A cura di Cesare Cuniberto, Gino Scarsi, Silvio Veglio.
Lo scorso 2 Dicembre il quotidiano "La Stampa" ha pubblicato a tutta pagina un’intervista al progettista dell’impianto di biometano di Govone, Andrea Chiabrando. Nella stessa giornata abbiamo marciato come viene fatto in tutto il mondo, su iniziativa delle Nazioni Unite e della FAO, per celebrare il suolo e la sua tutela, con lo scopo di aumentare la consapevolezza sulla sua importanza per la vita umana.
Abbiamo ricordato che la nostra provincia è la maglia nera del Piemonte per il consumo di suolo e abbiamo spiegato perché le affermazioni del progettista Chiabrando sul progetto di biometano sono sbagliate e incomplete...
Avremmo voluto che il giornale "La Stampa", per par condicio, pubblicasse anche le nostre osservazioni “per dare risposte ai timori della popolazione”, oltre a quelle di Snam/Ferrero, ma così non è stato.
Quindi abbiamo pensato di inviare a tutti i media questo testo, inviato al quotidiano e non pubblicato, affinché si faccia chiarezza sul progetto e si raccontino i fatti con trasparenza e più in dettaglio possibile.
Ecco il testo:
SI AL COMPOSTAGGIO TRADIZIONALE PER GLI SCARTI FERRERO
Il compostaggio tradizionale è da preferire in via prioritaria alla digestione anaerobica (DA): la combustione del biogas/biometano presenta notevoli criticità e rischi ambientali e sanitari. Le altre forme di energia, che non richiedono la combustione, come fotovoltaico, eolico, idrico, ecc., non presentano problemi.
ESISTONO NEL RAGGIO DI 60km IMPIANTI DI DIGESTIONE AEROBICA E DI COMPOSTAGGIO SUFFICIENTI PER TRATTARE TUTTO IL MATERIALE FERRERO: dall’impianto di Borgo San Dalmazzo la cui riqualificazione tecnologica è stata messa in discussione per la mancanza di certezza di avere il conferimento necessario, all’impianto di San Damiano d’Asti che ha la capacità di assorbire 20-30000 t/y di matrici, all’impianto di Fossano, all’impianto di Sommariva Perno. La Ferrero conferisce meno di 40.000-50.000 t/y. Può continuare come oggi, ma c’è il business sulla pelle dei govonesi.
NELLA ZONA DEL PARMIGIANO NO BIOMETANO
La Regione Emilia Romagna vieta impianti DA nelle zone di produzione del parmigiano-reggiano.
HA UN BASSO RENDIMENTO ENERGETICO
L’impianto ha un basso di rendimento energetico: il rapporto tra l’energia investita e quella ottenuta è di 1 a 1,4, contro 1 a 7 del fotovoltaico e 1 a 24 dell’idroelettrico.
NON È ECONOMICAMENTE SOSTENIBILE
Non è è economicamente sostenibile: senza gli incentivi previsti dallo Stato (28 mil€ dal PNRR) la tariffa premio garantisce oltre 6 mil euro all’anno. Questi impianti non portano vantaggi alla collettività e al territorio, al contrario consumano soldi pubblici sia come investimenti che come incentivo sulla tariffa. Soldi che potrebbero essere destinati a fonti energetiche più sostenibili.
CONSUMO IDRICO
Consuma molta acqua durante tutto il ciclo: per Canove circa 20.000 m3/anno prelevati dall’acquedotto. Ogni 3 tonnellate di scarti serve 1 tonnellata d’acqua.
EMISSIONI INQUINANTI
Aumentano le Emissioni di Inquinanti atmosferici: Emissioni da traffico veicolare, da motore cogenerativo, da caldaie, biofiltro, torcia di emergenza. L’insieme degli inquinanti emessi dall’impianto non sono trascurabili per la salute della popolazione!
Inoltre una delle peculiarità delle polveri sospese, cioè le più sottili, è quella di avere una velocità di deposizione al suolo molto bassa, e quindi un tempo di permanenza in atmosfera lungo: ciò significa che, fino a quando venti o piogge non spostano o fanno depositare le polveri al suolo, le nuove polveri emesse dall’impianto si sommano a quelle già presenti, favorendo un incremento pericoloso per la salute di tali particelle nell’aria, che possono essere il risultato di molti giorni di emissioni.
Non valutando questi aspetti si rischia una rilevante sottostima delle reali quantità di polveri indotte dall’impianto proposto, che possono danneggiare ambiente e salute.
Il rilevamento fatto nel 2019/20 a Govone indica un tendenziale superamento dei 35 giorni all’anno del limite giornaliero di PM 10. E’ quindi possibile che l’aggiunta delle sostanze emesse dall’impianto proposto possano favorire il superamento dei limiti in vigore e, ancor di più, quelli previsti in un prossimo futuro. Inoltre il Parlamento Europeo, prevede che dal 2030 si abbassi ulteriormente la soglia di tolleranza.
BIOMETANO MOLTO DIFFUSO
Dichiara il progettista: si tratta di un processo largamente diffuso anche nelle campagne piemontesi ove sono presenti più di duecento impianti di questo tipo: È diffuso nelle campagne in piccoli impianti per trattare liquami da bovini o suini e non scarti alimentari.
DIGESTATO
Dichiara il progettista: Il residuo della lavorazione chiamato digestato viene trasformato, come detto, in un fertilizzante organico: si tratta di fertilizzante scadente. Inoltre si afferma che in caso di lotti di digestato essiccato non conformi alla normativa, questo verrà inviato allo spandimento su terreni nei pressi dell’impianto che verranno individuati dal Proponente; ma ciò comporta rischi per l’ambiente e per le falde.
Oltre a ciò, 6000 t/a di rifiuti verranno prodotti dall’impianto, di cui alcuni pericolosi! Dove verranno messi?
SOLO SVANTAGGI PER LA COMUNITÀ GOVONESE
Il progetto di Canove non è idoneo a gestire nella maniera ottimale gli scarti che si vogliono conferire: può provocare danni all’ambiente e alla salute della popolazione.
CONSUMO DI SUOLO E CEMENTIFICAZIONE
LA SUPERFICIE COMPLESSIVA AREA INTERESSATA (agricola+produttiva): 44.438,52 mq di cui 26944 mq sono terreni agricoli di classe 1.
Quindi consuma grandi quantità di suolo agricolo fertile.
DATI FISICI:
È prevista la costruzione di due pre vasche di carico in cemento di 12.6 m di diametro e alte 6 metri, un capannone per la ricezione dei sottoprodotti in cemento lungo 110 m, largo 30 e alto 12,5 m; 7 digestori in cemento, avranno un diametro di 24 m con una altezza di 8 m.
Altri mostri di cemento dannosi anche per il cambiamento climatico oltre ai rilevanti costi per lo smantellamento e smaltimento a fine ciclo produttivo, previsto in appena 15-20 anni.