a cura del Comitato Antirazzista Saluzzese.
Il quadro emerso durante il convegno organizzato a Cuneo dalla CGIL nei giorni scorsi “Lavoro agricolo in terre cuneesi: un modello di sviluppo sostenibile per il territorio”, non dice nulla di nuovo sulla condizione dei braccianti africani, ma ha il merito di riportare l’attenzione sulla questione lavoro mentre una nuova stagione va cominciando...
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Durante il convegno è stata presentata la ricerca curata dall’IRES Morosini sul lavoro agricolo in provincia di Cuneo, frutto di centinaia di interviste ai lavoratori e testimoni privilegiati del settore, “una indagine scientifica utile per capire le criticità del settore e quali le opportunità per superarle”
In provincia di Cuneo sono 28400 le imprese agricole con circa 11000 lavoratori dipendenti a cui si aggiungono 8000 stagionali. Secondo la ricerca gli stranieri assunti sono più del doppio degli italiani, “con forti differenze tra stabili e stagionali: di trattamento, di retribuzione, di condizioni di vita”. “Il 75% dell’export dell’ortofrutta piemontese proviene dal cuneese. Il ricorso al lavoro straniero è fondamentale in un settore caratterizzato da condizioni difficili, stagionalità, flessibilità, basse remunerazioni. Il ruolo strategico dei migranti si svolge spesso in presenza di condizioni di discriminazione e sfruttamento, anche gravi”, afferma il curatore della ricerca.
I braccianti stagionali guadagnano, in media, 760 euro al mese: lavorano fino a 10 ore al giorno, anche se per legge un bracciante non dovrebbe superare le 6 e mezzo, la maggior parte viene pagata in nero. Dai dati ufficiali risulterebbe quindi una paga media oraria di 3 o 4 euro.
Si fatica ancora a parlare di sfruttamento, ma di questo si tratta e chi lo va dicendo da anni non è affatto un disfattista. Ma si sa, gli imprenditori agricoli sono una classe di intoccabili, motore dell’economia locale e non bisogna pungerli troppo!
Sono stati resi noti anche i dati relativi alle ispezioni effettuate presso le aziende nel periodo settembre/novembre 2016 (raccolta delle mele e dei kiwi): su 104 aziende, il 45,6% era irregolare, con 96 lavoratori in nero. Una azienda su due risulta quindi irregolare! “Si tratta di controlli mirati” si difende Coldiretti, ben sapendo che la realtà diffusa è quella dei contratti che sono poco più di un foglio di carta straccia, del lavoro grigio, delle buste paga fittizie, che non emerge certo dai controlli periodici delle forze dell’ordine.
Intanto la natura si risveglia dopo un invrerno mite e i primi braccianti arrivano a Saluzzo, come ormai accade da anni. E si tornerà a parlare di accoglienza, con le aziende che continuano ad essere reticenti anche su questo versante…