Trentacinque anni fa nasceva l’Israt, l’Istituto per la Storia della Resistenza della Provincia di Asti. Nasceva come consorzio di Comuni della provincia astigiana. Nasceva pubblico, perchè la cultura deve essere pubblica. Alla data attuale partecipano all’assemblea consortile dell’Israt 55 comuni, considerando le ultime tre adesioni di Piova’, Cortandone e Dusino. Ogni Comune versa una quota per il sostentamento dell’Ente consortile cui fa capo l’Israt. Vi partecipano anche la Provincia di Asti e il Comune di Asti, il cui assessore alla cultura è anche il Presidente dell’Ente...
Essendo Ente pubblico, per fare determinati atti amministrativi necessita della figura di un Direttore Amministrativo, con le competenza professionali di un Segretario Comunale o di un Dirigente Comunale. Per 23 anni ha ricoperto questo ruolo Mario Smimmo, alla tariffa standard di un segretario comunale cioè 12.000 euro l’anno. In questi 35 anni di cose ne sono state fatte: una quarantina tra iniziative pubbliche, conferenze, eventi culturali all’anno coinvolgendo non meno di 100 classi tra elementari, medie e superiori, 57 pubblicazioni, 17 numeri della rivista “Asti contemporanea”, 17 viaggi studio, la gestione della mostra permanente dell’aeroporto partigiano Excelsior di Vesime, della casa della memoria di Vinchio e il Museo del Risorgimento di Asti.
Quest’ultimo, ristrutturato e messo a disposizione di chi lo vuole visitare a titolo gratuito. Così come l’attuale sede di Palazzo Ottolenghi, concessa dal Comune di Asti a titolo gratuito, a fronte però di una ristrutturazione fatta senza nessuna spesa imputata all’ente ma con tanto sudore della fronte dei due dipendenti. Degli amici. Dei tirocinanti. Dei volontari.
Poi venne la Legge Del Rio, quella che doveva preparare il terreno al Referendum Costituzionale del 2016 con, tra le altre cose, l’abolizione delle Province. Il Referendum venne bocciato. Le Province rimangono tutt’ora ma, come nei peggiori pasticciacci all’italiana, rimangono tutt’ora anche i tagli operati dalla Legge Del Rio. Quindi, la Provincia eliminò dal bilancio circa 22.000 euro di contributo all’Israt. Rimasero solo 4.800 euro derivanti dalla Medaglia d’Oro assegnata alla Provincia di Asti per la resistenza. Derivante dal sangue dei nostri nonni.
Di questi 22.000 euro mancanti se ne fece carico il Comune di Asti con la Giunta Brignolo. E fu così fino a tutto il 2019, quando la Giunta Rasero, nell’approvazione del Bilancio 2020, volle togliere due "spesone" che, a detta loro, avrebbero salvato un bilancio da centinaia di milioni di euro: l’iscrizione alla rete di Libera per l’antimafia (si parla della spropositata cifra di addirittura una "migliaiata" di euro), oltre al contributo Israt pari a circa 22.000 euro.
I mille euro vennero, per fortuna, trovati, tra i milioni di euro del bilancio. I 22.000 no. Così, tra mille polemiche, si decise di togliere questa voce dal bilancio 2020. Ora l’Israt, dopo un taglio che non può sopportare senza sacrifici, non avendo il bilancio di un comune capoluogo di provincia, si trova a un bivio. Crudele.
Il primo sacrificio è stato quello del Direttore Amministrativo, Mario Smimmo che, dopo 23 anni, ha lasciato l’incarico. Gli subentra il mai troppo ringraziato Gianluigi Porro, dirigente comunale dell’assessorato alla cultura. A titolo gratuito e amichevole. Puro volontariato. Facendo risparmiare all’Ente 12.000 euro.
Il presidente della Provincia, Paolo Lanfranco, ha scritto a tutti i comuni chiedendo loro di partecipare all’ente, ottenendone l’adesione di tre. Per un aumento di quote di 600 euro. L’assessore alla cultura, Gianfranco Imerito, si è attivato, unitamente alle Israt presenti nelle altre realtà provinciali, per sbloccare fondi regionali fermi dal 2018, con l’arrivo di altri 34.000 euro. Peraltro già conteggiati nel bilancio 2018. Ma, non basta.
Il bivio in cui si trova l’Israt è chiaro; diminuire i dipendenti o diminuire le attività. Ma si tratta di un falso bivio in quanto, diminuendo i dipendenti, diminuiranno necessariamente anche le attività. La ricercatrice Nicoletta Fasano ha già annunciato, con comprensibile commozione e pacata rabbia, le sue dimissioni per l’anno a venire. Rimarrà il buon Mario Renosio. Unico dipendente. A fare quel che potrà.
Il bivio vero è un altro: rimanere un ente pubblico o accettare gli "aiutini" del privato. La fondazione Crasti si è già fatta sotto con 5.000 euro di contribuzione e la valutazione di finanziamenti di progetti per gli anni a venire. La stessa fondazione Crasti che, con questa Giunta, ha preso la direzione e l’organizzazione della fondazione Asti Musei. La stessa Crasti attraverso la cui vicepresidenza sono passati gli ultimi due sindaci di Asti: Brignolo e Rasero.
La stessa organizzazione che eroga contributi a pioggia sulla città di Asti per le varie iniziative. Sempre più ramificata. Sempre più potente. Ma il punto è un altro. Non sempre il privato può o deve sostituire il pubblico. La Res Pubblica, come la chiamavano i latini, è pubblica e deve rimanere tale. Non si può e non si deve appaltare cultura al privato. Il pericolo è enorme. La memoria non può essere pagata, e quindi comprata, da un ristretto numero di persone. La memoria è Res Pubblica. La cultura è Res Pubblica. E’ patrimonio di tutti e da tutti deve essere gestita, tramite rappresentanti liberamente eletti: questa è democrazia. Quando pochi controllano la cosa di tutti non è più democrazia ma, a seconda del ceto sociale interessato, può essere aristocrazia o oligarchia.
La paura è quella: di una cultura e di una ricerca storica asservita, per necessità e carenza di soldi, al mecenate. Che, può essere persona degna o meno. Esistono esempi in entrambi i casi. Mentre ho ancora nella mente l’incipit de “Del principe e delle Lettere” scritto dal mio concittadino, Vittorio Alfieri, sicuramente più pessimista e meno possibilista di me: “La forza governa il mondo, (pur troppo!) e non il sapere: perciò chi lo regge, può e suole essere ignorante. Il principe dunque che protegge le lettere, per mera vanità e per ambizioso lusso le protegge. Si sa, che le imprese mediocri vengono a parer grandi in bocca degli eccellenti scrittori; quindi, chi grande non è per se stesso, ottimamente fa di cercare chi grande lo renda.”
Mentre ho ancora negli occhi la foto sorridente del vicesindaco, Marcello Coppo, e dei suoi compagni di partito, postata sui social, dopo l’approvazione del bilancio 2020.
Paolo X Viarengo.