Alla fine, dopo le proteste tecnicamente motivate del Comitato Ambiente Valle Versa, dell'amministrazione e dei cittadini di Cunico e dintorni, il progetto per un nuovo impianto di produzione di energia elettrica a biogas non è stato considerato idoneo dagli Enti riuniti nella Conferenza dei Servizi istituita dalla Provincia ...
L'azienda proponente ha ora 10 giorni di tempo per contestare il parere espresso, che poggia su alcune principali considerazioni critiche legate allo sfruttamento del suolo e al danneggiamento del paesaggio.
Il Comune di Cunico aveva trasmesso una propria valutazione critica del progetto, qui vi proponiamo invece il documento di "osservazioni" proposto dal Comitato Ambiente Valle Versa.
Oggetto: Conferenza dei Servizi indetta dalla Provincia di Asti in data 30/08/2012 e relativa alla costruzione di un impianto termoelettrico alimentato da biogas, proponente S.A. Molinasso Energy nel Comune di Cunico.
Il Comitato Ambiente Valle Versa, in qualità di portavoce della popolazione di Cunico e comuni limitrofi, esprime con questa nota la totale condivisione delle osservazioni e pareri ostativi presentati in questa sede dal Comune di Cunico.
Inoltre, pur riaffermando il proprio accordo circa la necessità a livello nazionale di valorizzazione e sviluppo della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, si ritiene che l’impianto oggetto del presente procedimento autorizzativo non offra quelle giuste garanzie di tutela del benessere pubblico, del patrimonio paesaggistico e territoriale, non che di integrazione e valorizzazione dell’economia agro-rurale locale più volte espresse in termini di indirizzo dal legislatore.
In particolare si evidenzia quanto segue:
• La produzione in ambito agricolo del biogas da mais e/o da cereali, non richiede prodotti di qualità; ciò significa anche una progressiva dequalificazione della pratica e della professionalità agricola contrariamente agli indirizzi comunitari, nazionali e regionali. Si potrebbe affermare che la produzione del biogas da colture dedicate, anziché dalla logica ampiamente sostenibile dagli scarti delle lavorazioni agricole e/o zootecniche, significa la progressiva dequalificazione di un’affermata agricoltura. Inoltre la logica della esclusiva produzione di energia elettrica, come lo è il caso in questione, non può intendersi sostitutiva e/o compensativa del reddito agricolo; ma di fatto significa indebolire ulteriormente il comparto agricolo stesso ponendolo in prospettiva alla mercé della prevedibile futura riduzione e/o sospensione degli incentivi statali che oggi, soli, ne motivano la sostenibilità economica. D’altro canto nella logica dell’economia nazionale non è più sostenibile che il costo di tali incentivi ricada quasi totalmente sulla collettività degli utenti. Nella logica invece di una più razionale economia rurale sostenibile, come pure del suo reddito, la produzione di energia intesa nel contesto della cogenerazione e quindi della valorizzazione e utilizzo di tutte le energie prodotte assume rilevanza nel momento in cui l’utilizzatore è e/o sono le stesse aziende agricole o zootecniche, per soddisfare principalmente i consumi aziendali, con impianti opportunamente dimensionati e di conseguenza a basso impatto ambientale e/o maggiormente integrabili nelle strutture aziendali e rurali, che producono energia elettrica, termica e meccanica impiegando gli scarti delle loro lavorazioni.
Dal punto di vista delle peculiarità del territorio e delle sue caratteristiche ambientali e rurali la produzione di energia da fonti rinnovabili dovrebbe maggiormente ricondursi ad indirizzi di sostenibilità che esprimono significativamente e realisticamente le caratteristiche territoriali. Ciò assume particolare rilevanza in un territorio quale il nostro caratterizzato da una realtà agricola fortemente parcellizzata.
• Dal punto di vista della tutela della salute pubblica non si possono disconoscere gli allarmi che la letteratura del settore, in parallelo con la diffusione in tutta Europa di questo genere di impianti, sta progressivamente rendendo pubblici. Primo tra tutti si fa riferimento all’allarme botulismo proveniente dalla Germania. In mancanza ad oggi del recepimento ufficiale da parte della normativa in tema di tutela ambientale di tali allarmi, non si può per altro escludere il diritto della popolazione ad una giusta preoccupazione.
• Con riferimento specifico all’impianto in discussione, si ritiene inoltre che i 40.000 Nn3/h di polveri emessi dall’impianto di essiccamento del digestato costituiscano una massa gassosa significativa e preoccupante. Si ribadisce la recente conferma dell’OMS che sotto i PM2,5 tali polveri sono cancerogene. Inoltre non risulta esplicitato dalla documentazione di progetto il contenuto di tali emissioni (ossidi di azoto, composti organici volatili, ecc). Particolarmente grave è poi l’affermazione del proponente “la Ditta non fornisce questi particolari tecnici, adducendo il diritto di riservatezza sulla propria tecnologia” fornita in risposta alle richieste di chiarimenti in merito espressa dall’Ufficio ARPA competente. Si coglie l’occasione per sottolineare come, anche in numerosi altri casi, le risposte fornite dal proponente appaiano superficiali, fuorvianti e non esaustive e come queste spesso si basino su interpretazioni errate o volutamente strumentali delle norme di legge in vigore.
• Altro punto non espressamente esplicitato dal legislatore se non in termini di indirizzi generali riguarda, per le aree inserite nelle “Zone di Mantenimento”, la verifica ed il calcolo dell’apporto negativo alla qualità dell’aria delle emissioni indirette generate dalla gestione di un tale impianto. Si fa riferimento in particolare al contenuto di NOx, CO e PM emessi dai numerosi mezzi che saranno adibiti al trasporto delle materie prime e del digestato. Anche in tale merito la popolazione esprime debita e oggettiva preoccupazione, anche in ragione dell’ampiezza del bacino di raccolta e spandimento che fuoriesce dalle regole della filiera corta così come riconosciute dal Piano Energetico Provinciale.
Come più volte espresso, tutto quanto sopra assume particolare rilevanza per la contemporanea presenza sul territorio di altri due impianti già esistenti, con particolare riferimento a quello posto, a meno di 1 km di distanza, sotto la collina di Scandeluzza.
Appare evidente che il sommarsi di più impianti in tale breve raggio comporti la moltiplicazione esponenziale dei fattori negativi ambientali collegati. Se il legislatore ha scelto di imporre il limite di 1 MW per la definizione dei mini-impianti soggetti a procedura di autorizzazione semplificata, va però considerato che la loro proliferazione incontrollata su uno stesso territorio vanifica il contenuto di principio di tale criterio.
Si ricorda che tale concetto è stato preso in carico recentemente dalla Regione Piemonte con l’emissione del DGR 5-3314 del 30 gennaio 2012 in cui, al paragrafo 5 “Valutazione del cumulo degli impianti”si legge:
“Il d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28 recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, all’articolo 4, comma 3 prevede espressamente che, “le Regioni […] stabiliscono i casi in cui la presentazione di più progetti per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili e localizzati nella medesima area o in aree contigue sono da valutare in termini cumulativi nell’ambito della valutazione di impatto ambientale”.
Da ciò consegue che, sulla base delle disposizioni citate, l’istruttoria debba tenere conto della situazione in cui il nuovo intervento dovrà inserirsi e, in particolare, “del cumulo con altri progetti”.
Pertanto, la valutazione cui l’Amministrazione competente è chiamata non può esaurirsi nell’esame del progetto proposto quale fatto a sé stante, avulso dal contesto paesaggistico, edilizio, ambientale e territoriale di fondo, bensì deve tenere conto della sua interazione con gli impianti preesistenti - a maggior ragione qualora non siano stati a suo tempo sottoposti ad alcuna previa verifica ambientale - e con gli altri progetti presentati all’Amministrazione per la realizzazione”.
Anche in considerazione della recrudescenza di richieste di autorizzazione di impianti di questo tipo, il Comitato auspica che la Provincia, di concerto con i Comuni, si impegni al più presto a definire un pianificazione territoriale integrata che fornisca le giuste linee guida in merito alla dislocazione degli impianti stessi, applicando a livello provinciale i concetti di burden-sharing già previsti a livello nazionale e regionale.
Nel frattempo, e in virtù di tutto quanto sopra esposto, il Comitato richiede espressamente alla Provincia, in qualità di gestore della Conferenza dei Servizi e quindi di ente responsabile della sua conclusione decisoria, di porre particolare peso ed attenzione alle esigenze e preoccupazioni qui espresse dalla cittadinanza, nonchè a tutti i pareri negativi forniti dagli altri enti partecipanti alla Conferenza.
Si allega al presente documento ulteriore integrazione alle firme in opposizione alla costruzione dell’impianto in oggetto già precedentemente presentate nel corso della II Conferenza dei Servizi.
Il Comitato Ambiente Valle Versa.