A cura del Coordinamento Asti-Est.
Per quelli che nel lontano 1998, abolendo la Gescal e l’equo canone, hanno dato inizio alla privatizzazione delle ex iacp, consegnando così al mercato il bisogno abitativo della parte più povera della popolazione, è certamente una buona notizia. Non lo è per gli assegnatari dell’Atc che l’hanno appresa per lettera ad personam qualche giorno fa. Quasi una innocua operazione contabile, affermano i funzionari dell’Agenzia, perché il nuovo regime dell’imposta sul valore aggiunto, mentre toglie da una parte (i canoni), restituisce dall’altra (le spese di amministrazione dei condomini)...
Ma la notizia, dove è arrivata molti mesi prima, Novara e Cuneo per esempio, è stata commentata in modo assai meno conciliante. Da una fonte giornalistica accreditata: “Dall’Iva dei canoni di affitti un milione per le manutenzioni”. Dai sindacati degli inquilini di Cuneo: “Un atteggiamento gravissimo, che ha creato disparità, penalizzazioni e che, non escludiamo apra la strada a contenzioni e ricorsi”... ” Ci auguriamo un passo indietro... auspichiamo che vengano applicati i canoni come definiti dalla legge sull’edilizia sociale (L.R. 3/2010)”.
Le disparità e le penalizzazioni segnalate dai sindacati di Cuneo, derivano da un decreto legge (n° 83 del 22/6/2012) che per essere applicato cum grano salis, ha avuto bisogno di una interpretazione dell’Agenzia delle Entrate (circolare 22E del 28/6/2013). La disorganizzazione delle Agenzie accorpate (Piemonte Sud e Piemonte Nord) ha fatto il resto. Tutto ciò, visto dalla parte degli assegnatari meno distratti, è una sorta di de-profundis della “autogestione”, vale a dire di una relazione trasparente e partecipata tra assegnatari e Atc; in termini più politici, tra cittadini e cosa pubblica. Sta di fatto che, al presente, le Atc non hanno più nulla del loro ruolo originario, piuttosto sono più simili ad una agenzia immobiliare in dissesto.
Questo aumento del 10% dei canoni di locazione non è infatti una semplice operazione contabile.
Come dicevamo all’inizio, è l’esito di un progressivo smantellamento dell’edilizia residenziale pubblica, vale a dire di un pezzo importante del welfare novecentesco. E’ il risultato ancora provvisorio, ottenuto da politici e amministratori ipnotizzati dalla narrazione neoliberista, lungo un percorso, ormai ventennale, assai tortuoso. Sintetizzando: una perdurante emergenza abitativa, la fraudolenza di alcuni amministratori e, in ultimo, un modello di gestione del patrimonio immobiliare ormai insostenibile, perché finanziato esclusivamente da canoni di locazione sempre meno esigibili.
Cosa esigere infatti da assegnatari, precarizzati nei modi di vita e nei redditi, che sono ormai più dell’80% del totale ?
Da quella parte non si può ottenere di più. Viceversa, in più e in peggio, questo modello ancorché insostenibile, diventerà presto residuale. Quando saranno attivate le riforme della LR 3/2010 già approvate (abbassamento delle soglie di reddito, sia per l’accesso che per la permanenza, la residenza differenziata nel tempo e nel profilo etnico degli aspiranti assegnatari, l’indagine sui patrimoni estesa a più continenti) questa residualità si consumerà nel paradosso di una edilizia residenziale pubblica sempre più inaccessibile per una quota di popolazione, esclusa dal mercato delle locazioni, sempre più ampia.
Non ci sono solo i “buchi” che una società di revisione contabile incaricata dalla Regione ha impietosamente accertato fin dal 2014 (36 milioni di euro, di cui 26 relativi all’Atc Piemonte Nord di Novara e poco meno di 10,5 per la Piemonte Sud). Ci sono soprattutto gli effetti della legge 80/2014, quella che all’art. 5 “criminalizza la povertà”, negando residenza e utenze alle famiglie che “occupano senza titolo” (condizione che si determina alla fine di una procedura di sfratto non risolta). E’ la stessa legge che, più organicamente e persino con una resa dei conti lessicale (la locuzione “casa popolare” sostituita da “alloggio sociale”), assegna al “partito del mattone” (varia imprenditoria, banche, imprese immobiliari, proprietari dei suoli e corporazioni professionali) e alle agenzie pubbliche e
private di “riduzione del danno” (assessorati, cittadini opulenti e associazioni del settore no profit), il compito di condurre alla fine ciò che resta della edilizia residenziale pubblica.
Una prospettiva allarmante, che dovrebbe preoccupare tutti, amministratori, assessori, sindacati degli inquilini e associazioni di impegno sociale. Invece, al momento, si ascolta un assordante silenzio.
Per il Coordinamento Asti-Est: Sottile, Clemente, Piccinini, Stennardo, Massano.