di Maurizio Bongioanni.
Nelle ultime settimane i giornali locali sono tornati sull'annosa questione relativa al completamento dell'autostrada Asti-Cuneo, la A33. Ebbene, di quest'opera, come ormai sappiamo, mancano gli 8 km del Lotto II.6, lotto anche denominato "Roddi- Diga Enel" e per i quali l’Anas avrebbe già approvato il preventivo di circa 644 milioni, a fronte dei 233 previsti nel 2007. Un aumento del 276% che il Governo (e l'Anas) non sono in grado di coprire. Lo stesso Governo si è rivalso sul concessionario dell'opera (Gruppo Gavio) che a sua volta, non terminando i lavori, ha bloccato di fatto i lavori. Come è facile immaginare si sono lette le proposte più diverse al fine di arrivare a una soluzione di completamente dell'autostrada (che al momento da Asti si interrompe ad Alba per riprendere a Cherasco), tranne quella che risponde a una semplice domanda: ma questa autostrada, ci serve davvero? ...
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Questo in breve. Gavio pretende che gli siano concessi più introiti per poter completare la tratta (se il concessionario non vuole finirla dubito che sia un buon investimento, per cui già basterebbe questo per rispondere alla domanda fatta in apertura). Le proposte fatte sinora sono quindi: prolungare la concessione al concessionario in modo che l'opera sia finita, non allungare la concessione ma costringere il concessionario a terminare i lavoro a breve, revocare al concessionario l'opera e rimetterla in gara.
Oppure lasciare le così, come stanno. Certo, questa posizione pare difficile da attuare, almeno da un punto di vista legale. Il concessionario ha vinto la gara per terminare il progetto e non lo ha fatto. Per cui una decisione, almeno in tal senso, va presa. Revocare l'opera a Gavio in questo momento significa farsi indennizzare del mancato completamento dell'opera e Gavio potrebbe - ammesso che la revoca si possa fare - aprire un contenzioso. Insomma, che la situazione non sia affatto facile lo sappiamo tutti.
Ma capisco anche che se siamo arrivati a questo punto è anche colpa di scelte fatte senza le giuste previsioni e in un periodo in cui la questione ambientale non interessava proprio nessuno (non che adesso sia migliorata la situazione ma...). Un po' come sta succedendo con l'Ospedale Alba-Bra: ormai è stato iniziato, bisogna portarlo alla fine, il motto è un po' questo. Che qualcuno paghi per l'inopportunità di questi progetti - che tanto ci stanno costando in modo diretto e indiretto, tra cui il rischio di bucare una collina di valore pregiato per ricavarci una galleria - non è argomento di discussione. In suo contributo Guido Chiesa ricorda che "il risultato di questo modo di affrontare i problemi è sotto gli occhi di tutti e la vicenda dell’Asti-Cuneo non è che uno dei mille esempi di come è stata malamente spesa una montagna di quattrini. Una autostrada mai finita, con una tratta, quella della Cuneo-Carrù, utilizzata da pochissimi; con un casello, quello di Marene, spostato per favorire la speculazione sui terreni di una zona industriale ed un altro, quello di Govone, che è possibile aggirare per evitare di pagare il pedaggio. Nel frattempo i costi sono cresciuti ed il Concedente, Anas, ha contratto un debito pluri-milionario con il Concessionario, Gavio-Anas-Itinera".
Per cui torno provocatoriamente sulla proposta di non terminare la Asti-Cuneo. Lasciamo le cose così come stanno. La strada per arrivare ad Alba esiste. Chi vuole davvero l'autostrada conclusa? I camionisti? I turisti? Per entrambi la risposta è: c'è il treno. Mettiamo a posto quello. Siamo in un territorio Unesco, facciamo i convegni sulla mobilità dolce e allora...diventiamo esempio di turismo e di commercio sostenibili. Convertiamo una situazione difficoltosa in un'opportunità e un esempio per un mondo nuovo, surriscaldato dalla troppa anidride carbonica causate - tra le altre cose - anche dall'automobile.
Un'utopia? Certo che sì. Ma avere un'utop1ia da seguire fa camminare nella giusta direzione.
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