Partecipazione, festa, impegno. Anche quest'anno la comunità LGBTQI+ è scesa per le strade cittadine per rivendicare un diritto, più diritti, tanti diritti. Declinati da un preciso Documento Politico...
“God save the Queer”, questo è il claim scelto per Asti Pride 2024. Un gioco di parole che diventa una sorta di esortazione, di mantra o addirittura di preghiera laica affinché i cuori e le menti delle persone che credono nell’accoglienza e nell’inclusione si uniscano in un unico e compatto blocco di resistenza per arginare i duri, a tratti vili, attacchi verso la comunità LGBTQI+ o più in generale verso chi è ritenuto “diverso” da una concezione del “IO” e del “NOI” definita dalla cultura convenzionale e mainstream.
Il termine “queer” nasce nel tessuto culturale anglosassone alla fine del XIX secolo quando era comunemente utilizzato per etichettare la persona “strana” ed “eccentrica” o per denigrare le persone omosessuali.
Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 la comunità LGBT si appropria di tale termine ridefinendolo e utilizzandolo per la promozione di una visione più fluida e inclusiva dell’identità umana che non rispecchi i canoni sociali dell’eteronormatività e del cisgenderismo. Il rifiuto quindi di “etichette” tradizionali, abbracciando, invece, la fluidità, l’intersezionalità e l’autodeterminazione.
“God save the Queer” è però anche il titolo di uno dei tanti libri scritti da Michela Murgia, alla quale dedichiamo il Pride di quest’anno, Michela, che ha dedicato parte della sua vita alle rivendicazioni lgbtqia+.
Una scrittrice ed un’intellettuale che ha lasciato un vuoto enorme, ma che attraverso i suoi pensieri, le sue riflessioni e le sue opere, ha più di tutti, imposto all’attenzione generale il tema della “queerness” applicato, in particolar modo, al concetto di famiglia.
Michela Murgia spiega il termine di “queerness” come: “la scelta di abitare sulla soglia delle identità (intesa come maschera di rivelazione di sé), accettando di esprimere di volta in volta quella che si desidera e che promette di condurre alla più autentica felicità relazionale”.
LE RIVENDICAZIONI
Nella nostra città sono ancora molti i disagi vissuti dalla comunità LGBTQI+ nel vivere liberamente e nell’esprimere il proprio orientamento sessuale e/o identità di genere. È prioritaria quindi la via di una collaborazione costruttiva, organizzata e costante nel tempo, tra le Istituzioni sia pubbliche che private e le principali associazioni LGBTQI+ operanti in città, affinché, attraverso percorsi condivisi si creino i presupposti per un tessuto cittadino inclusivo, sereno ed accogliente.
Ecco perché continuiamo a credere che l’adesione del Comune di Asti alla rete READY (http://www.reteready.org/) possa rappresentare un concreto primo passo in tal senso. Permetterebbe, infatti, di far entrare la nostra città, in un circuito nazionale virtuoso di best practice delle istituzioni locali nel campo della lotta alle discriminazioni basate su orientamento sessuale ed identità di genere.
È inoltre necessario attivare tutte le possibili interlocuzioni e collaborazioni con le Istituzioni scolastiche operanti sul territorio comunale per attuare interventi formativi mirati, con personale adeguatamente formato, alla prevenzione del bullismo e della violenza di matrice omotransfobica in età adolescenziale e per educare, sin dalla più tenera età, alla cultura dell’inclusione e del rispetto verso le differenze.
Urgente è un intervento legislativo nazionale che miri al riconoscimento dei figli e delle figlie delle coppie omogenitoriali nati in Italia e le trascrizioni sui registri di stato civile di quelli nati
all'estero.
Ce lo chiede l’Unione Europea, lo chiede al Parlamento il Presidente della Corte costituzionale, lo chiede insistentemente tutta la comunità LGBTQI+, lo chiedono le centinaia di famiglie omogenitoriali.
Il governo Meloni invece, sin dal suo insediamento ha organizzato una vera propria guerra nei confronti delle famiglie rainbow, e più in generale verso l’intera comunità LGBTQI+, che non si ferma neppure di fronte alle prima sentenze dei Tribunali che sovvertono l’impostazione di alcune Procure alimentate dalla presa di posizione del Ministro degli Interni Piantedosi.
Le amministrazioni pubbliche possono e devono mettere in atto tutte quelle azioni mirate a rendere più inclusive e tutelanti verso le persone trans, ad esempio con la carriera alias.
La carriera/identità alias è un profilo burocratico, alternativo e temporaneo, riservato alle persone trans. E’ un riconoscimento che viene concesso ben prima di cambiare nome sui documenti di identità e consiste nel sostituire nei documenti interni aventi valore non ufficiale, il nome anagrafico attribuito alla nascita in base al sesso biologico con quello che la persona transgender sceglie di adottare.
Un esempio virtuoso sul territorio della nostra città è fornito dal liceo classico Alfieri che nel 2023, grazie all’impegno del corpo docente e del dirigente ha approvato un regolamento specifico sulla carriera “alias” per i propri studenti.
La carriera/identità alias resta comunque solo un punto di partenza per affrontare un discorso, più ampio, di pratiche educative in grado di creare senso di appartenenza e consapevolezza in tutte le comunità, scolastiche e lavorative, al fine che non vi siano più politiche assuntive discriminatorie né luoghi di lavori discriminatori e non sicuri.
Rivendichiamo inoltre fortemente la necessità di una formazione in merito alla tematica di genere in senso lato all’interno degli istituti pubblici, a partire dall’educazione al linguaggio, utile a scardinare i pregiudizi nei confronti della comunità trans e non binary tutta. Siamo orgogliosi di scendere in piazza al fianco delle associazioni per i diritti delle donne, ove per donne si intendono tutte le donne, senza esclusioni.
Chiediamo inoltre una maggior attenzione nell’individuazione di strumenti per affrontare l’emergenza climatica. Come Asti Pride non possiamo non ricordare infatti come tale questione abbia un impatto maggiore proprio verso le persone marginalizzate e discriminate. Tra queste di queste di sicuro vi sono anche persone lgbtqi+.
Nella gestione delle emergenze climatiche, purtroppo sempre più frequenti, la mancanza di riconoscimenti giuridici delle famiglie same sex e/o omogenitoriali, può avere conseguenze catastrofiche nell’erogazione di aiuti (assistenza medica, alloggi temporanei ecc), da parte delle istituzioni preposte.
La comunità LGBTQI+ ha da sempre un approccio intersezionale rispetto alle rivendicazioni che pone alla politica ed al dibattito generale. Per tale motivo la questione “migranti” non può e non deve essere tenuta fuori da tale discussione.
Chiediamo uno sportello d’ascolto e di accoglienza comunale per migranti LGBT+, in fuga da Paesi ove vige una legge penale che condanna la libertà di autodeterminazione e di libera espressione dell’orientamento sessuale e identità di genere. Le persone devono trovare accoglienza su suolo italiano, le persone la cui vita quotidiana è minacciata da sanzioni, condanne e pene detentive e fisiche, per orientamento sessuale o identità di genere, hanno necessità di trovare un punto di riferimento certo, a livello istituzionale locale, che li accompagni in modo organizzato durante tutti i passi necessari all’ottenimento dello status di rifugiati.
Su tutto però campeggia il grande ed enorme “vuoto” legislativo nazionale in merito alla questione del matrimonio egualitario e ad una efficace Legge contro l’omo-bi-lesbo-transfobia.
L’Italia è infatti l’unico Paese, tra quelli dell’Europa occidentale a non avere leggi specifiche su tali temi, anche la Grecia, nello scorso febbraio, ha “spiccato” il volo approvando il matrimonio egualitario.
L’Italia non solo rimane tristemente tra i Paesi più arretrati in tal senso (strizzando l’occhio all’Ungheria di Orban) ma di fatto “tradisce” un valore fondamentale espresso dalla nostra Costituzione Repubblicana nata dal sangue versato di chi ha combattuto il nazifascismo: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Rivendichiamo parità di diritti per tutte le famiglie, per tuttə lə figliə e per tutti gli individui che devono avere non solo la libertà di potersi autodeterminare ma anche gli strumenti per poterlo fare.
L’approccio intersezionale inoltre rende indispensabile la nostra richiesta di tenere lontane le associazioni antiabortiste dai consultori e dagli ospedali, al fine di tutelare il diritto d’aborto che è e dev’essere sempre esclusiva della donna gestante attraverso un percorso di autodeterminazione consapevole libero da condizionamenti.
Chiediamo inoltre che a livello nazionale venga introdotta l’educazione sessuale affettiva nelle scuole, a partire dalle classi più giovani, al fine di scardinare i meccanismi della diseducazione affettiva che hanno le loro più tragiche derive nella violenza di genere.
Vogliamo che il Pride 2024 sia il Pride di tutte le persone marginalizzate dalla società in quanto siamo fierə dei nostri corpi non conformi, siamo per un Pride che abbatta le barriere costruite dell’omobiatransfobia, ma anche dell’abilismo, della misoginia, dal body shaming e da ogni forma di discriminazione. Per queste ragioni vogliamo l’educazione a una cultura che non contempli la discriminazione e che promuova linguaggi e comportamenti in grado di superare stereotipi e pregiudizi.
Vogliamo una città e uno stato liberi da politiche di odio e disinformazione, laiche nelle loro determinazioni legislative e con una visione progressista nel solco della migliore tradizione europeista.