Come si valorizza un territorio ?

Imagedi Gianfranco Miroglio, animatore del piano di valorizzazione territoriale “Le colline del mare”.

Ho una preghierina che preme da dentro: “Ci ripensi chi può!”. Non è una polemica, per carità, non è più una rabbia. So, per averle già sperimentate, che non servono, che lasciano il tempo che trovano; che innescano soltanto duelli e non riflessioni. Non producono. Niente comizi, quindi. Semmai mi conservo – in privato – un po’ di sconforto e di malinconia, quasi ovvii dopo tante parole del passato e di fronte all’angoscioso ripetersi quotidiano di emergenze/tragedie ambientali. Quando, queste ultime, ci insegneranno qualcosa ? ...

Tuttavia, sollecitato da alcune sue dichiarazioni recenti, mi permetto di elencare pochi pensieri e qualche mia ansia al sindaco di Cortiglione.

Non condivido l’affermazione - mi auguro molto semplificata dalla stringatezza dell’articolo - secondo la quale “sarebbe bello non toccare la natura … ma così poi non si fa più nulla” (cfr. La Stampa di giovedì 3 novembre).

La battuta sarebbe scaturita in replica a chi si rifiuta di veder nascere in un angolo di quelle colline un campus di maschere da guerra, luogo di giochi per adulti fatti apposta per offrire relax e sfogo a sedicenti manager, oltre che stranguglioni alle volpi e ai passanti.

Con e per il campus, l’aggiunta di una nuova costruzione, almeno sulla carta non proprio irrilevante.

Come detto all’inizio, non entro nel merito specifico della querelle.

Al Sindaco, però, mi sento di sussurrare che Cortiglione è già ben inserito in un Piano di Valorizzazione Territoriale (“Le colline del Mare”) che ha come obiettivo quello di conservare  le ricchezze del posto “così come sono”, tutte: ambientali, culturali, sociali e umane.

I boschi, quindi,  e i sentieri, poi i siti paleontologici, i piccoli musei, le manifestazioni, le relazioni, le facce senza trucchi mimetici di uomini e di donne, di vecchi e di bambini, le amicizie, le volontà e le solidarietà.

Beni straordinari e sottovalutati, specie gli ultimi - fatti di emozioni e di sentimenti tranquilli - da offrire a chi arriva per confermare quel senso di accoglienza e di serenità che qualsiasi tramonto e qualsiasi alba, qualsiasi nebbia o qualsiasi nevicata, la caduta delle foglie come lo sbocciare delle orchidee, dalle nostre parti, se lasciati in pace (cioè “così come e dove stanno”), sono senz’altro ancora capaci di trasmettere.

Io continuo a credere nei nostri posti – “delle fragole” e dei cuori – come in posti che, se non massacrati, strapazzati, sepolti di cemento o di altre estrose novità, si possono candidare quali habitat ideali per bellissimi “giochi di pace”: gente, anzi persone che camminano e che corrono, che scoprono e che ricordano, che parlano , che chiedono e che sorridono, che mangiano e che bevono, che visitano, che fotografano e che scrivono…

Giochi bellissimi, appunto, e soprattutto utili: culturalmente, didatticamente, educativamente.

Volendolo nei fatti e negli investimenti, anche economicamente.

 

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