passeri in volo; sono il richiamo anacronistico delle cornacchie infastidite d’azzurro.
Nelle ore più calde, in pozzanghere di terra, si affacciano addirittura dei fiori.
Ma non solo.
Sopra, intorno e contro i fiori sbucano le mille ferite che le nostre colline e i nostri campi si portano addosso e che le garze di freddo hanno, per qualche settimana, mimetizzato.
Cantieri irrisolti, scarabocchi di mattoni e cemento, discariche abusive, colate di materiali di risulta giù per i bordi scoscesi della strade. Provinciali, comunali, interpoderali.
Sono sempre di più, come i sacchetti di rifiuti sparati dalle auto in corsa o scaricati da furgoni neppure furtivi, sfrontati anzi, impuniti nel procedere.
Lercia griffe di un analfabetismo di ritorno che, ben ingrassato dai decaloghi dei pirati del profitto, si sta sforzando di archiviare per sempre idee passate e confuse di educazione, di rispetto, di norme; si sta impegnando a umiliare nell’indifferenza un lontano senso di bello e di buono.
E’ finito il letargo e si sono interrotte le sue illusioni di pace, le sue suggestioni di respiro e di nitore.
La natura - secondo i rituali dei sussidiari dei bambini - si sveglia.
Ma, anziché sorridere, si stropiccia in smorfie giallognole di stupore e di rughe.
…Segno che anche le fantasie di chi comanda, di chi sa, di chi amministra si stanno svegliando e danno cenni inquietanti di fermenti e di polluzioni.
Sono le erezioni incrociate e “produttive” del Partito dei “Sì”.
Sono i notabili dell’affare che sguinzagliano nelle periferie i propri portaborse.
Stemmini dorati e labari del Potere.
Pontificano tronfi, per interposta persona e per interposta intuizione.
I re dei mattoni, degli asfalti, dei cementi “ci mandano a dire”.
Le bocche che ci dicono sono quelle di sempre; …sono le labbra eccitate e le pupille accese di minuscoli e modesti politici pescati nel mazzo.
Me lo sento: la primavera porterà di nuovo il pericoloso scherzo dei plastici, la moda e le mazzette del Monopoli, il tam tam dei Progetti Ineludibili, lo sventolare di mani e di dita degli Uomini del destino.
Le voci calde e fonde dei nostri Vati.
Ci porterà la paresi di denti troppo bianchi per essere sinceri.
Passando lungo le settimane, tra un titolo di giornale e una mappa di catasto, osservo strane Voglie individuali farsi Necessità universali.
Ascolto Farneticazioni di Gruppo diventare Consigli sociali.
Verifico Condanne senza appello del passato trasformarsi in Soluzioni o, addirittura, in Grandi Opportunità. Per il futuro.
Così, con il bel tempo che incalza, si torna a valorizzare il territorio.
E’ lo stesso Partito dei Sì - proprio quello di prima - che ha saputo dire ostinatamente no a qualsiasi proposta di protezione e di salvaguardia.
Compagni di merende e di ipocrisia, squadra ben affiatata e rodata, bravissima a imbalsamare di stronzate i creduloni che le arrivano o le sono arrivati a tiro.
Niente Parco di Valmanera, quindi, niente Stagni di Bellangero.
Niente acqua, niente terra, niente aria.
Niente lacrime.
Schizofrenia d’obbligo.
Così la piana di Quarto o i dintorni di Valterza – terre recentemente intaccabili per pareri scientifici e per sommosse popolari – ora si offrono come ampio contesto su cui tirare su, un mattone dopo l’altro, i comignoli di quell’inceneritore che, da mesi e sotto varie etichette, va traslocando come un incubo da un angolo all’altro della nostra provincia.
Così le anse del Tanaro e la collina di San Pietro, i laghetti della Bula, gli orti e i balconi di corso Alba si apprestano a fare posto alla più inutile, più insensata, più costosa delle strade.
Cara gente, diciamocelo senza dubbi e senza fisime: molto meglio le ceneri, le polveri sottili e non, i gas di scarico, la transumanza dei Tir travestiti da autoambulanze piuttosto che gli aironi, che gli alberi, che il pelobate fosco, che un turismo sostenibile, …piuttosto che i ricordi dei padri e dei nonni,…che le memorie dei luoghi.
... Che la salute di tutti.
Del resto, se si fa finta di pensare – preoccupati – ad un trasporto celere, il più celere che si può, verso il “Cardinal Massaia”, allora tanto vale pensare – preoccupati – a che ci sia la materia prima,… che si conservi il target di riferimento, l’oggetto specifico delle attenzioni: i malati appunto.
Molto ma molto meglio (e più lucroso) curare che prevenire.
E’ finito il letargo e temo che mi si stia risvegliando anche l’abituale quota di pessimismo.
E ci saranno pure le elezioni!
Che fretta c’era, maledetta primavera!