di Domenico Massano.
Recentemente, sui giornali locali di Asti, sono stati pubblicati alcuni articoli riguardanti l’evoluzione dei percorsi assistenziali in cui sono state inserite le famiglie sgomberate, lo scorso 18 aprile, dallo stabile dell’ex Mutua, dove vivevano dal 2010. In quell’anno dodici nuclei famigliari, per lo più colpiti da sfratti esecutivi, si trovarono a dover affrontare il grave problema legato all’impossibilità di reperire un’abitazione e, di fronte all’assenza di risposte istituzionali, l’occupazione di un immobile dismesso si profilò come unica alternativa, seppur “illegale”, alla strada ...
Gli ultimi nuclei rimasti, non essendo riusciti a trasferirsi, sono stati condannati a subire uno sgombero, eseguito con un ingente apparato di forze dell’ordine, il cui esito sarebbe stato lo smembramento delle famiglie (come già accaduto per quelle di strada del Fortino e come prospettato dal Comune in un comunicato di gennaio), se attivisti e volontari per il diritto alla casa non avessero richiamato i diversi soggetti istituzionali al rispetto, quantomeno, della circolare Minniti.
Se la presa in carico assistenziale sembra esser stata utile per tamponare la situazione, bisogna, però, rilevare come essa non possa rappresentare la soluzione a quella che era (e che continua ad essere) l'ingiustizia iniziale, ossia la mancata garanzia del diritto all’abitare che, ad oggi, riguarda un numero crescente di famiglie nell’astigiano e che sembra aver assunto i contorni di una vera e propria “emergenza abitativa” (come riconosciuto dagli stessi servizi in un comunicato di aprile), rispetto alla quale occorrerebbe una strategia di ampio respiro e, come affermano Sadiq Khan e Ada Colau, i Sindaci di Londra e Barcellona, la consapevolezza che: “Potremo dire di aver vinto solo quando saremo in grado di garantire che tutti, nelle nostre città, possano avere accesso a una casa dignitosa, sicura ed economica”.
Per comprendere meglio, inoltre, la gravità dello scenario attuale e delle allarmanti derive che rischiano di prefigurarsi, è utile richiamare le parole della direttrice del Cissaca di Alessandria, Stefania Guasasco, che, durante una recente audizione in Commissione, ha stigmatizzato le richieste di applicare una sorta di “presunzione d’incapacità genitoriale” alle famiglie sotto sfratto, affermando: “Noi diciamo chiaramente però che siamo contrari alle logiche proposte dalla Prefettura secondo cui questo debba corrispondere a un allontanamento dei minori dalle famiglie, perché essere in difficoltà economiche non vuol assolutamente dire essere cattivi genitori”. A queste parole è, poi, seguita un’analisi della difficile situazione abitativa, accompagnata da una coraggiosa presa di posizione: "Quello che si prospetta nei prossimi mesi è il rischio di una vera e propria emergenza sociale, e siamo allarmati perché il problema andrà ovviamente gestito, ma non alle condizioni che ci vengono richieste oggi dalla Prefettura, alle quali, lo dichiariamo chiaramente e con fierezza, ci opporremo".
In momenti storici come l’attuale, in cui i diritti umani e sociali sono messi fortemente in crisi, sono di fondamentale importanza sia la capacità di immaginare e progettare una città (e una società) migliore, in cui solidarietà, legalità e giustizia non siano mai disgiunte, sia la volontà di costruirla, a partire dall’opposizione a richieste inumane e dall’assunzione di scelte amministrative coraggiose. In tal senso appare particolarmente significativa la recente promulgazione, da parte del Vaticano, del Decreto riguardante le "vitù eroiche" di Giorgio La Pira, Sindaco di Firenze negli anni ’50, che per dare una risposta abitativa a chi era stato sfrattato, requisì gli immobili vuoti nella città e, nel render conto del proprio operato a Pio XII, così scriveva: “Non posso assistere impotente alle ingiustizie che si commettono sotto l'apparenza della legge”.