Il neo Assessore all'Ambiente, Pietro Ferrero, ha immediatamente risposto alle nostre sollecitazioni per chiarire a cosa debba essere attribuito il problema della "mal'aria" di Asti, fornendoci - finalmente - un po' di dati provenienti dall'ARPA. Apprezziamo la corretta reazione del neo Assessore e la sua disponibilità a discuterne; ci sarebbe piaciuto che i dati forniti fossero accompagnati da un comunicato pubblico, rivolto a tutta la cittadinanza, ma comprendiamo come il "bon ton" politico impedisca di esprimere una riflessione che avrebbe avuto il sapore di una rettifica alle parole "generaliste" gettate dal suo predecessore, Renato Berzano. Lo comprendiamo, ma non lo condividiamo. In ogni caso, ora abbiamo dati ufficiali su cui possiamo provare a confrontarci...
Ricordiamo che la nostra richiesta di dati certi si basava su una evidente critica alle ripetute affermazioni (in ultimo in occasione di un recente consiglio comunale) dell'ex Assessore Berzano, che minimizzavano il problema dell'inquinamento derivante dalle emissioni causate dal traffico veicolare asserendo che «il 70% degli inquinanti registrati dalla centralina ARPA D'Acquisto sono dovuti al riscaldamento da legno e similari e solo il 30% al trasporto su strada».
Proviamo ora a "tradurre" i dati ARPA (riferiti all'anno 2020) forniti del neo Assessore, ben sapendo che si tratta di elementi fortemente tecnici e non facili da illustrare e che invitiamo l'Assessore Ferrero e i suoi tecnici ad integrare ed eventualmente correggere.
Il primo punto essenziale - complesso ma, ci auguriamo comprensibile a tutte/i - riguarda le polveri sottili PM10, su cui occorre evidenziare la distinzione tra il contributo delle singole sorgenti alle emissioni complessive e il contributo delle stesse sorgenti alle concentrazioni totali degli inquinanti.
Pare complicato, in effetti. In "soldoni", significa che un conto sono le fonti che emettono sostanze che provocano direttamente l'insalubre PM10 (traffico, riscaldamento, industria, agricoltura...), un altro conto sono le concentrazioni di PM10 primario e secondario. Cioè l'apporto complessivo che queste fonti emissive forniscono all'inquinamento totale dell'aria.
Nel primo caso i dati ARPA ci dicono che il contributo delle sorgenti alle emissioni di PM10 è pari al:
- 55% riscaldamento a legna
- 41% trasporto su strada
- 2% combustione industriale
- 1% riscaldamento non a legna
Nel secondo caso, i contributi delle sorgenti alle concentrazioni di PM10 (Primario + secondario, sempre rilevate alla Stazione Asti D’Acquisto) sono pari al:
- 70% riscaldamento a legna
- 15% trasporto su strada
- 7% agricoltura
- 6% combustione industriale
- 2% riscaldamento non a legna
Che cosa significa? Che più del 40% del PM10 è direttamente provocato dal traffico veicolare, ma che il riscaldamento scatena processi chimico-fisici - che avvengono in atmosfera - e amplificano il relativo contributo al PM10, tanto da renderlo maggioritario rispetto all'inquinamento causato dalle auto. Ma non certamente da miniminizzarne l'apporto negativo.
Una "spia" importante da tenere in forte attenzione è data dal numero di giornate in cui si è registrato uno sforamento dei limiti previsti dalle legge nazionale: nel 2020, 54 giornate (contro il massimo consentito di 35 giornate). Abbastanza da preoccuparsene. E tanto...
Va anche considerato che i limiti di legge nazionali risultano più "elastici" rispetto alle raccomandazioni dell'OMS (che indica valori di tutela della salute per polveri PM10 e PM2.5 più bassi rispetto alla legislazione europea: 20 e 10 microgrammi/m3 rispettivamente come media sull’anno) e che il limite giornaliero uguale - per il PM10 - a 50 μg/m 3 non viene segnalato come superamento delle soglie di rischio: un rischio per altro molto elevato, poichè è in gioco la cancerogeneità della situazione. Nel 2013 lo IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) ha ufficialmente classificato il particolato atmosferico come cancerogeno per l'uomo (Gruppo 1) alla stregua di alcuni inquinanti specifici dell’aria come il benzene e il benzo(a)pirene, già inseriti nel gruppo dei cancerogeni.
Questi dati sulle concentrazioni di PM10 primario + secondario devono però tenere conto del cosiddetto "source apportionment", in grado di individuare il contributo da parte delle diverse sorgenti alle concentrazioni complessive degli inquinanti.
Complicatissimo, lo sappiamo. Ma cerchiamo di spiegarlo: l'inquinamento generato dal comparto trasporti contempla automobili diesel, automobili non diesel, veicoli leggeri, veicoli pesanti, motocicli e ciclomotori, ma anche usura di freni e pneumatici e risospensione delle polveri (particolato aerodisperso prodotto dalle varie sorgenti emissive presenti nell’area, precedentemente depositatosi al suolo). Le responsabilità principali dell’inquinamento da particolato PM10 per il comparto trasporti risultano ascrivibili alle emissioni indirette (soprattutto il risollevamento delle polveri indotto dal passaggio veicolare) legate a tutte le tipologie di veicoli e alle emissioni dirette dei veicoli diesel (soprattutto automobili e veicoli pesanti). Questo elemento amplifica l'apporto del traffico veicolare all'inquinamento generale e aumenta il suo apporto come principale fonte inquinante. Qui evitiamo dati percentuali che l'Assessorato, se lo vorrà, potrà fornire a tutta la cittadinanza.
Dobbiamo considerare che le stime di ARPA sule emissioni ci risultano basate sui dati IREA – Inventario Regionale delle Emissioni in Atmosfera e sul software INEMAR che specifica “Per i processi di combustione viene generalmente scelto come indicatore di attività il consumo di combustibile”, e che il dato presentato è relativo all’intero comune di Asti (ricordiamo l’estensione di 150 KM2, superiore anche all’estensione del comune di Torino). È facilmente ipotizzabile che, scendendo sulla scala del centro urbano di Asti, le emissioni di PM10 siano in larga misura dovute al traffico veicolare, considerato che la stragrande maggioranza degli impianti di riscaldamento in città sono alimentati a metano e non a legna.
Un precedente studio di ARPA ci ricorda, inoltre, che l'inquinamento atmosferico in città cresce nelle ore di maggior traffico, il che induce a ritenere molto elevato e rilevante l'impatto delle emissioni veicolari.
Va anche detto che la centralina di riferimento D'Acquisto è considerata "di fondo urbano", cioè una stazione che rileva livelli di inquinamento non direttamente influenzati da una singola sorgente ma riferibili al contributo integrato di tutte le sorgenti presenti nell'area (in particolare quelle sopra vento). Dunque una stazione che possiamo considerare capace di indicare una sorta di "media ponderale", ma che darebbe dati ben differenti se fosse, invece, posta in corso Savona o corso Torino o corso Alessandria,, dove le concentrazioni di traffico sono maggiori e continue. Una conferma viene dalla differenza percentuale tra le concentrazioni medie rilevate nella stazione da traffico di Asti Baussano e quella rilevata nella stazione di fondo urbano D’Acquisto, che per il PM risulta pari al 9% circa e per il biossido di azoto supera il 36%.
Il PM10 non è, però, l'unico elemento preoccupante per l'aria di Asti e per la salute dei cittadini, poiché esistono anche le PM2,5 (polveri ancora più fini e più pericolose per i polmoni degli astigiani; nel 2021 sottolineiamo che la media annuale si è attestata a 20 ug/m3 a fronte dei limiti OMS pari a soli 10 ug/m3...), il biossido di azoto-NO2 (la cui sorgente primaria risulta essere il traffico veicolare in tutte le stagioni) e l'ozono a livello del suolo (troposferico O3). Quest'ultimo è un composto estremamente aggressivo, ossidante ed irritante sia per le piante che per l’apparato respiratorio dell’uomo: non viene emesso da nessuna sorgente, ma si forma in atmosfera in presenza di forte radiazione solare per reazione chimica da altri inquinanti primari (ossidi di azoto, composti organici volatili).
I limiti di riferimento principali per l'ozono sono il limite di protezione della salute riferito a medie su 8 ore che non devono superare i 120 μg/m 3, la soglia di informazione riferita a media su 1 ora che non deve superare i 180 μg/m 3 e la soglia di allarme riferita a media su 1 ora che non deve superare i 240 μg/m 3. Le rilevazioni nell’ultimo triennio testimoniano il mancato raggiungimento dell’obiettivo imposto dalla normativa nazionale.
Dovremmo parlare anche di NO2 (biossido di azoto), metalli pesanti, benzene, benzo(a)pirene e idrocarburi policiclici aromatici ma il discorso si farebbe troppo lungo e complicato.
Quindi proviamo a trarre una (prima) conclusione: come giustamente ricordano i tecnici dell'Assessorato, la qualità dell’aria è riconducibile a una serie di fattori estremamente complessi, che hanno una pluralità di cause: non è possibile, né corretto, individuarne una sola. Ed è, anche, frutto di fattori che esulano dal puro confine urbano, poichè la città di Asti appartiene al bacino della Pianura Padana, una delle zone più inquinate d'Europa, in cui risiede il 40% della popolazione italiana, oltre 23 milioni di persone.
L'inquinamento atmosferico, inoltre, è influenzato dalle condizioni meteorologiche che, trovandoci in piena emergenza climatica, influiscono sulla qualità dell'aria.
Detto questo, è evidente che le due fonti maggiormente inquinanti per il tessuto urbano sono rappresentate dal traffico veicolare e dal riscaldamento: cosa si sta facendo per alleviare (e poi risolvere) il problema?
L'Assessorato ci ricorda che "le misure strutturali intraprese dal Comune nell’anno 2021 non derivano dal presupposto che il riscaldamento sia la fonte primaria del grave inquinamento urbano, ma si conformano a quanto stabilito dal Bacino Padano, che determina le azioni di miglioramento della qualità dell’aria valutando tutte le informazioni, concertandole tra le regioni del bacino, uniformemente caratterizzato da elevata concentrazione di inquinanti atmosferici ed analoghe caratteristiche geoclimatiche. Il Comune si è allineato alle disposizioni del Bacino Padano e della Regione Piemonte adottando i vari provvedimenti disposti dagli accordi di area vasta (Deliberazione della Giunta Comunale 131 del 27/04/2021, Ordinanza del Sindaco 42 del 13/07/2021, Ordinanza del Sindaco n. 53 del 11/10/2021) ed ha provveduto, in aggiunta alla disposizioni di Bacino, all'installazione della segnaletica verticale sui principali accessi al centro abitato, dotata di ottiche a led con comando da remoto".
La domanda che ci facciamo è: sufficiente così? Oppure occorrerebbe uno sforzo per "acculturare" gli astigiani (i residenti e quanti vi transitino) ad adottare scelte che contribuiscano a ridurre il grave problema?
Cultura. Pedagogia. Chiamiamola come vogliamo. Ma accompagniamola con strumenti e servizi efficaci che solletichino il bisogno di cambiamento nei e dei comportamenti.
Non farlo, equivale a rinunciare alla salute. E di questi tempi sarebbe (è...) inaccettabile.
In ultimo, ci pare opportuno richiedere al neo Assessore Ferrero se e come intenda dar seguito alle attività del Tavolo Partecipato per la Mobilità Sostenibile, istituito dal suo predecessore e poi – inspiegabilmente – mai più convocato da oltre un anno. Un Tavolo, lo ricordiamo, che vede coinvolti assieme all'amministrazione comunale tutti gli “attori” cittadini: forze datoriali, ASP, professionisti, associazioni, Ordini professionali. Tutti in attesa di potersi esprimere, come sarebbe opportuno rendere possibile quando la posta in gioco è la salute delle persone...