Canale ecologia è una associazione ODV che lavora anche nel campo della preservazione e tutela delle aree boschivo-forestali.
Intendiamo presentare, alcune osservazioni che derivano dal nostro diretto operare sul campo, più che avanzare proposte di modifica al testo presentato. Premettiamo che la nostra associazione, che opera dal 1991, ha acquistato in proprietà in tutti questi anni ben trenta ettari di terreni boscati nella zona del Roero(CN).
Riteniamo infatti che preservare foreste e boschi rappresenti una scelta strategica per l'ambiente e il paesaggio, indispensabile nella preservazione della biodiversità, nella protezione idrogeologica dei suoli, nel mantenimento dell'equilibrio ecologico, nella regolazione del clima e del ciclo dell'acqua e nella definizione e racconto culturale di un territorio...
Sottolineiamo il fatto che questi trenta ettari di boschi rappresentano un polmone di compensazione all’interno di un territorio di pregiatissimi vigneti che sta vivendo una preoccupante e invasiva trasformazione ambientale. Stiamo assistendo infatti alla progressiva scomparsa dei boschi interstiziali, macchie boschive anche di notevoli estensioni situate a nord, attestate sovente con importanti esemplari arborei, che lasciano il posto alla preoccupante (nel senso della biodiversità perduta) bi-coltura vite-nocciolo.
Assistiamo da una parte agli enunciati roboanti che farebbero ben sperare, sbandierati a livello nazionali e regionale, (presenti anche nel documento di SFN in oggetto), di grande tutela di foreste, boschi e biodiversità, di rimboschimenti e di economie circolari, ma poi di fatto le eccezioni, le compensazioni e la mancanza di controllo fanno sì che autentici piccoli patrimoni boschivi e invidiabili esemplari arborei spariscano: alla faccia della tutela gridata.
Il suolo, l'acqua e l'aria, i boschi e le foreste sono un bene comune, con una caratteristica che ci accomuna a loro e ne incrementa la necessità di conservazione, protezione, rispetto: sono esseri viventi.
Abbiamo la grande preoccupazione che il testo in esame continui e che anzi peggiori l’attuale situazione innescata con il TUFF.
Infatti appare evidente che il TUFF, l’attuale "Testo Unico sulle Foreste e sulle Filiere Forestali" sin dalla sua introduzione si riveli impostato su un grande equivoco di base: i problemi relativi alle foreste e ai boschi vengono considerati nello stesso contesto di quello delle filiere forestali, intese in senso economico.
L'unico problema delle foreste, dei boschi e degli alberi, infatti, è proprio provocato dall'attività umana. I due ambiti sono incompatibili, non sono le foreste a dover essere normate, monitorate, controllate ed eventualmente sanzionate, ma le filiere forestali, dalle grandi imprese del settore al singolo operatore armato di motosega, di cui la Natura, nel corso della vita della Terra, ha dimostrato di poter fare a meno, regolando da se il mondo vegetale.
I danni in termini ecologici, paesaggistici, storici, culturali, estetici, produttivi (pensiamo al miele, ai funghi, ai tartufi) e turistici delle attività pianificate e condotte da chi considera le foreste, gli alberi solo come "fabbrica di legname" da sfruttare nella filiera del legno e fonte di combustibile a buon mercato per la produzione di energia (cosiddetta rinnovabile, che nel caso specifico rinnovabile non è), sono incalcolabili, per la nostra generazione e per quelle future.
Queste considerazioni che peraltro riflettono numerosi articoli della nostra Costituzione (inerenti paesaggio, salute, bene collettivo e sua funzione sociale, ambiente ed ecosistema), nonché della stessa enciclica papale Laudato Sì, ci portano a considerare il documento SFN nella sua attuale stesura, riduttivo, privo di visione, di ispirazione strategica ed etica.
Ci rendiamo conto che le filiere forestali esistono e sotto il profilo economico ed occupazionale hanno ricadute tangibili, ma sempre meno determinanti e strategiche per il destino dell'umanità rispetto all' assoluta, inderogabile necessità di salvaguardia dell'ambiente che ancora esiste e resiste. Questo ribadito dalla COP 21 e dallo stesso Green New Deal europeo.
Stiamo sfruttando già ora, agli attuali ritmi di crescita economica, le risorse per le quali sarebbe necessario disporre di due pianeti Terra, con il cambiamento climatico e le nuove pandemie che incombono legate indissolubilmente alla deforestazione in atto.
Auspichiamo quindi che ad essere normata sia esclusivamente l'attività umana, nel caso specifico quella silvo-colturale, nell'esclusiva ottica di servizio per la collettività, di riforestazione, cura e manutenzione dei boschi e delle foreste, che creerebbe ricadute occupazionali e dalla quale deriverebbero comunque quote di biomassa, il cui smaltimento alimenterebbe l'utilizzo a fini energetici alternativi sostenibili.