di Mauro W. Campo*.
Dopo l’interessantissimo ed in qualche caso esilarante putiferio di dichiarazioni di personaggi pubblici vari, istituzionali e meno, corre l’obbligo di provare a rimettere in ordine le idee su quello di cui tanto si sta parlando, spesso a vanvera: l’autostrada A33 Asti - Cuneo ed in particolare il lotto II.6 “Roddi - Diga Enel”, ossia il tratto tra Cherasco e Alba, ad oggi del tutto inesistente e il cui progetto originale prevedeva la realizzazione di un tunnel a doppia canna sotto la dissestata collina di Verduno ...
Senza andare troppo indietro nel tempo, partiamo dall’anno 2014: governa Renzi e il ministro delle Infrastrutture é Maurizio Lupi, che verrà sostituito nel 2015 da Graziano Delrio. All’inizio del 2014 i lavori sulla A33 sono ormai fermi da quasi due anni. Ci sono cinque lotti ancora da completare tra i quali il II.6 addirittura da iniziare (si noti che nel 2011 si era data come data di consegna lavori il 2015!).
Il Ministro Lupi, in occasione della visita ad Alba nel febbraio 2014, promette il termine delle tratte mancanti e dei tunnel, con uno stanziamento di 500 milioni di euro nello Sblocca Italia. Passa più di un anno e nulla si muove perchè mancano i soldi: un miliardo e mezzo di cui quasi la metà per il solo lotto II.6, tanto che a metà 2015 Confindustria Cuneo, supportata da diversi sindaci dei territori coinvolti, tuona contro la concessionaria chiedendo la revoca dell’appalto con ritorno dell'autostrada all'Anas e l'abolizione dei pedaggi e invitando a tornare ad un progetto che non preveda tunnel.
Arriva l’estate del 2016 e, come fulmine a ciel sereno, piove sul Tavolo di monitoraggio provinciale dell’opera una lettera del Ministero delle Infrastrutture a Confindustria in cui si annuncia che il progetto del lotto II.6 non sarà più realizzato per insostenibilità economica e che si dovrà individuare una soluzione “più leggera”, di superficie.
In sintesi: l’autostrada Asti - Cuneo, ferma ormai dal 2012, nel 2016 cessa di fatto di esistere se non nei due tratti già aperti al traffico e soggetti a pedaggio.
Non si ravvisano, ed invito chiunque a cercare traccia di tale evento, sollevazioni delle istituzioni locali, né per il modo poco istituzionale di comunicare la notizia (lettera di una struttura ministeriale ad una associazione di categoria e non una comunicazione tra istituzioni coinvolte nel progetto) né per il ben più traumatico contenuto.
Anzi, passa quasi un altro anno prima che, a marzo del 2017, si faccia vivo il ministro Delrio a Cuneo per dire che sarà necessario trovare un accordo con la concessionaria per la variazione del progetto e che se si riuscirà a farlo entro giugno 2017 l’opera sarà realizzata entro il 2020. Ovviamente giugno 2017 passa senza che nulla accada, tranne annunci pre-elettorali di cantieri riaperti entro la primavera del 2018 e si passa dall’aspettare un’intesa con la concessionaria ad un passo ancora precedente, ossia aspettare il nulla osta della Commissione Europea a prorogare altre concessioni autostradali al concessionario, prima di poter trovare un accordo con quest’ultimo.
Si arriva quindi alle elezioni Politiche del 4 marzo del 2018 ed al significativo cambio di Governo senza che nulla sia cambiato.
Finalmente il 27 di aprile 2018 esce la decisione della Commissione Europea circa il piano italiano di raggruppamento e proroga di alcune concessioni autostradali. Tra queste l’Asti - Cuneo.
L’Italia, vale la pena notarlo, il 10 gennaio 2018 rinuncia alla traduzione italiana, per cui il documento é disponibile solo in inglese e francese.
Ma vediamo l’interessante contenuto di questa decisione: innanzitutto si prendono in considerazione insieme l’autostrada A4 Torino - Milano e la costruenda A33 Asti - Cuneo in quanto le società concessionarie sono entrambe controllata dal gruppo SIAS (Gavio).
Illuminante risulta il paragrafo 21 nel quale si dice che l’Italia dichiara che, a causa di una serie di ritardi NON IMPUTABILI ALLA CONCESSIONARIA, ma causati da RITARDI NELLE AUTORIZZAZIONI AMMINISTRATIVE, i lavori di costruzione della Asti - Cuneo non sono stati completati ed i costi sono lievitati.
Inoltre, essendo aperti solo 55 chilometri di autostrada, le entrate da pedaggi sono esigue. Per questo e per la revisione delle stime di traffico l’Italia osserva che non é possibile per la concessionaria completare i suoi investimenti sotto l’attuale regime di concessione a meno di non imporre un altissimo costo tariffario sugli utenti.
Non si può inoltre, osserva sempre l’Italia, revocare la concessione perchè l’opera è ormai attesa dal 2003-2005 e perchè la revoca comporterebbe alti costi di compensazione verso la concessionaria ed ulteriori ritardi.
Cosa propone quindi l’Italia?
Di prorogare la concessione sulla Torino - Milano di quattro anni, dal 2026 al 2030, con un incremento di tariffa a partire dal 2023 per compensare la non redditività della Asti - Cuneo. L’Italia ritiene di riuscire a queste condizioni a completare l’opera entro il 2022 con un investimento, per la parte pubblica, di 350 milioni di euro.
L’Europa autorizza.
Quindi, come disse Delrio a marzo 2017, “Lo Stato non è un bancomat”, ma evidentemente lo sono gli utenti delle tratte autostradali più redditizie.
Di fatto, solo da fine aprile 2018 si sblocca la possibilità di trovare un accordo con la società concessionaria per rivedere il contratto e riprogettare la tratta a tutt’oggi mancante, stante anche la definizione definitiva del finanziamento disponibile da parte dello Stato. Il fatto che ai primi di giugno si sia insediato il nuovo Governo e che il Ministro delle Infrastrutture dichiari a metà luglio che intende prendere in mano il fascicolo per sbloccare la situazione pare a chi scrive un elemento di grande tempestività.
Appaiono quindi del tutto fuori luogo e soprattutto profondamente strumentali tutte le esternazioni di rappresentanti istituzionali piemontesi che paventano un “blocco” alla realizzazione dell’infrastruttura. Come alcuni di essi hanno tra l’altro testimoniato, dopo un incontro presso il ministero a fine giugno - inizio luglio 2018, e come é evidente a tutti stante la storia degli ultimi sei anni, la A33 é già bloccata da tempo.
Di nuovo, non ci furono sollevazioni istituzionali. C’é voluto un incontro informale di una parlamentare del MoVimento e di chi scrive con il Ministro che ha rivelato la volontà di portare finalmente a realizzazione l’infrastruttura per scatenare il circo della politica faziosa e strumentale.
Paiono del tutto assurde le preoccupazioni in merito ad un cosiddetto “declassamento” a superstrada. E’ evidente che l’autostrada, alla luce di quanto dichiarato in Europa, è già di fatto declassata in quanto non si giustifica in termini di investimento privato. Allora perchè renderla un peso economico per le concessioni autostradali redditizie e farla pagare agli utenti di altre autostrade?
Ci pare doveroso e di semplice buonsenso, valutare nel corso di una trattativa sulla ridefinizione di un contratto se non vi sia la possibilità di garantire le compensazioni pattuite in sede europea alla concessionaria allo scopo di completare l’infrastruttura, comunque necessaria al territorio e da lungo tempo attesa, ma rendendola senza pedaggio, portandone la successiva gestione ed i costi nell’ambito della fiscalità generale come per tutte le infrastrutture pubbliche di interesse generale.
Niente più di quanto richiedeva Confindustria Cuneo nel 2015, ma in accordo e non in contrasto con la società concessionaria che avrebbe tutto il tempo per una transizione alla gestione integrale ANAS.
Si tratta di una possibilità da valutare, ovviamente senza perdere tempo, fermo il fatto che se non fosse possibile la si realizzerebbe come già definito, ottenendo un’autostrada costosa anche per i suoi utenti che sarebbe probabilmente sottoutilizzata e sulla quale il partner privato avrebbe scarsissimo interesse a fare ulteriori investimenti.
Si tranquillizzino quindi tutti: in provincia di Cuneo ci sono solo opere da sbloccare.
Magari proviamo per una volta a realizzarle per bene, nei tempi, nei costi e in modo che siano utili e funzionino?
*Mauro W. Campo è consigliere regionale eletto nelle liste del Movimento 5 Stelle. Queste sue considerazioni su un tema che Alritasti approfondisce da lungo tempo sono tratte dalla sua pagina facebook e datate 30 luglio 2018: ci paiono piuttosto interessanti per allargare il dibattito e per questo ne diamo evidenza.