di padre Alex Zanotelli.
“Donna, dammi da bere!” chiede un Gesù, stanco ed assetato, a una donna samaritana, nel Vangelo letto in questa terza domenica di Quaresima, in tutte le Chiese cattoliche del mondo.
“Dateci da bere!” gridano oggi milioni di impoveriti. In un Pianeta dove la popolazione sta crescendo e l’acqua diminuendo per il surriscaldamento, quel “dateci da bere!”, diventerà un grido sempre più angosciante. Nei volti di quelli assetati, noi credenti vediamo il volto di quel povero Cristo che ci ripeterà:”Avevo sete ... e non mi avete dato da bere!” …
L’ONU afferma che, entro la metà del nostro secolo, tre miliardi di esseri umani non avranno accesso all’acqua potabile. E’ un problema etico e morale di dimensioni planetarie che ci tocca direttamente. Di fatto, per noi cristiani l’acqua è sacra, l’acqua è vita, l’acqua è la madre di tutta la vita sulla terra. Senz’acqua gli esseri umani non possono vivere, per cui diventa, fin dalla nascita, un diritto fondamentale umano.
E allora, come mai le comunità cristiane non hanno protestato coralmente e alzato la voce, quando il nostro Parlamento (primo in Europa!) ha votato il 19 novembre 2009 la legge Ronchi, che dichiara l’acqua un bene di rilevanza economica?
Per noi cristiani l’acqua ha un enorme valore simbolico e sacramentale. E’ stato lo stesso Papa Benedetto XVI ad affermare nella sua enciclica sociale Caritas in veritate che l’acqua è un diritto fondamentale umano ... Per questo è ancora più sorprendente il silenzio dell’episcopato italiano sulla privatizzazione dell’acqua nel nostro paese.
L’insegnamento papale è stato invece ripreso sull’Osservatore Romano, in un articolo per la Giornata Mondiale dell’Acqua (22 marzo 2011) di Gaetano Vallini, dal titolo :”Una ricchezza da sottrarre alle leggi del mercato”: “In Italia si voterà un referendum che chiede di evitare di intraprendere la strada verso la privatizzazione dell’acqua – afferma Gaetano Vallini - Un referendum che ha visto impegnate anche alcune realtà ecclesiali nel comitato promotore, segno dell’attenzione del mondo cattolico verso un tema delicato e cruciale. Si tratta di un’attenzione quasi insita nel DNA dei credenti”.
Di fatto, nel Comitato Promotore per il referendum ci sono settori ecclesiali: la diocesi di Termoli, gli istituti missionari italiani, le ACLI e l’Agesci. Ma anche la Rete Interdiocesana Nuovi Stili di Vita sta promuovendo una campagna per il tempo di Pasqua sull’acqua come dono di Dio e bene comune, firmato da 24 diocesi e 5 uffici diocesani, sottolineando “sarà importante, quindi, partecipare attivamente al dibattito legato al referendum sulla gestione dell’acqua, che mira a salvaguardarla come bene comune e diritto universale, evitando una merce privata e privatizzabile ...”.
Come cristiani non possiamo accettare la legge Ronchi, votata dal nostro Parlamento (primo in Europa)il 19 novembre 2009, che dichiara l’acqua come bene di rilevanza economica.
Per questo, alla vigilia del referendum, ci appelliamo a tutte le comunità cristiane perché si impegnino, insieme a tutti i cittadini, in questa fondamentale sfida referendaria.
Ci appelliamo nuovamente alla Conferenza Episcopale italiana perché aiuti i credenti a capire che l’acqua è un bene di non rilevanza economica, e che dobbiamo togliere il profitto dall’acqua. E su queste due domande si fonda il referendum del 12 e 13 giugno.
Ci appelliamo ai sacerdoti e ai catechisti perché proclamino nelle omelie, nelle celebrazioni e nelle catechesi il valore sacrale dell’acqua.
E ci appelliamo a tutti i cristiani perché si impegnino a difendere “sorella acqua” come diritto fondamentale umano e a far nascere una cultura di profondo rispetto e risparmio di un bene così prezioso e così scarso.
Inoltre, sollecitiamo tutte le comunità cristiane a promuovere momenti di incontro, di riflessione, di approfondimento sull’acqua come bene comune e diritto fondamentale, grande dono di Dio che non può mai diventare merce.
Pochi hanno espresso così bene questa visione cristiana sull’acqua come il vescovo cileno Luis Infanti della Mora nella sua lettera pastorale Dacci oggi la nostra acqua quotidiana.: ”La crescente politica di privatizzazione è moralmente inaccettabile quando cerca di impadronirsi di elementi così vitali come l’acqua, creando una nuova categoria sociale: gli esclusi. Alcune imprese multinazionali che cercano di impadronirsi di alcuni beni della natura e soprattutto dell’acqua, possono essere padrone di questi beni e dei relativi diritti, ma non sono eticamente proprietarie di un bene da cui dipende la vita dell’umanità. E’ un’ingiustizia istituzionalizzata che crea ulteriore fame e povertà facendo sì che la natura sia la più sacrificata e la specie più minacciata sia quella umana, i più poveri, in particolare”.