di Ugo Mattei, Ordinario di diritto civile all'Università di Torino e co-estensore dei tre quesiti referendari a salvaguardia dell'Acqua Pubblica).
Proponiamo questo spunto del professor Mattei che tutti ricorderete come nostro ospite ad Asti, lo scorso 21 Aprile, in un partecipato incontro pubblico sul tema della difesa dei Beni Comuni e, in primis, della gestione pubblica dei nostri acquedotti. Mattei lancia un messaggio al Sindaco di Torino (anche presidente dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani) che ci trova pienamente concordi ...
Come ben noto è in corso una campagna referendaria volta alla ripubblicizzazione del servizio idrico integrato su tutto il territorio nazionale. Tale campagna chiama in modo chiaro e non ambiguo l'elettorato a pronunciarsi sull'inadeguatezza della società per azioni (anche a capitale interamente pubblico) e della logica privatistica ed aziendalistica che essa sottende nella gestione del servizio idrico integrato ...
Si chiede, fra l' altro, l'abrogazione completa dell'articolo 15 del cosiddetto decreto Ronchi. Il servizio idrico integrato è una specie del più ampio genere servizio pubblico, ed il decreto Ronchi infatti non riguarda il solo servizio idrico ma tutti i servizi pubblici di interesse economico.
Ne segue che allo stato attuale si trova sotto esame referendario una parte cospicua della normativa ai sensi della quale sono messi a gara i servizi pubblici. I dati raccolti in tre anni di lavoro presso l'Accademia Nazionale dei Lincei e pubblicati nel volume "Invertire la rotta. Idee per una riforma della proprietà pubblica" (a cura di Mattei, Reviglio e Rodotà per il Mulino, 2007) mostrano come quasi vent'anni di privatizzazioni in Italia abbiano comportato dei fenomeni generali e costanti: aumento dei prezzi al consumo; declino negli investimenti; aumento del budget per la pubblicità; aumento degli stipendi dei managers; aumento delle spese per le parcelle di servizi professionali quali studi legali e consulenti vari.
La visione politica del movimento referendario (che ha raccolto ormai oltre un milione di firme) è quella di far rivivere in Italia le condizioni per una piena attuazione dell'articolo 43 della Costituzione, quello che governa la riserva e il trasferimento di attività naturalmente monopolistiche (come il servizio idrico) o di primario interesse generale (e qui potrebbero aprirsi scenari entusiasmanti, dalla riconversione di Termini Imerese e Pomigliano ai trasporti urbani) a «comunità di utenti e di lavoratori».
Purtroppo la lettura della delibera comunale di Torino che vuole «mettere a gara» l'intero settore del trasporto pubblico urbano (Gtt) non senza avervi prima scorporato, con un' operazione di puro diritto societario, la metropolitana (servizio per sua natura in perdita e quindi assai meno appetibile per il privato) mostra l'arretratezza che ancora domina i principali partiti del centrosinistra.
La logica che informa la delibera è infatti quella puramente aziendalistica (e privatistica) nel merito, nel metodo e (ancor più fastidiosamente) nella retorica. La clamorosa superficialità giuridico-politica dell'operazione è denunciata anche dall'Agenzia per i servizi pubblici locali del Comune di Torino (un organismo indipendente di consulenza giuridico-amministrativa) nel suo parere a proposito del proposto «contratto di servizio per l' erogazione dei servizi relativi alla mobilità urbana», redatto in esecuzione della delibera comunale.
Il contratto, infatti, sembra un caso di scuola dell'incapacità per il «principale» (il Comune) di governare le «asimmetrie informative» che favoriranno l'«agente» (la società di diritto privato che gestirà la mobilità). Purtroppo i problemi tecnico-giuridici segnalati dall'Agenzia non sono rimediabili con meri cambi del testo contrattuale per il semplice fatto che le contingenze future in una materia tanto complessa quanto la mobilità urbana non sono prevedibili e governabili ex ante.
Questo limite strutturale del diritto dei contratti a governare il rapporto fra principale ed agente è ormai arcinoto nella letteratura giuridica ed economica (che infatti sempre più spesso propone il trust).
Purtroppo nel nostro sistema istituzionale "tornare indietro" dopo una privatizzazione fallimentare è estremamente difficile. Infatti le garanzie contro l'espropriazione per pubblica utilità tutelano il privato contro il ritorno al pubblico. In sostanza a Torino un'amministrazione comunale in scadenza muove passi irreversibili verso la privatizzazione di un servizio pubblico essenziale quale il trasporto locale (che andrebbe governato con la stella polare dell'ecologismo e non certo dell'aziendalismo) proprio mentre è in corso un processo referendario volto a cancellare il presupposto fondamentale (legge Ronchi) che legittima quest'azione.
Mi pare ci sia più di una ragione giuridica, politica e di opportunità perché Chiamparino rinunci al suo proposito e perché, più in generale, la cittadinanza si attivi per impedire questi colpi di coda del grande saccheggio del pubblico a favore del privato: a Torino come altrove - pare che i sostenitori politici dell'aziendalismo stiano disperatamente tentando di battere sul tempo Corte Costituzionale e referendum ...