A Febbraio vi avevamo raccontato di come, nel cuore del Veneto, ricco Nordest d'Italia, si stesse allargando a macchia d'olio la protesta di un gruppo (sempre più consistente) di agricoltori nei confronti delle loro rispettive amministrazioni comunali, colpevoli di voler rendere edificabile parte dei loro terreni coltivati. Quella protesta si è ora estesa in tutta Italia ed ha raggiunto anche Asti, dove i contadini di Variglie hanno indotto il Comune a stralciare le fertili terre dal nuovo piano di espansione previsto dalla "variante frazionale" ...
Ci sono voluti alcuni mesi, ma alla fine l'hanno vinta loro, gli agricoltori di Variglie. Guidati da Cesare Quaglia e Domenico Viarengo della Coldiretti (un agricoltore e un allevatore, entrambi giovani), i cittadini di Variglie hanno letto con attenzione le "carte" del primo progetto abbozzato dal Comune di Asti e si sono immediatamente preoccupati. Non hanno semplicemente detto "no, grazie: i terreni li vogliamo conservare per il nostro lavoro" (come sarebbe parso lecito e scontato) ma hanno iniziato ad analizzarlo, hanno indetto riunioni pubbliche, promosso una raccolta firme, dibattuto con gli amministratori, convinto la Circoscrizione ad occuparsene.
E in Comune, alla fine, hanno convenuto: niente nuova edificabilità a Variglie, dove i terreni sono particolarmente adatti a favorire la destinazione agricola e il piano frazionale in pectore rischiava di frantumare le aziende.
Un segnale importante. Che, ovviamente, risparmia i suoli fertili di Variglie ma non allontana i presumibili danni che la "variante frazionale" porterà con sè nel resto del territorio comunale e tiene aperta la necessità di un'azione mirata da parte dei cittadini astigiani in queste settimane che ancora permettono la presentazione di "osservazioni" analitiche al progetto.
Un plauso ai cittadini di Variglie, a Quaglia e Viarengo per il risultato ottenuto e il modo con cui questo finale è stato suggellato.
Ci piace concludere con questa frase di Domenico Viarengo riportata dai giornali locali, che condividiamo in pieno ed è una delle nostre principali certezze: «dobbiamo tenerci stretta la terra. Tutta quella che sottraiamo oggi all'agricoltura è la fame di domani».