I dati del 4° numero del «Diario della transizione» del Censis hanno fatto luce anche sul servizio idrico in Italia con un focus specifico sull’acqua minerale. Nonostante la crisi economica e la contrazione dei consumi, in Italia l’acqua minerale ha retto bene e, anzi, ha portato il nostro Paese ad essere il primo in Europa e il secondo nel Mondo (eravamo terzi fino allo scorso anno). Come spiega il Censis, siamo il Paese europeo con il più elevato consumo pro-capite di acqua in bottiglia, e addirittura il secondo su scala globale dopo il Messico ...
Il 61,8% delle famiglie italiane acquista acqua minerale e il consumo medio è pari a 192 litri all’anno per persona. In media ogni famiglia italiana spende 234 euro all’anno per l’acqua in bottiglia. Un consumo altissimo come altissimi sono i costi per lo smaltimento dei 9 miliardi di bottiglie in Pet (il materiale con cui sono costruite le bottiglie) che vengono utilizzate annualmente in Italia.
L’acqua che elimina l’acqua, altissima purissima…., l’atomo di sodio, l’uccellino che cinguetta, plim plim e tante altre pubblicità che ogni giorno ci fanno compagnia invogliandoci a bere l’acqua minerale. Ma siamo sicuri che l’acqua minerale è da preferire all’acqua del rubinetto? siamo sicuri che la pubblicità ci dice tutto?
Da anni analizziamo i dati forniti dagli studi effettuati da Legambiente e Altreconomia adesso rafforzati dallo studio del Censis. La prima campagna di studi effettuata si chiamava “Un Paese in Bottiglia” e risale al 2008 mentre l’ultimo aggiornamento è di luglio 2014 ed è intitolato “Regioni imbottigliate”. Attraverso dei semplici questionari è venuta fuori una realtà molto preoccupante su un argomento tabù per molti che a spada tratta difendono l’uso delle acque in bottiglia a discapito delle acque del rubinetto. Spesso però non si conosce ne la qualità delle acque in bottiglia, e nemmeno il business e soprattutto l’impatto ambientale enorme che si ha e di cui purtroppo molti sono complici inconsapevoli.
La maggior parte delle acque (l’82 %) infatti gira nel nostro territorio su gomma ed in contenitori di plastica (il 65%). Basti considerare l’uso di bottiglie di plastica monouso e il consumo di petrolio per fabbricarle, i camion per trasportarle e le relative emissioni atmosferiche, gli imballaggi plastici destinati alle discariche, quando non raccolti in maniera differenziata. Ognuna delle fasi – produzione, trasporto e smaltimento – che accompagna la vita di bottiglia di acqua minerale è caratterizzata da un forte impatto sulla qualità ambientale: nel 2012 per produrre le bottiglie di plastica per imbottigliare i circa 12 miliardi di litri di acque minerali sono state utilizzate 350mila tonnellate di PET, con un consumo di 665mila tonnellate di petrolio e un’emissione di gas serra di circa 910mila tonnellate di CO2 equivalente; la fase del trasporto dell’acqua minerale influisce non poco sulla qualità dell’aria, visto che le bottiglie percorrono molti chilometri su strada prima di arrivare sulle nostre tavole, viaggiando solo per il 18% del totale su ferrovia; solo un terzo circa delle bottiglie di plastica utilizzate sono state raccolte in maniera differenziata e destinate al riciclaggio. E questo ultimo dato è facilmente riscontrabile andando in spiaggia o girando nelle nostre città. Per non parlare dei conservanti e dei trattamenti che deve subire l’acqua per far si che per tutto il suo viaggio in giro per l’Italia non si deve mai rovinare.
Tutto avviene su una rete di infrastrutture molto fragile che è sovraccaricata di un peso inutile come quello di far girare ben 12 MILIARDI di litri di acqua su e giù per il paese.
Il motivo fondamentale che spinge gli italiani a rivolgere la propria attenzione verso le acque minerali, oltre ad una forte pressione imputabile alla martellante campagna pubblicitaria (dai dati di Altreconomia risulta che in Italia nel 2005 le aziende hanno investito in pubblicità circa 124 milioni di euro, una cifra 4 volte maggiore rispetto al 1990, quando i consumi pro capite erano poco più della metà di quelli attuali), è riconducibile sostanzialmente alla sfiducia nei confronti dell’acqua distribuita attraverso gli acquedotti piuttosto che al miglioramento delle condizioni di vita e ad una crescente ricerca di beni salutari, come invece sostenuto dalle industrie del settore. Avete infatti mai visto una campagna pubblicitaria che ci invoglia a bere l’acqua del rubinetto? Bisogna che i Comuni si impegnino in campagne massicce ed a tappeto nelle scuole per far conoscere l’affascinante percorso che fa l’acqua prima di arrivare ai rubinetti, magari andando nelle sorgenti o nei pozzi da cui viene emunta l’acqua e questo servirebbe anche a scoprire il nostro territorio. Bisogna inoltre che i dati analitici delle analisi che vengono eseguite quotidianamente nelle acque del rubinetto vengano facilmente rese pubbliche ed accessibili.
Anche per le nostre tasche questa gestione dell’acqua in famiglia è antieconomica infatti paghiamo l’acqua ben tre volte:
- 1 per avere acqua potabile ai rubinetti
- 2 per acquistare l’acqua in bottiglia
- 3 per pagare il servizio di smaltimento dei rifiuti prodotti.
Un autentico salasso che non conviene certamente alle famiglie, ma che conviene certamente alle aziende imbottigliatrici che sono sia grosse multinazionali che piccole realtà locali tutte accomunate da un business facile ed a basso costo di produzione. E fa veramente sorridere leggere il comunicato di confidustria Sicilia che riporta ad un certo punto questa incredibile affermazione “I nuovi canoni, che in alcuni casi sarebbero anche di 10 volte superiori, per un prodotto "povero" a basso valore aggiunto come l’acqua minerale – spiegano le imprese – non è sostenibile”. Si riferiscono al fatto che la regione Sicilia è stata l’unica regione d’Italia ad alzare i canoni di concessione per l’imbottigliamento (premiata anche dallo studio di Altreconomia e Legambiente) che nella finanziaria del 2013 ha aumentato detti canoni che fino ad oggi in Sicilia ed in Italia sono assolutamente ridicoli. Infatti dovete sapere che l’acqua in bottiglie di plastica costa da 2 a 4,5 euro alla confezione (6 bottiglie da 1,5 l). In realtà il costo effettivo dell’acqua contenuta nelle bottiglie è solo l’1% del costo di produzione totale, mentre l’imballaggio ne assorbe il 60%.
Questo a fronte di una richiesta pressante dell’Europa che ci dice di aumentare questi canoni di concessione (oggi regaliamo l’acqua ai privati) infatti si tratta semplicemente di applicare in Italia quello che le normative europee ci chiedono da tempo, ovvero attuare un sistema di tassazione “ambientale” per tutte quelle attività che nel loro svolgimento causano un impatto sul territorio e sulle risorse naturali, tra cui rientrano a pieno titolo anche quelle di imbottigliamento, che hanno al centro del loro business un bene prezioso e fondamentale per l’ambiente e la vita, l’acqua. Partendo da questo presupposto si potrebbe istituire un canone minimo nazionale per le concessioni di acque minerali pari ad almeno 20 euro a m3. Un dato che non deve impressionare nessuno perché si tratta -comunque- solo di 0,02 euro al litro imbottigliato, ovvero un ordine di grandezza minore rispetto al prezzo medio di vendita che si aggira intorno ai 20 centesimi al litro. Ai tassi attuali di prelievo si ricaverebbero circa 250 milioni di euro, rispetto a un giro di affari per le imprese, che si è attestato, nel 2012, a 2,3 miliardi di euro.
Risorse da destinare per le politiche di tutela e gestione della risorsa idrica e per lo stesso miglioramento del Servizio idrico integrato, su cui siamo ancora in forte ritardo, non solo sul fronte del servizio di fognatura e depurazione, per cui abbiamo già avuto due condanne da parte dell’Unione europea e nel 2014 si è aperta la terza procedura d’infrazione, ma anche su quello di distribuzione dell’acqua potabile nelle nostre case.
Tratto da: http://www.rifiutizerosicilia.com